Come (non) trovare libri antichi

In Ticino i bibliofili ci sono, ma comprano in Italia. Colloquio con tre esperti
Tommy Cappellini
Tommy Cappellini
10.06.2013 08:02

LUGANO - È strano come, con una buona economia alle spalle e una medio borghesia consolidata, il Ticino non abbia sviluppato che una bibliofilia esigua, sia riguardo i libri antichi (grossomodo, quelli che arrivano alla fine dell?Ottocento) sia verso i moderni, che coprono il Novecento almeno fino al secondo Dopoguerra.

Poche, in un intero secolo, le librerie antiquarie nel Cantone. L?Art Ancien del dottor Erwin Rosenthal, aperta nel 1920, fu attiva per quasi un decennio; si trasferì a Zurigo nel 1929, lo stesso anno in cui giunse a Lugano, da New York, Giuseppe Martini (1870-1944). Antifascista viscerale, toscanaccio sanguigno nei giudizi politici, libraio antiquario tra i maggiori (giustamente ricordato insieme a Leo S. Olschki, Tammaro de Marinis e Mario Armanni), autore di ragguardevoli cataloghi e collezionista egli stesso, Martini aprì il suo negozio tra via Canova e via della Posta, nel quartiere dei Quattro Palazzi. Fu lui a raccogliere per il luganese Sergio Colombi quei cento preziosissimi incunaboli donati poi, nel 1962, alla Biblioteca di Lugano.

Dopo Martini, possiamo elencare come unico altro evento di rilievo l?apertura della Bredford Libri Rari all?inizio degli anni ?90: dapprima in via Molinazzo 2, poi in via Pioda al 5, dove rimase fino al 2006, anno della chiusura. Francesco Radaeli, il fondatore, aveva imparato il mestiere alla Libreria Antiquaria Hoepli, per poi mettersi in proprio sempre a Milano, in via Manzoni, negli anni ?70: «Fu allora – ci racconta Radaeli – che la legislazione italiana sulla circolazione dei beni librari cominciò a inasprirsi, con un controllo statalista sempre meno comprensibile. Oggi in Italia lo Stato interferisce nell?import-export, non necessariamente commerciale, di qualunque cosa abbia più di 50 anni: sino a prevedere, come troviamo nell?articolo 70 del Codice dei Beni Culturali, l?acquisto coattivo da parte dello Stato. A fronte di ciò mi chiedo cosa sarebbe, ad esempio, la cultura nordamericana attuale se negli Stati Uniti non fossero giunti nei secoli passati tanti libri e manoscritti europei: useremmo ancora segnali di fumo per comunicare? Intuii la scontata e progressiva esasperazione legislativa: chiusi la libreria milanese, dove avevo passato metà della vita, e optai per il Ticino». A quel tempo la Confederazione non aveva ancora introdotto l?IVA, tanto meno sui libri: «Resta da sperare – aggiunge Radaeli – che la Svizzera non recepisca mai i vincoli e le limitazioni dell?approccio statalista che informa la normativa italiana».

In Ticino, per desiderio di un amico colto e sensibile bibliofilo, Radaeli riuscì a riunire quella straordinaria raccolta di Savonaroliana, di Storia dell?architettura fino al XVIII secolo e di libri scientifici di cui, a unica testimonianza, rimane lo splendido catalogo della vendita all?asta avvenuta a Lugano nel 1995: The Library of the late M. F.d.C. In questo fondo, ora disperso tra le maggiori biblioteche del mondo e grandi bibliofili, si trovavano la prima edizione delle Opere di Aristotele (la cui base d?asta partiva da 275 mila franchi), di De re aedificatoria di Leon Battista Alberti e un esemplare de Della architettura militare di Francesco de? Marchi appartenuto al duca Albert Casimir von Sachsen-Teschen.

Per provare le stesse emozioni suscitate da questi titoli, a un bibliofilo in Ticino, oggi, non rimarrebbe che la Bibliothèque Internationale de Gastronomie di via Regazzoni a Lugano, fondata nel 1992 da Orazio Bagnasco. Qui sono conservati circa 4.000 tra manoscritti e testi a stampa, in lingue che vanno dal latino al portoghese, compresi tra il XIII e il XIX secolo e tutti relativi all?agricoltura, viticoltura, dietetica, igiene, alimentazione, feste e galateo, arte culinaria in generale. Tra essi, un Tacuinum Sanitatis del XV secolo, vertiginosamente miniato; dello stesso periodo un Taiare de cortello, manoscritto del solo manuale in lingua italiana di «trinciante» anteriore alle opere a stampa, nonché diversi evocativi ricettari. Tra i libri a stampa, il fondo conserva anche un esemplare unico recante l?Ordine de le imbandisone, rapporto dettagliato del pranzo di nozze di Isabella d?Aragona con Gian Galeazzo Sforza.

Dopo la Bredford, e a latere della Biblioteca Salita dei Frati (associazione che però non fa attività commerciale), per quanto riguarda i libri più antichi il commercio in Ticino si è rarefatto: rimane, più che altro, il modernariato. «Delle 637 librerie attive su Maremagnum – ci dice Sergio Malavasi, fondatore di questo che è il più importante sito bibliofilo dell?area linguistica italiana – 383 sono del Belpaese e 7 quelle svizzere: 3 ticinesi. Si tratta della Libreria del Tempo, Librinpiazza.com e Caritas Ticino. L?associazione librerie antiquarie svizzere, Vebuku.ch, conta un totale di 60 librerie partecipanti, di cui però solo una ticinese». Da Maremagnum ci arrivano altri dati: «Sono numerosi i clienti italiani che ordinano attraverso il nostro sito a librerie svizzere – racconta Malavasi – ma è ancor più vero il contrario: i ticinesi soddisfano molti desideri a Milano. Contrariamente al flusso di capitali, c?è una gravitazione netta sull?Italia. Lugano rimane interessante per i titoli di storia del Cantone, della Valtellina, dei Grigioni, per i libri di alpinismo, montagna e viaggi. Purtroppo, essendo la Svizzera extracomunitaria, ogni spedizione di libri tra i due Paesi aumenta i costi. L?Italia deve comunque qualcosa alla Svizzera: da voi è nata Messaggerie Libri Società Anonima, che poi ha dato vita a Messaggerie Libri, oggi uno dei più importanti gruppi editoriali e distributivi italiani. E durante la Guerra Arnoldo Mondadori trovò rifugio proprio presso i titolari di Melisa».

Tra i rari bibliofili ticinesi c?è Giovanni Maria Staffieri (4.000 titoli solo nella sua sezione ticinensia e gran collezionista di «Dannunziana»): «La mancanza di librerie si fa sentire. Si va per mercatini, si studiano i listini dall?Italia, ci si aiuta tra appassionati, ma mancano i punti di ritrovo fisico». Di fatto, anche se la Libreria Minerva nella città vecchia di Locarno e la Libreria del Tempo a Massagno svolgono un buon lavoro, si sente, da un breve sondaggio, che il cuore dei bibliofili ticinesi batte più per la Pregliasco di Torino o la Malavasi a Milano. Ma non è sempre stato così: «Tra gli anni ?30 e ?60 – ci racconta Staffieri – a Lugano c?era Beniamino Burstein, il cui fratello aveva un?altra libreria a Ginevra: ma non ha creato una scuola vera e propria di bibliofili. Il suo spazio al Palazzo Gargantini è stato poi rilevato da Gerolamo Moghini, che aveva un grande fiuto, che operò dai ?60 fino all?inizio dei ?90. Poi, più nulla».