Gusto

Il sake come racconto di purezza: Jumpei Sato incontra Felix Lo Basso a Lugano

Un Omakase inedito mette a confronto la cucina d’autore italiana e la ricerca estrema della brewery Tatenokawa, prima in Giappone a produrre solo Junmai Daiginjo
Red. Online
24.09.2025 18:16

Non è solo una cena, ma il punto di contatto tra due geografie e due filosofie. A Sorengo, venerdì 3 ottobre, il ristorante di Felix Lo Basso diventa il luogo in cui la tradizione del sake giapponese incontra l’innovazione gastronomica italiana. Protagonista è Jumpei Sato, sesta generazione alla guida di Tatenokawa, brewery di Yamagata che da quasi due secoli persegue un’idea di purezza assoluta. In stile Omakase, con pochi posti e un dialogo diretto con il produttore, la serata sarà un racconto sulla trasformazione del riso in una bevanda capace di unire terroir e ricerca.

Un’idea radicale di eleganza

Fondata nel 1832 e nominata in onore di un antico signore locale, Tatenokawa è oggi una delle realtà più innovative della prefettura di Yamagata. Nel 2008, sotto la guida di Sato, è stata la prima a scegliere una strada radicale: produrre soltanto Junmai Daiginjo, la categoria più alta del sake, in cui i chicchi di riso sono raffinati fino a restare quasi solo cuore amidaceo. Una filosofia che mette al centro il terroir, la precisione tecnica e l’armonia aromatica.

La ricerca ha portato a risultati estremi, come il Komyo, realizzato con riso sbramato fino all’1%: una sfida tecnica quasi impossibile, diventata simbolo della dedizione della brewery a una purezza cristallina. Accanto all’innovazione, Tatenokawa continua a puntare sul riso coltivato localmente, per legare la propria identità al territorio di Yamagata.

L’eco del sake in Europa

Il dialogo con la cucina di Lo Basso si inserisce in un fenomeno più ampio: la diffusione del sake in Europa e in Svizzera. Un tempo relegato all’immagine del calice caldo a fine pasto, oggi la bevanda giapponese è rivalutata come eccellenza gastronomica, servita fredda e trattata con la stessa attenzione di un vino.

La sua versatilità sorprende: sake secchi e lineari si abbinano a pesci e crostacei, quelli più complessi accompagnano carni, formaggi stagionati o dessert al cioccolato. C’è persino spazio per versioni frizzanti, che abbassano la gradazione e si prestano a un aperitivo. Una trasformazione culturale che lo rende un ponte tra mondi diversi, capace di parlare tanto alla tradizione giapponese quanto alla curiosità europea.

Un incontro che va oltre la tavola

La scelta dello stile Omakase non è un dettaglio formale. Significa affidarsi a un percorso in cui non conta solo ciò che si beve o si mangia, ma la relazione con chi guida l’esperienza. In questo caso, con lo stesso Sato, che accompagnerà i presenti in un itinerario fatto di gesti tecnici e visione filosofica.

In fondo, la forza di appuntamenti come questo non sta nell’esclusività dei posti limitati, ma nel loro valore di confronto: tra la cucina d’autore e la tradizione più antica del Giappone, tra innovazione e memoria, tra due modi diversi ma complementari di raccontare la purezza.

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