Lo studio

COVID-19 e vitamina D Legame da esplorare

Una recente ricerca ha evidenziato una correlazione tra i ricoveri per coronavirus e un livello scarso di questa sostanza. Un risultato che fa sperare
Una recente ricerca ha evidenziato una correlazione tra i ricoveri per coronavirus e un livello scarso di questa sostanza. Un risultato che fa sperare
Jona Mantovan
16.11.2020 18:30

Sono due le strategie su cui la ricerca scientifica sta investendo per combattere la COVID-19: terapie più efficienti e prevenzione. Per quanto riguarda quest’ultimo punto, non si deve pensare solo al vaccino – seppur fondamentale – ma anche ai comportamenti da adottare, a partire dall’assunzione di un livello adeguato di sostanze nutritive.
Proprio in questa direzione va un recente studio condotto dall’Università della Cantabria a Santander in Spagna, pubblicato sulla rivista scientifica Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism. Nella ricerca si è evidenziato una interessante correlazione tra ricovero in ospedale a causa del coronavirus e una carenza di vitamina D nell’organismo.

L’indagine, più nel dettaglio, ha analizzato i valori dei pazienti ospitati nell’ospedale di Santander nel corso della prima ondata, quella di questa primavera. Ebbene, secondo lo studio otto persone su dieci avevano una scarsa quantità di vitamina D. Allo stesso modo, è emerso che minore è il livello della vitamina e maggiore è lo stato di infiammazione del paziente.

A questo risultato fanno eco altre ricerche condotte in precedenza, che hanno sottolineato l’importanza di questa sostanza: in una review pubblicata pochi mesi fa su Nutriens, in particolare, si sosteneva come l’integrazione della vitamina D possa incidere sul rischio di sviluppare infezioni da COVID-19.
La vitamina D, a differenza delle altre «colleghe», solitamente non deve essere assunta con costanza con l’alimentazione, perché è prodotta dal nostro organismo a seconda della necessità. Il meccanismo è «attivato» grazie all’assorbimento della pelle dei raggi del sole. È molto importante per regolare il metabolismo del calcio, normalizzando anche i livelli di fosforo nel sangue.

Per le sue caratteristiche, solitamente non bisogna accumulare vitamina D tramite l’alimentazione, anche se può essere necessario integrarla nella dieta in alcune condizioni particolari, come durante la gravidanza o nell’età dello sviluppo. D’altra parte, sono pochi i cibi che la contengono. Tra questi spicca l’olio di fegato di merluzzo. Sono ottimi anche il pesce (aringa, salmone e sardina) e il tuorlo d’uovo.

Il fabbisogno quotidiano di questa sostanza è pari a 400 unità, anche se l’assunzione può crescere quando ci si trova in una condizione di deficit. Grazie alle sue proprietà, la vitamina D è dunque un valido alleato della salute – delle ossa in primis – ma anche del sistema immunitario. Per questo motivo è fondamentale approfondire ancora il suo legame con la COVID-19, alla ricerca di una strategia in grado di battere questa malattia insidiosa.

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