Piccolo Lago, grande caso: assolto dal tribunale, condannato dalla guida Michelin

Al Teatro Regio di Parma la Michelin ha acceso, anche quest’anno, i riflettori sulla ristorazione d’eccellenza italiana. La guida 2026 consegna un Paese in piena salute gastronomica: un nuovo tre stelle, il numero complessivo dei ristoranti premiati che sale a 394, conferma del secondo posto al mondo per densità di indirizzi stellati. La fotografia è quella di un sistema maturo, che tiene ai vertici, cambia nelle retrovie, premia i giovani e mette sempre più al centro sostenibilità e identità territoriale.
In alto, dove le stelle sono tre e i margini d’errore si assottigliano, il quadro è quasi immobile. L’unico movimento è verso l’alto: La Rei Natura di Michelangelo Mammoliti, all’interno del Boscareto Resort & Spa di Serralunga d’Alba, conquista la terza stella in appena 26 mesi. Un tempo brevissimo per entrare nell’élite assoluta, costruito su una cucina che intreccia orto, serra, ricordi d’infanzia e un lavoro costante sulla dimensione emotiva del gusto.
Attorno a lui, i «mostri sacri» restano al loro posto. I 14 tre stelle dell’edizione precedente vengono tutti confermati, da Villa Crespi a Piazza Duomo, da Da Vittorio e Le Calandre fino a Dal Pescatore, Osteria Francescana, Enoteca Pinchiorri, La Pergola, Reale, Uliassi, Enrico Bartolini al Mudec, Atelier Moessmer Norbert Niederkofler, Quattro Passi e Casa Perbellini 12 Apostoli.
Due stelle in crescita e una prima fascia sempre più giovane
Un gradino sotto, lo scenario è più fluido. La fascia delle due Stelle si allarga con due nuovi ingressi che raccontano bene le molte facce della cucina italiana di oggi. A Oppeano, alle porte di Verona, la Famiglia Rana affida la cucina a Francesco Sodano. Dentro la casa madre di uno dei marchi più riconoscibili della pasta industriale nasce un fine dining autonomo, che dialoga con il brand ma non vive di riflesso: piatti personali, ricerca sulle materie prime, un lessico che è quello dell’alta cucina contemporanea. All’estremo opposto della penisola, sulle rocce di Vulcano, I Tenerumi di Davide Guidara continuano a lavorare sul vegetale con radicalità e leggerezza, trasformando il paesaggio delle Eolie in un laboratorio sul mondo verde. La seconda stella premia un percorso che ha messo al centro ortaggi, erbe, fermentazioni e una lettura della natura che va ben oltre il semplice «menu vegetariano».
Con queste due «promozioni», i bistellati arrivano così a 37.
Ma è la fascia delle prime stelle a restituire l’idea più chiara del movimento in corso. I nuovi stellati sono 22, per un totale di 341 ristoranti con una stella. La geografia è ampia: la Liguria vede entrare Cracco Portofino e Rezzano Cucina e Vini, la Lombardia aggiunge indirizzi a Milano, in particolare con il talento puro di Emin Haziri e il suo Procaccini, il Trentino Alto Adige conferma la sua vocazione d’alta quota, Veneto, Emilia-Romagna e Toscana consolidano il ruolo di regioni-faro, mentre Lazio, Marche, Abruzzo, Campania e Sardegna arricchiscono il mosaico con nuove firme.
Dietro molti di questi nomi ci sono brigate giovanissime: chef under 30 o poco sopra, progetti con alle spalle un paio d’anni di vita, percorsi costruiti tra stage internazionali e ritorni consapevoli a casa. La guida registra così un ricambio che non è più episodico, ma strutturale: la generazione cresciuta tra Nordic cuisine, New Wave spagnola e scuole francesi sta riplasmando, senza traumi, la fisionomia della tavola italiana.
Le stelle che scendono: tra declassamenti e capitoli che si chiudono
Le note dolenti, come sempre, non mancano. Il dato numerico è contenuto, ma alcuni nomi pesano più di altri.
Il segnale più forte arriva dalla Lombardia: Miramonti l’Altro a Concesio, la casa di Philippe Léveillé, visto più volte in Ticino grazie alla sua amicizia con il connazionale Bernard Fournier, perde una delle due stelle e scende a una. È l’unico declassamento dell’anno in questa fascia, ma tocca un luogo che da anni è riferimento per una certa idea di cucina franco-italiana ben piantata nella memoria dei gourmet. La decisione ha inevitabilmente un valore simbolico, al di là della singola valutazione.
Ci sono poi le stelle che si spengono del tutto. A Baschi, Casa Vissani perde l’ultimo macaron rimasto e scompare dalla guida, chiudendo una stagione che ha segnato l’immaginario televisivo e gastronomico di un’epoca. A Rubiera, Arnaldo – Clinica Gastronomica dice addio alla Rossa dopo 66 anni consecutivi di presenza: il primo riconoscimento risale al 1959, quando la Guida Michelin italiana era ancora agli albori.
Accanto a questi nomi, la nuova edizione registra altre insegne che non vedono confermata la stella: tra queste Porta di Basso a Peschici, Zum Löwen a Tesimo, José Restaurant – Tenuta Villa Guerra a Torre del Greco, oltre a locali che pagano chiusure temporanee, trasferimenti o periodi di ristrutturazione che impongono agli ispettori una nuova «ripartenza da zero». In totale, tra non conferme, cessazioni di attività e cambi di sede, spariscono 20 stelle di prima fascia.
Sostenibilità, sala, dessert: le altre facce dell’eccellenza
La Michelin insiste nel sottolineare che la qualità non passa solo dal piatto principale. La griglia dei riconoscimenti speciali e delle Stelle Verdi racconta una ristorazione che, almeno ai livelli alti, ha interiorizzato temi un tempo considerati marginali. Le Stelle Verdi vanno quest’anno a cinque ristoranti tra Piemonte, Alto Adige, Emilia-Romagna e Umbria, accomunati da un lavoro sistematico su sostenibilità, filiera corta, riduzione degli sprechi, uso di energie rinnovabili. Non si tratta più di eccezioni «virtuose», ma di modelli che la guida mette esplicitamente in vetrina.
Sul fronte dei premi speciali, il quadro è altrettanto articolato. Il riconoscimento Passion Dessert premia otto indirizzi che hanno fatto della pasticceria da ristorazione un capitolo autonomo dell’esperienza gastronomica, non un semplice finale codificato. Lo Young Chef Award 2026 finisce sulle spalle di Mattia Pecis, 29 anni, che a Cracco Portofino incassa nello stesso giorno la prima stella e un attestato personale che, per un giovane cuoco, pesa quasi quanto il macaron.
La sala, spesso vittima di un racconto troppo centrato sullo chef, trova visibilità nel premio a Giulia Tavolara del Maxi di Vico Equense, mentre l’Opening of the Year conferma la volontà di guardare con attenzione a quelle nuove aperture che partono subito a ritmi da alta classifica, come nel caso del ristorante firmato da Gianmarco Bianchi. La somma di questi tasselli restituisce l’immagine di un sistema che non vive più solo sulla figura del cuoco e sulla cucina calda, ma distribuisce l’eccellenza lungo tutta la filiera dell’esperienza.
Marco Sacco, assolto in aula e ancora colpito in guida
Dentro questo quadro complessivamente positivo, c’è però una storia che continua a stonare: quella del Piccolo Lago di Mergozzo e del suo chef Marco Sacco. Per anni il ristorante affacciato sul lago, due stelle stabilmente cucite sulla giacca, è stato un indirizzo simbolo della cucina d’autore. Poi, nel 2021, durante un banchetto nuziale, un risotto alle vongole provoca un’intossicazione che porta una cinquantina di invitati a sentirsi male. Scatta l’indagine, si apre un processo, arriva una prima condanna per lesioni colpose e commercio di sostanze alimentari nocive nei confronti di Sacco e della moglie Raffaella Marchetti, direttrice di sala.
Nel frattempo, la Michelin interviene sul piano che le compete: le due stelle vengono tolte, il locale sparisce dall’edizione 2025. Una decisione che, letta dall’esterno, appare inevitabilmente legata alla vicenda giudiziaria nonostante i - rari - tentativi di smentita, circondati da un silenzio assordante.
Eppure, già allora, gli atti raccontano una realtà meno netta. I verbali dei Nas certificano che le procedure igienico-sanitarie del Piccolo Lago sono in regola. Le vongole incriminate arrivano dalla filiera francese, importate da una società italiana, dichiarate pronte al consumo; in cucina vengono trattate seguendo le indicazioni in etichetta, senza passaggi che ne alterino lo stato. La linea difensiva è chiara: lo chef e la direttrice di sala hanno rispettato le regole, l’origine del problema è esterna al ristorante.
La svolta arriva con la Corte d’Appello di Torino. La procura generale chiede di riformare la sentenza di primo grado, i giudici scrivono nero su bianco che «il fatto non costituisce reato». Sacco e Marchetti vengono assolti, la loro condotta professionale viene riabilitata. In termini giuridici, la vicenda si chiude qui.
Sul piano dell’immagine, però, la partita è tutt’altro che archiviata. In questi anni il ristorante ha perso visibilità, il nome di Sacco è stato associato a un caso di intossicazione che oggi la giustizia smentisce, le due stelle non sono mai tornate. E soprattutto, nella Guida Michelin 2026, il Piccolo Lago continua a non comparire: nessuna scheda, nessuna citazione, nessun rientro nella selezione, come se vent'anni di eccellenza fossero improvvisamente dimenticati.
È questo scarto, tra la sentenza di appello e la fotografia della guida, a far parlare molti operatori di una ferita ancora aperta. Che la Michelin mantenga la piena autonomia di giudizio sul valore gastronomico è fuori discussione; ma risulta più difficile ignorare la sproporzione tra il verdetto del tribunale – che assolve lo chef e ne dichiara la correttezza professionale – e la permanenza di una sorta di «ergastolo simbolico» nelle pagine della Rossa.
Il caso solleva domande che vanno oltre il singolo ristorante: come si rimette in equilibrio il rapporto tra un sistema di valutazione anonimo e potentissimo e la biografia pubblica di chi, in cucina e in sala, mette nome e faccia sui piatti? Come si rimedia a un danno d’immagine nato da un sospetto poi cancellato in aula?
Per ora, la Guida 2026 non offre risposte. E abbiamo come l'impressione che continuerà a non offrirle.
Il bilancio in breve
Totale ristoranti stellati: 394
Tre stelle: 15 (14 confermati + La Rei Natura di
Michelangelo Mammoliti)
Due stelle: 37 (con i nuovi ingressi Famiglia Rana e I
Tenerumi)
Una stella: 341 (22 nuove)
Stelle perse: 20 stelle di prima fascia tra non conferme,
chiusure, trasferimenti e un declassamento da due a una stella (Miramonti
l’Altro)
Stelle Verdi: 5 nuovi ristoranti premiati per la
sostenibilità
