La proposta

Un’unione singolare Moscato e acciuga

Sulle orme di un’antica tradizione dei contadini nell’astigiano. Andavano a lavorare nei campi con appresso una bottiglia di Asti spumante
Sfatare un mito: il Moscato, o l’Asti Dolce, non è soltanto un vino da consumare esclusivamente durante le feste
Tarcisio Bullo
Tarcisio Bullo
18.12.2019 22:00

Vino dolce da bere unicamente come accompagnamento ai dolci? Beh, provate un Moscato vecchio di quattro o cinque anni (altro mito da sfatare: chi l’ha detto che il Moscato non possa invecchiare qualche anno?) con una fetta di pane imburrata sulla quale avrete disposto due acciughe salate e scoprirete un abbinamento meraviglioso da offrire come aperitivo. Non si tratta di un’eresia: i vecchi contadini dell’astigiano quando andavano a lavorare nei campi si portavano appresso una bottiglia di Moscato o di Asti spumante che bevevano durante le pause del lavoro, accompagnando pane e salame oppure le acciughe, che in Piemonte vanno tanto di moda (la bagna cauda, le acciughe al verde, con olio e prezzemolo). Da queste parti vogliono sfatare un mito: che il Moscato, o l’Asti Dolce, sia un vino da consumare soltanto durante le feste.

«Se penso alle imminenti festività è chiaro che il nostro vino sarà una delle bollicine ideali per poter brindare con i nostri cari, ma di sicuro non stiamo più parlando di uno spumante da bere soltanto durante le feste e nemmeno un vino da consumare soltanto alla fine del pasto. La nostra produzione ha ampliato negli ultimi anni la sua gamma lavorando sul residuo zuccherino e oggi abbiamo degli Asti che possono essere demi-sec, extra dry o secchi, mentre il prossimo anno potremo commercializzare anche una versione extra brut» afferma Stefano Riccagno, vice presidente del Consorzio per la Tutela dell’Asti. Questa virata verso i vini secchi non rappresenta un tradimento della tradizione, ma un’innovazione necessaria per stare al passo coi tempi. «I gusti dei consumatori stanno cambiando e le preferenze abbracciano la versione delle bollicine secche, ma sarebbe un peccato rinnegare le proprie origini. Noi non abbiamo la volontà di sostituire il dolce col secco, ma di offrire un’alternativa» dice da parte sua il presidente del Consorzio Romano Dogliotti.

La produzione di Asti secco per intanto è limitata a 2 milioni di bottiglie su un totale di 90 milioni, ma l’esperimento non convince tutti. Paolo Coppo, discendente di una famiglia che gestisce un’importante cantina a Canelli, è convinto che la novità introdotta sul mercato finirà per danneggiare l’immagine dell’Asti. Intanto noi sorseggiamo un Asti spumante dimenticato da una decina d’anni: ha quasi totalmente perso la sua effervescenza, ma ha mantenuto un aspetto aromatico avvolgente, garbato, con sentori di pesca e albicocca. Altro che dolce: accostato a un formaggio sarebbe perfetto.