Dipendenza da cellulare Prevenire la nomofobia

L’utilizzatore medio di uno smartphone tocca il suo dispositivo 2.617 volte al giorno, in 76 sessioni diverse. Questi numeri, che attestano quanto siamo legati al concentrato di tecnologia che abbiamo tutto il giorno in tasca o in borsa, sono il risultato di uno studio mondiale condotto dalla società di ricerca Dscout quattro anni fa. Nel frattempo, la pervasività del suo utilizzo e le funzioni a disposizioni sono aumentate a dismisura. Questo porta le persone, e spesso i più giovani, a diventare dipendenti dal cellulare, sviluppando quella che gli scienziati chiamano «nomofobia».
Questa parola è la contrazione dei termini inglesi «No mobile phone phobia», ovvero fobia di essere senza cellulare, e si riferisce al senso di angoscia che proviamo quando il nostro smartphone non funziona più, lo dimentichiamo, lo perdiamo, oppure abbiamo la batteria scarica o siamo senza connessione. Sono un quarto dei giovani sotto i 25 anni ad avere una dipendenza da smartphone, con sintomi che vanno dal panico all’ansia, secondo uno studio pubblicato lo scorso anno dal King’s College di Londra sul Bmc Psichiatry e che ha preso in analisi europei, statunitensi e asiatici.
Per prevenire l’insorgere di una dipendenza e della nomofobia è essenziale insegnare a bambini e adolescenti ad avere un rapporto sano con il proprio smartphone, limitando il tempo d’uso e parlando apertamente delle conseguenze di una dipendenza dal mezzo. I genitori devono però stare anche attenti ai campanelli d’allarme. Tra questi ci sono i disturbi visivi o problemi agli occhi (dovuti al troppo tempo passato davanti al piccolo schermo dello smartphone), modifiche nei ritmi del sonno, scarsa igiene personale, connessione online che sostituisce i rapporti dal vivo, mancanza di interessi nelle attività della vita quotidiana e incapacità di parlare di cose diverse da quelle che si vedono su Internet. Intervenire subito permette di evitare l’insorgere di problemi fisici, psicologici e sociali.
La nomofobia non è l’unica forma di dipendenza da telefonino. Altre abitudini pericolose sono il «vamping» e il «phubbing». Il primo prende il nome dall’agire come i vampiri, e indica chi rimane sveglio fino a tarda notte perché incapace di staccarsi dal suo smartphone. Il termine phubbing nasce dalla fusione di «phone» e «snubbing», che significa ignorare, e indica la cattiva abitudine di ignorare le persone reali che si hanno intorno, perché troppo assorbiti dal proprio dispositivo tecnologico.