La musica è terapia per la mente

Ascoltiamo musica quando siamo tristi oppure felici, ogni volta che vogliamo rilassarci e anche quando siamo innamorati. Che le sette note abbiano un effetto benefico sul nostro umore e sulla nostra mente è risaputo. Fin dall’antichità, infatti, Platone e Aristotele ne descrivevano le numerose potenzialità terapeutiche all’interno dei loro scritti. Non a caso, nell’antica Grecia, Apollo era al tempo stesso divinità della musica e della medicina. Negli anni, anche la scienza ha detto la sua a riguardo. Oggi si parla di «musicoterapia», una tecnica che ha origini antiche, anche se ancora oggi richiede una dimostrazione scientifica di validità terapeutica. L’idea è quella di utilizzare la musica a scopo curativo, affiancandola a interventi medici e psicologici, per incrementare il benessere psicofisico del paziente.
Il network internazione
Non tutti i suoni, però, sembrano avere lo stesso Tra i maggiori sostenitori di questa tecnica ci sono i ricercatori della Comunità mondiale della longevità (Cmdl), un network internazionale di cui fanno parte alcune delle regioni del mondo in cui è particolarmente diffuso il fenomeno della longevità. I ricercatori promuovono a pieni voti la musicoterapia, soprattutto nell’approccio medico riabilitativo.
Effetti positivi
D’altra parte, i benefici della musica sono notevoli: è in grado di ridurre l’ansia e lo stress, diminuisce la rabbia e la tensione e aumenta la creatività. Ascoltare musica è utile anche per tutti coloro che fanno sport, o per chi sta per iniziare un’attività sportiva, perché aumenta la concentrazione e la resistenza allo sforzo, allontanando la fatica e migliorando così le performance sportive.
Tra gli esempi più celebri, l’ex nuotatore olimpionico Michael Phelps era solito ascoltare sempre la stessa playlist musicale hip-hop prima delle gare in piscina, per darsi la carica.
Una pratica efficace
In ambito terapeutico, invece, i benefici maggiori si riscontrerebbero nel legame con le malattie neuro-degenerative tipiche dell’invecchiamento, quali demenza e Parkinson. A detta di molti studiosi, la pratica musicale in giovane età aumenterebbe la cosiddetta «riserva cognitiva», ovvero quelle capacità e funzionalità cerebrali che contrasterebbero lo sviluppo della demenza negli anziani. Ma non solo. e sette note si rivelano inoltre un valido aiuto anche nell’esecuzione e nella coordinazione dei movimenti, facilitando in questo modo la riabilitazione neurologica dopo un ictus, in caso di disabilità o in seguito a gravi traumi.
Sette numero magico
Non tutti i suoni, però, sembrano avere lo stesso potere su di noi. Maggiori effetti terapeutici sarebbero attribuiti ad alcune melodie piuttosto che ad altre, come quelle emesse dalle campane tibetane. Si tratta di particolari strumenti musicali, simili a ciotole di metallo, composte da una lega di sette metalli (oro, argento, rame, piombo, ferro, mercurio e stagno) che corrispondono ai sette corpi celesti e ai sette chakra. Fin dall’antichità, le campane tibetane vengono utilizzate a fini terapeutici dalla medicina orientale.