La scoperta

I disturbi del sonno legati all’Alzheimer

Se è già noto che una cattiva qualità del riposo nottorno è un sintomo tipico della malattia, secondo studi recenti potrebbe anche rappresentarne un fattore di rischio
Se è già noto che una cattiva qualità del riposo nottorno è un sintomo tipico della malattia, secondo studi recenti potrebbe anche rappresentarne un fattore di rischio
Red. Online
26.01.2021 15:30

Il morbo di Alzheimer colpisce il 5% delle persone sopra i sessant’anni, con severi deficit per la vita non solo del soggetto coinvolto, ma anche dei familiari costretti a fornire un’assistenza sempre più totale. Un altro tema molto sensibile, quello della qualità del sonno, sarebbe legato non solo alla malattia nel suo stadio avanzato, ma anche alle fasi precedenti alla prima comparsa dei sintomi tipici. Sono queste le conclusioni che mettono d’accordo diversi studi specialistici, condotti dall’università di Berkeley in California e dalla Washington University di St. Louis, che potrebbero aprire nuove strade nella sfida per la diagnosi precoce.

Il legame nascerebbe dagli effetti che un sonno frammentato e quindi poco riposante avrebbe sulla sovrapproduzione di amiloidi, gli accumuli di proteina tau alla base dell’insorgenza del morbo di Alzheimer. Il sonno profondo svolge infatti una funzione fondamentale di pulizia dalle scorie e dalle tossine nel liquido cerebrospinale, che sembra essere disturbata da un riposo notturno discontinuo. Gli studi hanno messo in evidenza la maggior probabilità di sviluppare placche proteiche per i soggetti dal sonno più disturbato, con una correlazione chiara e dimostrata.

Spiegare ulteriormente questo rapporto di causa/effetto sarebbe fondamentale per anticipare di anni l’insorgenza della patologia, in modo da prendere le dovute contromisure per tempo. Quello che però è ancora da stabilire è se un sonno compromesso rappresenti un possibile fattore per l’insorgenza del morbo di Alzheimer, oppure sia semplicemente uno dei sintomi precoci della malattia.
Un altro studio condotto dai ricercatori dell’Imperial College London mostrerebbe infatti che le persone maggiormente predisposte a sviluppare la condizione, da un punto di vista genetico, sono più spesso mattiniere e con una durata del sonno tendenzialmente più breve.

In entrambi i casi, prestare attenzione fin dalla prima fase adulta alla qualità del sonno si sta dimostrando sempre più importante per anticipare il trattamento non solo dell’Alzheimer, ma anche di altre malattie neurodegenerative. Quindi meglio non sottovalutare, oltre l’insonnia genericamente concepita, anche le apnee ostruttive notturne, la sindrome delle gambe senza riposo e l’eccessiva sonnolenza diurna, che altro non è se non la spia di un cattivo sonno notturno.