I pericoli del bore out e della noia sul lavoro

Lo stress legato ad un eccessivo carico di lavoro, il burn out, è una problematica ben nota nel mondo scientifico. Al contrario, non molti sono consapevoli delle conseguenze negative di un’occupazione scarsamente stimolante e impegnativa. La tensione che ne consegue, definita bore out, può provocare una serie di disturbi psico-fisici anche gravi, come la depressione. Ecco perché chi ha un impiego noioso e ripetitivo può avvertire un disagio molto simile a quello di chi lavora troppo.
Il termine bore out, usato per indicare stress legato alla noia lavorativa, è nato nel 2007. A pensarlo sono stati Peter Werder e Philippe Rothlin, due consulenti aziendali svizzeri. In poco tempo anche il mondo scientifico si è accorto di questo disturbo, come ha confermato Lucio Sarno, ordinario di psicologia clinica e psicoterapia presso l’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, in Italia. Già da allora – ha spiegato – viene visto come una variante speculare del burn out. Una tesi con cui concorda anche lo psicanalista tedesco Wolfgang Merkel, che ne ha studiato gli effetti sull’individuo.
A generare il bore out non è solo la natura dell’impiego, ma anche come questo viene percepito dal lavoratore. Per Sarno sono mansioni di basso profilo, inferiori alle proprie qualifiche, di scarso interesse o ripetitive. In poco tempo provocano un calo cognitivo. Ci si impegna poco, si è sovrappensiero. Proprio a questo punto la noia può trasformarsi in tristezza o depressione. Si vorrebbe migliorare la propria condizione, ma non si ha la forza per farlo.
A fornire un campanello d’allarme sono i suoi sintomi più diffusi. Innanzitutto chi soffre di bore out tende ad essere apatico. Fatica, inoltre, a concentrarsi e divaga dal lavoro in continuazione. Dal punto di vista fisico tutto ciò può dar vita a problemi intestinali, mal di testa e disturbi del sonno, come sottolineato da Wolfgang Merkel. Uno studio condotto nel 2018 ci rivela, poi, che il 43 per cento delle persone si annoia sul lavoro, anche in una misura più leggera. Tra di loro prevalgono donne e giovani.
Uscirne, fortunatamente, non è affatto impossibile. Parlarne resta la prima arma a nostra disposizione. La sociologa del lavoro Luciana D’Ambrosio Marri ritiene che creando una rete di persone a cui appoggiarci, il tutto può diventare molto più facile. In seguito potremmo porci dei piccoli traguardi da raggiungere, compreso quello di cercare un impiego più stimolante. Infine trovare una realizzazione personale anche fuori dall’ufficio, tra famiglia, amici e tempo libero, è essenziale.