Gusto

Rapelli: «La natura dell'Alpe Piora rende il nostro prosciutto unico»

Alla scoperta dei segreti del Pioradoro, affinato per 6 mesi a 2.000 metri: «Anche i grandi chef lo apprezzano: sta diventando un ambasciatore dell'eccellenza ticinese»
Quinto, 09.08.2011: il prosciutto Piora della Rapelli SA sta maturando in una vecchia stalla sull'Alpe di Piora. © Rapelli SA Stabio / photo by Remy Steinegger - www.steineggerpix.com
Mattia Sacchi
10.12.2023 21:00

Da circa 15 anni un prosciutto ticinese sta cercando di raccontare, attraverso i suoi sapori, un territorio. Era il 2008 infatti quando Rapelli ha cominciato a ragionare e fare i primi test sull’affinamento in Alpe Piora del suo prosciutto crudo Pioradoro. «Conoscevamo la regione e le caratteristiche inconfondibili del suo formaggio d’Alpe – racconta Fabio Scartezzini, direttore marketing di Rapelli -, ci siamo quindi chiesti se fosse possibile replicarle per i nostri prodotti, in particolare il prosciutto, che ritenevamo il salume più adatto a cogliere le sfumature questo tipo di affinamento a 2.000 metri. Ma arrivare al risultato voluto è stato tutt’altro che immediato: per ogni prova, tra i tempi di stagionatura e il dover aspettare il periodo giusto per portare i prosciutti in Alpe, abbiamo dovuto aspettare mesi. Ci sono voluti anni prima di mettere il Pioradoro in commercio».

Verrebbe da chiedersi se valesse davvero la pena fare tutto questo lavoro per quello che, da fuori, può essere visto come un semplice esercizio di stile. «La nostra azienda ha un forte legame con il territorio, che volevamo rafforzare e raccontare con un prodotto unico. Come unica è l’aria dell’Alpe Piora, che ha una varietà di piante davvero difficili da trovare altrove alle stesse altitudini e che, tra la primavera e l’estate, sprigionano profumi che conferiscono al Pioradoro nei suoi ultimi 6 mesi di affinamento, i più decisivi per un prosciutto, delle sfumature di gusto incredibili. Non sono quindi solo suggestioni, ma caratteristiche fondamentali in grado di esaltare la morbidezza, la dolcezza e la raffinata nota di nocciola del nostro crudo».

Il duro lavoro ha quindi permesso di raccogliere i suoi frutti. «È un prodotto che ha avuto un ottimo riscontro da parte dei ticinesi, ma anche dei turisti in cerca di qualche specialità locale, sin da quando siamo partiti – commenta con orgoglio il direttore marketing dell’azienda di Stabio -. Lo vendiamo sia nella grande distribuzione che nella ristorazione: a questo proposito ci fa molto piacere che rinomati chef ticinesi lo usino regolarmente nelle loro cucine. Peraltro proprio qualche settimana fa abbiamo concluso l’edizione 2023 della rassegna del Prosciutto crudo in Alpe Piora, evento in collaborazione con GastroTicino e Ticino a Tavola dove i ristoratori interpretano i gusti del Pioradoro nelle loro creazioni. Una manifestazione in costante evoluzione, sia di pubblico che di ristoratori, che sono ormai quasi una sessantina».

Visto il crescente successo del Pioradoro, perché non aumentare i quantitativi, magari producendolo tutto l’anno e non solo tra aprile e ottobre? «Oltre alle difficoltà logistiche nel portare migliaia di cosce nelle cantine dell’Alpe a stagionare durante i mesi invernali, c’è anche da considerare che la neve copre tutta la vegetazione, con l’aria che perde quindi le caratteristiche che noi vogliamo ritrovare nel prosciutto. L’inverno non è quindi un’opzione. Però stiamo lavorando, grazie alla splendida collaborazione che abbiamo con la corporazione Boggesi di Piora i quali hanno la gestione dell’Alpe, per trovare ulteriori cantine e quindi aumentare i volumi di stagionatura». Si cerca di crescere quindi, ma in modo armonico e naturale. Un po’ come lo spirito del Pioradoro. «In effetti difficile trovare una lista ingredienti più corta: carne, sale e… aria – sorride Scartezzini -. Non usiamo nessun additivo e conservante: dopo le fasi di massaggio a mano, salatura e asciugatura, che realizziamo artigianalmente a Stabio, lasciamo che sia la natura dell’Alpe Piora a fare il resto nella fase di affinamento. L’unico intervento dell’uomo, se così si può dire, è quello dei nostri stagionatori che si limitano a controllare a intervalli regolari che l’aria giri correttamente nelle cantine».

«Per noi il Pioradoro non è solo un’eccellenza di Rapelli, ma di tutto il Ticino – conclude Scartezzini. Siamo fieri quando vediamo che è apprezzato oltre Gottardo, come un ambasciatore del nostro territorio e della nostra cultura. Per questo ci impegneremo per farlo conoscere sempre di più, trasmettendo tutta la passione che mettiamo in un lavoro che racconta l’indissolubile connubio tra l’uomo e la natura».

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