L’evento

Il giorno della birra

L’Associazione svizzera delle birrerie dedica il 24 aprile alla bionda bevanda autoctona − Un’occasione per brindare con un prodotto simbolo di tradizione e convivialità
© Kyryll Ushakov / Unsplash
Arturo RivaeRed. Extrasette
24.04.2020 06:00

Nessun dubbio: mai come oggi abbiamo bisogno di più birra. Da un rapido giro di telefonate da nord a sud del cantone, infatti, abbiamo ricavato l’idea – approssimativa, per carità – che nelle ultime settimane a farla da padrone sulle tavole ticinesi siano stati vino e superalcolici. Urge compensare.
La faccenda è spiegabile a livello di abitudini – è più consueto creare scorte in cantina di vino piuttosto che di birra – ma anche psicologicamente: in tempi di paure ancestrali, di «nemici invisibili», di pandemie che riportano difilato la mente al Paleolitico, quando intorno al debole essere umano tutto parlava la lingua dell’inimicizia o veniva guardato quantomeno con sospetto (persino un luminoso ruscello d’alta montagna o un cespuglio di lamponi), ecco che il vino e gli alcolici forti agiscono sull’animo in modo uguale e contrario. In questo senso: a fronte di un forte pericolo, essi danno forte sollievo. Il vino, poi, ha in sé delle maliose cupezze dionisiache che ben si associano ai periodi di insicurezza interiore, di sconvolgimento della quotidianità e persino di anarchia (per ulteriori suggestioni: Avvicinamenti. Droghe ed ebbrezza di Ernst Jünger).

© Jon Tyson  / Unsplash
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La birra, invece... La birra è la birreria. È lo Stammtisch, il tavolo di gruppo. È il Biergarten. È la calda estate lungo i fiumi e sulle sponde dei laghi. È il barbecue. È spensieratezza. La birra è anche e soprattutto una piacevole e lunga conversazione sotto le volte del Toro nero a Loreta (Praga) o dell’Augustiner Bräustübl a Salisburgo o del birrificio del monastero di Andechs, tra il lago Starnberg e il lago Ammer, e sotto le volte di chissà quanti altri gioviali ritrovi che ciascuno di noi può ricordare in giro per l’Europa orientale, fino al Mar Nero.
Sì, la birra richiede un tempo non guerreggiante, dialogico, e figuriamoci quanto può sopportare, senza perdere la sua freschezza, una pandemia in corso. Essa non va sorseggiata, come accade per il vino: la birra – che infatti viene servita in obesi boccali e non in anoressici calici – va scolata. Si ammetterà: è ben diverso.

Gli amanti della birra sono invitati a stapparne una alle 20.00 precise del 24 aprile, uscire sul balcone o affacciarsi alla finestra e gridare felici: «SALUTE!», «PROST!», «SANTÉ»

E allora scoliamo. Oggi, infatti, è la Giornata della birra svizzera. Lo ha comunicato, per nulla frenata dalla COVID-19, l’Associazione svizzera delle birrerie: il 24 aprile, piova o non piova, virus o non virus, la Svizzera celebrerà le sue birre autoctone, la diversità dei suoi stili brassicoli e, non da ultimo, l’apertura ufficiale della stagione della birra 2020, che tutti speriamo dissetante e per la borsa e per lo spirito. In primis, poche chiacchiere ma un gesto: l’associazione chiede a tutti gli amanti della birra di stapparne una alle ore 20.00 precise del 24 aprile, di uscire sul balcone o affacciarsi alla finestra e gridare felici: «SALUTE!», «PROST!», «SANTÉ» a seconda che si appartenga alla regione linguistica di Francesco Chiesa, di Robert Walser o di Ramuz. E siamo d’accordo. Chi scrive lo farà, anche perché gli altri eventi in programma – che prevedevano tavolate e salsicce a volontà, personalmente con la cangiante senape della Sassonia – sono stati annullati.

© Unsplash
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Per tal triste motivo, al pari di altri settori, anche l’Associazione svizzera delle birrerie e le fabbriche che essa rappresenta si son buttate sul digitale, il che, parlando di birra, e se si vuole d’ogni altra cosa, può apparire un filo malinconico. Ma non è così. Il divertimento sa essere elastico. Un imagefilm definito come un «omaggio emotivo» al mondo della birra svizzera verrà diffuso su più canali, sono stati organizzati concorsi e promossi brindisi virtuali collettivi (tutte le info su tagdesbieres.ch) ed è stato predisposto, immancabile, un hashtag da utilizzare per postare le proprie foto sui social media: #tdsb2020.
Tra parentesi, consiglio non richiesto, la birra è cristallina ma anche un po’ selvaggia, evitiamo dunque immagini artificiose o «lisciate» à la Vogue e lasciamoci andare almeno per una serata, sempre nell’ottica di un superbo «scolare», a selfies più ruvidi e indipendenti. Come afferma infatti un antico proverbio egiziano, la bocca dell’uomo perfettamente felice è piena di birra.

© Adam Wilson  / Unsplash
© Adam Wilson / Unsplash

Che cosa bere...
Già nel Medioevo il monastero di San Gallo possedeva tutta l’attrezzatura per la fabbricazione della birra, suddivisa in locali specializzati per tipologia. Al di qua delle Alpi, v’era pochissimo. Oggi è diverso: in Svizzera vi sono circa 660 birrifici di tutte le dimensioni, di cui 250-300 microbirrifici. Di questi, 10-15 sono in Ticino e offrono birre artigianali succulente, sovente troppo pastose ma sempre evocative. Andiamo a memoria: Rud Bir di Gordola, Birra Bozz di Gerra Piano, Terra Matta della Val di Muggio, No Land di Melano, Momò di Balerna, Officina della birra di Bioggio, Sottobisio a Balerna e Birra Schmid a Biasca. È vero, però, che siamo in tempi di COVID-19 e approvvigionarsi della loro produzione può essere difficile. La grande distribuzione, dal canto suo, offre le classiche, scolabilissime Feldschlösschen, Cardinal, Calanda, Eichof. Altri birrifici dell’Associazione svizzera delle birrerie (fondata il 19 aprile 1877), ad esempio il Birrificio San Martino di Stabio, si trovano sul sito www.biere.swiss.

...e leggendo quali libri
La birra, al contrario del vino, richiede quantità. Per tale ragione è consono gustarla, quando non si hanno amici intorno, leggendo romanzi fluviali. Tra questi, imperdibile per chiunque si sia recato sul posto a gustare la miglior birra al mondo, cioè la ceca, Le vicende del bravo soldato Švejk di Jaroslav Hašek, capolavoro picaresco colmo di simpatia ed empatia umana. Alternative: lo spassoso e geniale Gargantua e Pantagruel di Rabelais, l’Ulysses di Joyce (meglio ancora il Finnegans Wake) oppure Horcynus Orca di Stefano D’Arrigo.