Uomini e scimmie si assomigliano così

Ci sono atteggiamenti che crediamo essere esclusivamente umani, ma che invece non lo sono. Infatti, con le grandi scimmie (orangutan, gorilla, scimpanzé e bonobo) non condividiamo solo l’aspetto esteriore, ma il 97% del nostro codice genetico e, con altri primati, una sorprendente varietà di espressioni, reazioni e modalità di interazione sociale. Innanzitutto, gli scimpanzé chiedono il cibo tendendo la propria mano. Spesso, accompagnano questo gesto lasciando intravedere i denti scoperti. Oppure, come studiato nel caso dei mandrilli di uno zoo britannico, quando desiderano essere lasciati in pace, si coprono la faccia con una zampa. Scoperte di questo genere dimostrano che la comunicazione gestuale è un linguaggio condiviso.
Dal canto loro, invece, i bonobo (Pan paniscus) dello zoo di Lipsia dicono «no» scuotendo la testa. Pare abbiano compiuto questo gesto quando dei cuccioli giocavano con il cibo, anziché mangiarlo, o quando questi si allontanavano troppo nonostante i tentativi materni di riportarli a sé. Non è certo se il diniego di queste scimmie abbia lo stesso significato e lo stesso peso di quello umano, tuttavia, ciò che è indubbio è che sia comune tra gli scimpanzé. Nel loro caso, sembrerebbe essere associato al tentativo delle femmine di non far avvicinare i cuccioli ai maschi aggressivi. Non solo sanno dire di no, ma riconosco anche situazioni sleali e ingiustizie. È noto, inoltre, che sanno covare vendette perfette. Infatti, molti scimpanzé, pur di vedere soddisfatta la loro sete di giustizia, sono disposti ad offrire qualcosa che possiedono.
Come gli esseri umani mangiano «cibo spazzatura» per consolarsi o tirarsi su il morale, così fanno le femmine di macaco rhesus, stressate per essere parte dei ranghi inferiori delle gerarchie di gruppo. Questi primati presentano i segni dell’«ansia» sbadigliando e mangiando in modo disordinato: lo studio condotto dalla Emory Univeristy (Georgia) ha mostrato che le scimmie più «realizzate» (collocate, dunque, in alto rispetto alle altre) hanno un’alimentazione più sana.
Il fatto che i nostri primati riconoscano le facce è forse la peculiarità più sorprendente. I ricercatori del Max Planck Instiute for Biological Cybernetics di Tubinga (Germania) l’hanno dimostrato sottoponendo alcuni macachi ad un test in cui le caratteristiche di alcuni volti vengono modificate. Gli animali hanno notato le differenze, avvertendo delle anomalie quando le immagini erano presentate al contrario. Questo avviene perché le facce sono codificate secondo un orientamento classico, riconosciuto nel loro insieme.