Gusto

«Cucinare l’Amazzonia significa proteggerla»: Felipe Schaedler porta la foresta in tavola a Sapori Ticino

Lo chef brasiliano racconta come i sapori, le comunità indigene e la biodiversità diventino parte di un messaggio universale - Stasera la cena finale al Seven Toc Toc con Nicola Leanza
© Giorgia Ghezzi Panzera - Sapori Ticino
Mattia Sacchi
05.10.2025 10:30

Felipe Schaedler non porta semplicemente piatti in tavola, porta con sé un intero mondo. La sua cucina è un viaggio dentro l’Amazzonia, un territorio che non è solo una foresta, ma un universo di sapori, saperi e tradizioni. Nato nel sud del Brasile, da una famiglia di origine tedesca, si è trasferito a Manaus da adolescente e lì ha incontrato il suo destino. «A quattordici anni non sapevo ancora cosa volessi fare nella vita. Pensavo di studiare diritto. Poi mi sono imbattuto nella ricchezza degli ingredienti amazzonici e non ho avuto dubbi: quella era la mia strada», racconta. Nel 2009 ha aperto Banzeiro, ristorante che ha dato voce a una cucina fino ad allora quasi invisibile sulla scena nazionale, ottenendo premi e riconoscimenti, fino all’Ordine al Merito Culturale ricevuto dal governo brasiliano. Oggi gestisce tre locali tra Manaus e San Paolo, ma soprattutto continua a portare avanti una missione che per lui va oltre la gastronomia: far conoscere e rispettare l’Amazzonia.

Foto Giorgia Ghezzi Panzera - Sapori Ticino
Foto Giorgia Ghezzi Panzera - Sapori Ticino

Lo abbiamo incontrato durante il suo viaggio in Ticino come protagonista di tre serate di S.Pellegrino Sapori Ticino 2025: il 29 settembre allo Swiss Diamond Hotel di Vico Morcote con Egidio Iadonisi, il 2 ottobre al Moncucchetto insieme ad Andrea Muggiano, e stasera – 5 ottobre – al Seven Toc Toc con Nicola Leanza.

Chef Schaedler, per lei queste serate hanno un significato speciale.
Sì, perché è la mia prima volta ai fornelli in Europa. Portare i miei ingredienti qui, dall’altra parte dell’oceano, è qualcosa che ricorderò per sempre. È un onore far parte di Sapori Ticino: l’atmosfera è amichevole, lo scambio con gli altri chef è naturale, sembra quasi di cucinare con vecchi amici. Non si tratta soltanto di far assaggiare qualcosa di nuovo, ma di creare un dialogo vero, fatto di curiosità e rispetto reciproco.

E pensare che è stato proprio un professore svizzero a convincerla che la gastronomia amazzonica potesse avere dignità internazionale. Cosa ha significato quell’incontro?
Ha cambiato tutto. All’epoca parlare di cucina amazzonica era quasi un paradosso: veniva considerata popolare, non certo alta gastronomia. Lui invece mi ha mostrato che quegli ingredienti erano un tesoro, che andavano studiati e raccontati con orgoglio. Mi ha insegnato a guardare alle tradizioni locali come a un patrimonio e a capire che il futuro della cucina brasiliana passava proprio da lì. Per questo dico che devo vent’anni della mia vita all’Amazzonia: ho dedicato tempo ed energie a conoscere le comunità indigene, a osservare le loro tecniche, a trasformare quel sapere in piatti capaci di parlare anche fuori dal Brasile. E cucinare in questi giorni in Svizzera, in un certo senso, per me rappresenta anche la chiusura di un cerchio.

Foto Giorgia Ghezzi Panzera - Sapori Ticino
Foto Giorgia Ghezzi Panzera - Sapori Ticino

Ha portato più di cento chili di ingredienti dal Brasile. Cosa ha voluto proporre?
Un pezzo di Amazzonia. Ci sono le formiche saúva raccolte dalle comunità native, con un aroma sorprendente che ricorda il lemongrass; il tucupi, un succo fermentato di manioca che è parte essenziale della tradizione amazzonica; tuberi rustici, frutti come il cupuaçu, spezie che qui in Europa non si sono mai viste. Non mi interessava adattare la mia cucina ai gusti europei: volevo che arrivasse autentica, anche con le sue asperità. Ogni piatto vuole essere un ponte tra le mie radici e chi siede a tavola. È come aprire una finestra sulla foresta.

Foto Giorgia Ghezzi Panzera - Sapori Ticino
Foto Giorgia Ghezzi Panzera - Sapori Ticino

In Europa c’è curiosità ma anche sorpresa davanti a ingredienti come le formiche. Come reagisce il pubblico?
Di solito con apertura, anche se a volte con un po’ di timore. Durante i Mondiali di calcio in Brasile, nel 2014, ho iniziato a proporle ai turisti italiani e inglesi: erano affascinati. La verità è che non le uso per provocare, ma per il loro gusto. Hanno un profumo che richiama erbe fresche e agrumi, ma senza aggiungere nulla. Quando i clienti le provano, spesso sorridono, perché è una scoperta. Qui in Ticino ho visto lo stesso spirito: le persone sono arrivate curiose, pronte a sperimentare. È questo che rende l’esperienza unica: vedere qualcuno che oltrepassa i propri limiti e scopre un sapore nuovo.

Foto Giorgia Ghezzi Panzera - Sapori Ticino
Foto Giorgia Ghezzi Panzera - Sapori Ticino

La sua cucina non è solo ricerca del gusto, ma anche un atto culturale e politico.
Assolutamente. L’Amazzonia è la mia casa, la mia vita. Ogni giorno lavoro per farla conoscere meglio. Se le comunità locali hanno modo di valorizzare i prodotti della foresta, li proteggeranno di più. Se invece vivono nella povertà, è facile che cedano alle pressioni di chi vuole sfruttare il legno o la terra. Creare un’economia sostenibile legata al cibo è fondamentale per salvaguardare l’Amazzonia. Io cerco di dare il mio contributo mostrando che questi ingredienti hanno valore e dignità. Per me cucinare non è soltanto nutrire: è anche generare consapevolezza.

Foto Giorgia Ghezzi Panzera - Sapori Ticino
Foto Giorgia Ghezzi Panzera - Sapori Ticino

Che impressioni ha avuto dal Ticino in questi giorni?
È un posto bellissimo. Ho passeggiato per Lugano, visto il tramonto sul lago: mi ha colpito la calma, la natura curata, il ritmo diverso rispetto al Brasile. A Manaus tutto è più caotico, qui invece ho trovato un tempo lento, che ti permette di osservare meglio. Con gli chef ticinesi ho trovato subito un’intesa: anche se le nostre culture sono lontane, ci unisce la stessa passione per cucinare e condividere. Ho sentito una vicinanza umana che non dimenticherò.

Foto Giorgia Ghezzi Panzera - Sapori Ticino
Foto Giorgia Ghezzi Panzera - Sapori Ticino

Cosa spera che resti agli ospiti delle cene di Sapori Ticino?
Vorrei due cose. La prima è che riflettano: che si chiedano da dove viene il cibo, quanto l’Amazzonia sia importante per il mondo. La seconda è che imparino qualcosa di nuovo. Non importa se tutti amano i miei ingredienti: l’importante è che li conoscano. Che possano dire: ho assaggiato il tucupi, ho sentito il profumo del cupuaçu. Sapere cosa mangiamo è il primo passo per rispettarlo. Voglio che gli ospiti tornino a casa non solo con un ricordo di gusto, ma anche con una piccola consapevolezza in più. Questo per me è molto più importante di qualsiasi applauso.

Foto Giorgia Ghezzi Panzera - Sapori Ticino
Foto Giorgia Ghezzi Panzera - Sapori Ticino
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