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Dall’EOC al Mondiale per club: la missione americana di Teo Chiaravalloti

Lo chef del San Giovanni di Bellinzona è stato scelto dalla FIFA per gestire la cucina degli arbitri durante il torneo negli Stati Uniti - «Un’esperienza intensa, tra rigore, ascolto e nuove sfide quotidiane»
Chef Teo Chiaravalloti a Miami con István Kovacs, arbitro della finale di Champions League 2025
Mattia Sacchi
30.06.2025 13:30

Dal mondiale dell’alta gastronomia a quello per club di calcio: Teo Chiaravalloti, executive chef dell’Ospedale San Giovanni di Bellinzona e nel 2013 rappresentante per la Svizzera al Bocuse d’Or, la più prestigiosa competizione internazionale per cuochi, è stato chiamato a gestire la ristorazione riservata agli arbitri FIFA durante il Club World Cup 2025, che si sta svolgendo in queste settimane negli Stati Uniti. Una nuova tappa internazionale per uno chef abituato a misurarsi con l’eccellenza, dalla cucina d’autore alla pianificazione ospedaliera, passando per alcuni dei migliori ristoranti del Ticino, tra cui Villa Principe Leopoldo, Villa Sassa e Castelgrande.

Assieme alla leggenda dei fischietti Pierluigi Collina
Assieme alla leggenda dei fischietti Pierluigi Collina

Il nome di Chiaravalloti circolava già da tempo negli ambienti FIFA, anche grazie all’amicizia e alla stima reciproca con il bellinzonese Massimo Busacca, oggi dirigente dell’organizzazione e per anni considerato uno dei migliori arbitri al mondo. «Mi aveva già proposto di partecipare al Mondiale del 2016 – racconta – ma non era il momento giusto. L’occasione concreta è arrivata lo scorso settembre: voleva portare un nuovo livello qualitativo nella gestione degli arbitri durante il torneo. Abbiamo parlato e, dopo aver ottenuto l’autorizzazione da parte dell’EOC, ho accettato». Un’opportunità non scontata, come tiene a precisare: «Lavorare in un ospedale non è come lavorare in un albergo. Le priorità sono diverse, e per questo ringrazio chi mi ha dato fiducia».

Arrivato a Miami lo scorso 7 giugno, Chiaravalloti è subito entrato nel vivo delle operazioni. La sua responsabilità è duplice: da un lato garantire ogni giorno colazioni, pranzi, cene e spuntini per circa 120 tra arbitri, assistenti, fisioterapisti e membri dello staff; dall’altro coordinare a distanza anche la ristorazione per il gruppo che si trova a New York. In totale, più di 180 persone coinvolte nel corso del torneo. «Ogni giorno inizia molto presto – spiega –. Mi occupo personalmente di verificare la qualità della colazione, poi seguo il pranzo e la cena. Quando un arbitro parte per una partita, gli preparo il pasto pre-gara su richiesta: può essere una pasta in bianco, del pollo, una pizza. Al ritorno, anche a mezzanotte passata, sono lì per accoglierli con un piatto caldo».

Chiaravalloti allo stadio assieme a Szymon Marciniak, arbitro dell'ultima finale di Coppa del Mondo
Chiaravalloti allo stadio assieme a Szymon Marciniak, arbitro dell'ultima finale di Coppa del Mondo

L’esperienza maturata negli anni nella cucina ospedaliera si è rivelata determinante. «Il mio lavoro a Bellinzona mi ha abituato a pianificare menù variati ed equilibrati, che rispondano a esigenze nutrizionali precise. Qui ho adattato lo stesso metodo a un contesto sportivo, dove la qualità degli alimenti è strettamente legata alla performance fisica». Ogni dettaglio viene discusso con lo staff medico FIFA e concordato nel rispetto di linee guida internazionali. «Non ci sono fritture, privilegiamo cotture dolci, grigliate o saltate, con un’attenzione particolare all’apporto proteico e alla digeribilità. E ovviamente ci sono proposte per ogni esigenza: piatti vegetariani, vegani, cucina senza glutine».

Con una brigata composta da cuochi locali – messicani, cileni, colombiani – Chiaravalloti ha portato ordine e metodo, formando lo staff sul posto e supervisionando ogni passaggio. «Non è sempre facile: bisogna spiegare, rispiegare, e a volte anche cucinare in prima persona per mostrare come voglio che vengano fatte le cose. Ma il confronto quotidiano, anche interculturale, è una delle parti più interessanti del lavoro». Nonostante la severità del regime alimentare, c’è spazio anche per momenti di condivisione più leggeri. «Una sera a settimana organizziamo cene a tema: araba, classica, brasiliana… Occasioni preziose per concedersi un attimo di svago, ritrovare un po’ di convivialità. Anche questo fa parte del benessere».

Il rapporto con gli arbitri si costruisce giorno per giorno, tra un caffè al mattino e un dialogo informale alla sera. «Con alcuni è nato un bel rapporto. Sono persone preparate, attente a ogni dettaglio, molto più di quanto immaginiamo. Hanno una disciplina che mi ha colpito. E ho imparato molto dal loro modo di gestire lo stress e le critiche: osservare, non reagire a caldo, valutare e poi agire. Un’attitudine che, in fondo, serve anche in cucina».

Oltre alle competenze tecniche, questa esperienza gli ha offerto uno sguardo privilegiato su un mondo globale, variegato, dove ogni cultura porta con sé abitudini alimentari differenti. «A colazione c’è chi mangia uova e carne, chi solo frutta, chi chiede il porridge. Devi essere flessibile, ma anche sapere quando dire di no, perché tutto resta comunque sotto controllo medico. Ho visto arbitri colombiani, qatarini, romeni, argentini… Un ambiente che più internazionale non si può. E anche se non tutti sanno dove sia il Ticino, io porto un pezzo di casa con me ogni giorno, nel modo in cui lavoro».

Il ritorno in Svizzera è previsto per metà luglio, subito dopo la finale del torneo. «Riprenderò in ospedale il 15 – spiega –. Torno volentieri alla mia realtà quotidiana, con i piedi ben saldi a terra. Ma porto con me un’esperienza che mi ha arricchito, sia dal punto di vista umano che professionale».

In un contesto dove la pressione è costante e l’attenzione al dettaglio è tutto, Chiaravalloti ha potuto mettere alla prova competenze costruite in anni di lavoro e di studio, tra grandi cucine e reparti ospedalieri. «Non mi sento diverso da prima – aggiunge – ma questa esperienza mi ha confermato quanto sia importante restare coerenti con sé stessi. La passione, la disciplina, la capacità di ascoltare e adattarsi fanno la differenza, dentro e fuori dalla cucina, in corsia come a bordo campo».

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