Come invecchia il cervello

È in programma martedì 22 maggio 2012 una conferenza pubblica organizzata dalla Vifor Pharma e dal Corriere del Ticino, si tratterà del normale processo di invecchiamento del cervello confrontandolo con i processi degenerativi cerebrali, in particolare con una patologia recentemente identificata, il decadimento cognitivo lieve.
? Martedì 22 maggio 2012, ore 18.30Auditorio, Università della Svizzera Italiana, Via Giuseppe Buffi 13, Lugano
LA TERZA ETÀ DEL CERVELLO: TRA INVECCHIAMENTO NORMALE E DISTURBI COGNITIVI
RELATORIDottor William Pertoldi, Specialista FMH in Medicina interna e Geriatria, ChiassoCentro Multidisciplinare di Geriatria della Clinica Luganese, Lugano
Dottor Pierluigi Quadri, Specialista FMH in Medicina interna e Geriatria; Capo del Servizio Sottocenerino di Geriatria, Ospedali Regionali di Lugano e MendrisioModeratore: Sergio Sciancalepore, Redazione Corriere del TicinoA seguire domande del pubblico, discussione e aperitivo. Entrata libera
E? ben noto a tutti che un normale processo d?invecchiamento del cervello comporta l?indebolimento di alcune funzioni della memoria (in modo specifico di quella recente) e di altre capacità di tipo cognitivo, come l?abilità e la velocità nell?apprendimento. Tuttavia, grazie alla plasticità del cervello, cioè alla possibilità che ha di compensare la perdita di neuroni che si verifica con l?età realizzando nuovi collegamenti e circuiti nervosi, una persona anziana che abbia sempre tenuto - e mantenga - in allenamento il cervello può conservare anche in tarda età buone funzioni cognitive. L?invecchiamento patologico del cervello è dovuto soprattutto a malattie degenerative che determinano la morte in tempi relativamente brevi di grandi quantità di cellule nervose (neuroni) cerebrali con progressiva e grave compromissione delle funzioni nervose di base e di quelle cognitive, come accade nella forma più diffusa di demenza, quella di Alzheimer.In tempi relativamente recenti, l?attenzione di neurologi e geriatri si è soffermata su un disturbo cognitivo che precedentemente era considerato come una sorta di "anticamera" o fase di passaggio tra una condizione cognitiva normale e la demenza conclamata. Questo particolare disturbo cognitivo è stato denominato Mild Cognitive Impairment (MCI) ovvero "indebolimento cognitivo lieve", una condizione che presenta caratteristiche particolari. Nel 2001, la American Academy of Neurology ha pubblicato le linee-guida per la diagnosi di MCI:• Il paziente riferisce di avere problemi di memoria, spesso confermati da un famigliare o conoscenti (per esempio, colleghi di lavoro); • È possibile misurare, attraverso test specifici, un indebolimento superiore a quello che fisiologicamente si verifica con l?età;• La capacità di ragionamento e di pensiero si mantengono generalmente normali, ma possono anche avere qualche alterazione;• Analogamente accade per le attività pratiche normali.
L?MCI è tuttora oggetto di ricerche cliniche per definirne le cause e l?eventuale relazione con altre malattie degenerative come l?Alzheimer, dal momento che potrebbe anche trattarsi di una condizione patologica specifica. A tal proposito, i dati relativi alla possibilità che l?MCI possa successivamente evolvere in malattia di Alzheimer non sono ancora ben definiti: secondo alcuni studi, dal 10 al 12 percento di soggetti con MCI sviluppano l?Alzheimer circa un anno dopo, con tendenza ad un aumento di casi che evolvono in Alzheimer dopo tre anni dai primi sintomi di MCI.Recenti ricerche dimostrano che in realtà ci sono diversi tipi di MCI, con possibilità di evoluzione o meno verso forme di demenza come l?Alzheimer o, al contrario, con la possibilità di mantenersi in modo stabile nel tempo.
LIBRI SUGGERITIUmberto VeronesiLongevitàBollati Boringhieri, 2012
Perché invecchiamo? Sembra paradossale, ma in un mondo (non solo quello sviluppato) dove gli anziani sono sempre più numerosi la scienza non è ancora riuscita a dare una risposta certa a questo fenomeno naturale. Ci sono a tal proposito almeno una dozzina di teorie, qualcuna più convincente altre meno e non è detto che non concorrano tutte insieme a determinare l?invecchiamento. Tra quelle più recenti e che ha destato un grande interesse tra gli scienziati e nel pubblico, è quella che collega l?invecchiamento con l?azione di un gene denominato con la sigla p66shc, scoperto nel 1999 dal gruppo di ricerca del professor Pier Giuseppe Pelicci, presso l?Istituto Europeo di Oncologia di Milano. Se questo gene viene "spento" (cioè inattivato) si osserva che la vita media si allunga di circa un terzo rispetto alla durata della vita media di un animale, così come è stato verificato nei ratti, in laboratorio. E? questa una delle molte informazioni contenute in un libro scritto dal professor Umberto Veronesi (ultraottantenne in ottima forma!) che tratta anche degli aspetti medici, psichici e pratici dell?invecchiamento: ovvero come aumentare la probabilità invecchiare con il minimo possibile di acciacchi fisici e mentali fino ad arrivare all?inevitabile capolinea dell?esistenza. Tenendo presente un principio fondamentale, come dice l?autore: la longevità è un patrimonio che accumuliamo nel tempo, sin da giovani, per poterlo spendere (con giudizio) da anziani.
Alberto OliverioCervelloBollati Boringhieri, 2012
E? certamente "l?oggetto" più complesso che abita il nostro corpo, navigarci dentro è un?impresa affascinante, cercare di capirlo fin nei dettagli della struttura e del funzionamento è impresa ardua tanto che ci sono neuro scienziati che dubitano si possa arrivare ad una comprensione dettagliata del cervello, in particolare di quello umano tanto il suo livello di organizzazione è elevato e complesso. Tuttavia, grazie anche alle tecnologie informatiche che negli ultimi decenni sono state perfezionate - si pensi alla risonanza magnetica anatomica e funzionale, quest?ultima in grado di mostrare l?attività del cervello durante particolari attività, anche cognitive - oggi abbiamo un buon bagaglio di conoscenze impensabili solo qualche decennio fa. Una bella panoramica divulgativa delle neuroscienze la offre il libro di Alberto Oliverio, professore di Psicobiologia presso l?Università "La Sapienza" di Roma. I temi trattati sono i più diversi: il linguaggio, la scrittura, la possibilità di manipolare il cervello con farmaci e strumenti informatici, la memoria, la creatività fino a quello che rimane tuttora un campo di indagine di affascinate complessità, la coscienza. Tra i temi trattati, desta particolare interesse (e inquietudine) quello relativo alla effettiva capacità che abbiamo di prendere decisioni consapevoli, il che porta a chiedersi se veramente siamo dotati di libero arbitrio o siamo in qualche modo condizionati da strutture e funzioni biologiche predeterminate, come hanno dimostrato alcuni esperimenti eseguiti dal neuroscienziato Benjamin Libet una trentina di anni fa e che sono descritti in uno dei capitoli del volume.
Sergio Sciancalepore