Troppo delfino fa male all'uomo

Le analisi svolte a Taiji confermano: carne contaminata
AtseAnsa
10.05.2010 15:49

Abbiamo inquinato il mare e con esso anche i delfini. La loro carne è perciò molto pericolosa per l'uomo. A dirlo non è il regista di "The cove" - il documentario vincitore dell'Oscar (vd video e link) - ma i risultati delle analisi alle quali, dall'agosto 2009 al febbraio scorso, sono stati sottoposti gli abitanti dell'isola di Taiji, in Giappone (vd link e suggeriti).

L'ultimo studio dell'Istituto nazionale per la sindrome di Minamata (grave malattia legata all'avvelenamento da mercurio), basato sull'analisi dei capelli degli abitanti di Taiji, ha evidenziato infatti risultati allarmanti, con la connessione tra consumo di carne di cetaceo e concentrazione di mercurio, pari a quattro volte superiore a quella riscontrata in altre aree del Giappone dove i consumi sono solo sporadici. La ricerca ha preso in considerazione un campione di 1.137 residenti (sui 3500 circa in totale), i cui capelli sono stati esaminati per un riscontro sulla presenza di metilmercurio. Nonostante non siano stati rilevati sintomi patologici, il livello di metallo trovato negli uomini e nelle donne è stato, rispettivamente, di 4,5 e 4 volte superiore alla media ovvero di 11 e 6,63 ppm (parti per milione), contro la media nazionale di 2,47 e 1,64 ppm. La concentrazione massima è stata in alcuni casi di forte allarme: fino a 139 ppm per gli uomini e 79,9 ppm per le donne, mentre un totale di 43 persone è risultato avere una quota di almeno 50 ppm, soglia capace di generare danni neurologici irreparabili secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità.

«I risultati dello studio suggeriscono una relazione tra concentrazione di mercurio e consumo di carne di cetaceo - ha spiegato il direttore generale dell'istituto, Koji Okamoto, nel corso della presentazione della ricerca -. Non abbiamo rilevato effetti nocivi alla salute, ma alcuni soggetti hanno mostrato livelli particolarmente alti e dannosi, con la necessità di approfondire la questione».