Proposte estive

Il vitello tonnato? Senza maionese

Il nome di questo piatto non deriva dall’uso del tonno, che si è aggiunto alla ricetta originale solo alla fine dell’800
Servitelo così, alla piemontese, non affogato nella salsa
Tarcisio Bullo
Tarcisio Bullo
14.08.2020 07:58

All’inizio della storia, il tonno nemmeno c’entrava. Parliamo di vitello tonnato, o vitel tonné, curiosa espressione che richiama un francesismo apocrifo, perché provate a parlare di «vitel» a un francese, vi guarderà con occhi stralunati, dal momento che vitello in quella lingua fa veau. E tonné allora? Ecco, qui il francese c’entra, ma non il tonno. Piatto estivo per eccellenza, che secondo la tradizione trova la sua massima punta di consumo proprio per Ferragosto, il vitello tonnato a quanto è dato di sapere nasce dalle parti di Cuneo, in Piemonte, nel 18° secolo. Siamo nel Ducato dei Savoia, il francese si mischia all’italiano e tonné deriva da «tanné» che in francese significa conciato, pasticciato. E come si conciava la carne di vitello? Facendola bollire a lungo e insaporendola poi con ingredienti dal gusto molto deciso, in particolare acciughe, capperi. e olio d’oliva. Ora si dà il caso che l’acciuga sia di casa nella cucina piemontese, per la vicinanza con la Liguria e per i traffici di sale che i contadini del posto organizzavano quando questo elemento era prezioso e costosissimo. Sul fondo del carretto il sale, sopra acciughe in quantità per mascherare il carico e sfuggire ai controlli doganali e ai dazi imposti sul sale stesso. Per tutto il Settecento, del tonno non si trova traccia nelle ricette del vitel tonné, tonno che viene sdoganato da Pellegrino Artusi nel 1891 nella sua «Scienza in cucina e l’arte di mangiar bene». Tra gli ingredienti citati dall’Artusi, compare il tonno sottolio insieme ai soliti capperi, acciughe, succo di limone, olio e tuorli d’uova sode. Sul perché il tonno compaia solo nell’Ottocento, la risposta è semplice: perché prima si conservava solo sotto sale. Furono i Florio, a Palermo (meglio: nella tonnara dell’isola di Favignana) i primi a capire che si poteva cuocere il tonno e conservarlo nella scatola di latta sott’olio, ma per questo bisogna arrivare appunto a metà dell’Ottocento, fin lì nessuno aveva avuto nè la tecnina, nè l’idea.

Ora che sappiamo come il tonno si è aggiunto alla vecchia ricetta del vitello tonnato che non ne prevedeva l’uso, c’è un altro punto da risolvere, legato alla presenza nella salsa della maionese. È solo nel corso della seconda metà del Novecento che questo ingrediente entra trionfalmente (?) a far parte della ricetta, sull’onda di una moda che ne prevede un utilizzo smisurato, ma il suo utilizzo è controverso. Chi scrive, confortato dall’illustre parere di uno chef come Carlo Cracco, non ha il minimo dubbio: la salsa del vitello tonnato si fa senza maionese, per ricavarne un piatto più leggero e appetibile. E si serve secondo la tradizione piemontese, due cucchiaini sulle fette di carne, senza ricoprire orrendamente tutto il piatto. Quanto al pezzo di carne migliore, non v’è nessun dubbio: fatevi dare dal vostro macellaio il magatello (o girello).