Sport motorizzati

La Svizzera torna in pista? Berna apre uno spiraglio

Dal tremendo botto di Le Mans sono passati ormai 67 anni, eppure il divieto tutto elvetico di gareggiare in pista permane...
Formula E Due gli e-prix già svoltisi in Svizzera: nella foto quello di Zurigo del 2018. ©Keystone
Michele Castiglioni
21.04.2022 10:01

Era l’undici giugno 1955 e in quel di Le Mans si stava correndo l’omonima celebre gara sulle 24 ore, quando per una serie di manovre scatenate dall’improvvisa uscita verso i box di Mike Hawthorn, la Mercedes-Benz 300 SLR condotta da Pierre Lavegh piomba ad alta velocità sulla barriera divisoria tra pista e pubblico incendiandosi e frammentandosi. Le parti dell’auto volano sugli spettatori in traiettorie impazzite e mietono vittime. Il computo finale sarà di ben 83 morti e 120 feriti. La peggiore tragedia nella storia dell’automobilismo sportivo. Sull’onda della commozione e del timore che eventi di quel tipo si ripetessero – viste anche le condizioni di scarsissima sicurezza all’epoca presenti, vennero prese due importanti decisioni: Mercedes si ritirò alla fine di quella stagione e non partecipò più al campionato di Formula 1 fino al 1987 e la Svizzera decise, a furor di popolo, di rinunciare a qualsiasi competizione motoristica sul proprio territorio. Come conseguenza, nel nostro Paese non esistono strutture volte alle competizioni (leggasi circuiti) e all’allenamento per gli sport motoristici in pista, né si sono svolte competizioni negli ultimi 67 anni.

Le eccezioni 
Naturalmente ci sono alcune eccezioni alla regola che consistono principalmente di cronoscalate (o «Bergrennen», «Cours de côte» nei Cantoni dove vengono effettivamente organizzate), di rally e di rievocazioni storiche. Di queste eccezioni in Ticino conosciamo bene soprattutto le ultime due: da una parte per la questione «rally del Ticino» con il suo seguito di polemiche che hanno sempre tenuto banco a livello mediatico tra detrattori a vario titolo e i numerosi sostenitori appassionati e, dall’altra, le importanti rievocazioni storiche come ad esempio la Chiasso-Pedrinate, dedicata alle due ruote, o la Mille Miglia (che quest’anno passerà da Lugano) per le auto. Queste ultime in particolare riuniscono cultori e pubblico in buon numero poiché si tratta di occasioni per vedere su strada mezzi d’epoca altrimenti raramente visibili, ma sono più che altro gare dove l’importante è partecipare e non necessariamente «fare il tempo»; spesso, infatti, si tratta di gare di regolarità. Le cronoscalate, invece, rappresentano un mondo a sé, con un vero e proprio campionato svizzero che si svolge tra giugno e settembre e quest’anno prevede otto appuntamenti tutti a nord delle Alpi, distribuiti tra Cantoni francofoni e germanofoni. Si tratta di una specialità spettacolare per le tipologie di vetture coinvolte, ma si tratta pur sempre semplicemente di un breve tratto di strada cantonale da percorrere in tempi spesso inferiori al minuto. Niente di paragonabile ad un circuito o anche alle celebri gare su strada del Regno Unito.

La Formula E
La prima importante modifica alla legge federale che impedisce le gare in circuito in Svizzera è arrivata nel 2015, con l’apertura alla possibilità di organizzare delle gare per veicoli elettrici. Possibilità concretizzatasi poi nel 2018 e 2019 con gli e-prix svoltisi rispettivamente a Zurigo e a Berna (e qualcuno ricorderà la proposta di realizzarne uno anche a Lugano, poi naufragata). Sfruttando quindi la sempre più attuale attenzione alla mobilità alternativa quale naturale sostituta all’utilizzo dei carburanti fossili è dunque stato mosso un primo passo verso la riconciliazione elvetica con le gare in pista.

Uno scenario in evoluzione
Ma la situazione legislativa sopra descritta negli anni ha perso in gran parte la sua ragion d’essere, visti soprattutto i grandi progressi in termini di sicurezza attiva e passiva sia delle strutture moderne, sia dei mezzi impiegati e che oggi risulta essere perlopiù un rimpianto per gli appassionati - spettatori o praticanti che siano - e un fastidioso ostacolo per chi vuole allenarsi per praticare a livello professionistico. A proposito proprio di questo ultimo punto: si tratta di una questione solo apparentemente marginale, poiché la possibilità di allenarsi - come in tutti gli sport - è fondamentale: «Quando corri in moto e vuoi far parte del professionismo» ci racconta Marco Colandrea, pilota ticinese con trascorsi nel Mondiale 125 e Moto2 «all’inizio, finché sei bambino o adolescente, è per forza la famiglia che deve farsi carico dei tuoi spostamenti. E dover andare sempre all’estero non facilita le cose. Io, per esempio, mi allenavo sempre in Italia, per comodità. Ma sicuramente avrei voluto avere la possibilità di allenarmi di più». Si tratta di un problema comune a chiunque voglia arrivare ad alti livelli. «So che anche Thomas Luthi o Dominique Aegerter sono sempre andati all’estero per allenarsi, con tutte le scomodità del caso. E sono molti i piloti che hanno traslocato andando ad abitare direttamente all’estero per questo motivo, spesso andando a vivere in Italia o Spagna, dove le strutture abbondano. D’altronde è normale: come per qualsiasi sport, più ti alleni e più i risultati arrivano». Negli ultimi anni numerosi sono stati i tentativi di inserire nell’agenda politica federale una revisione della legge attuale, mettendo l’accento sui molti vantaggi che la presenza di uno (o più) circuiti porterebbe a livello sportivo, turistico e di prevenzione stradale. Si, perché avere una struttura dedicata alla velocità, un circuito moderno, con condizioni di sicurezza ottimali, non rappresenterebbe soltanto un’opportunità professionale per chi con il volante o il manubrio ci lavora, ma sarebbe anche un’importante occasione per lavorare sulla prevenzione di infortuni o incidenti, simulando in corsi ed eventi situazioni che normalmente per strada rappresentano situazioni di pericolo, abituando i partecipanti alle sensazioni della velocità e delle manovre repentine. Incrementando così la loro sicurezza alla guida e la loro capacità di controllo del mezzo. Inoltre, darebbe occasione ai molti appassionati di «sfogarsi» in un ambiente consono e sicuro, invece che per strada e, da non sottovalutare, si tratterebbe di una struttura utile anche alle pratiche degli uffici della circolazione per test e omologazioni e alle aziende che fanno ricerca sulla mobilità (per esempio per soluzioni legate alla propulsione alternativa).

Punto di svolta?
Oggi pare che effettivamente qualcosa si stia muovendo: all’inizio dello scorso mese di marzo, il Consiglio nazionale ha stabilito di «voler di nuovo consentire le gare automobilistiche in Svizzera su circuito». Il comunicato ufficiale riporta testualmente «con un occhio di riguardo per gli automobilisti e gli appassionati di motori, il plenum ha (…) stabilito di voler consentire di nuovo, previo permesso del Cantone e non della Confederazione, le gare su circuito alla presenza di spettatori. (…) Più che a gare con motori a scoppio, la misura dovrebbe permettere le competizioni con veicoli elettrici.» Con l’ultima parte che riprende il discorso già intrapreso prima della pandemia relativo, ad esempio, alla Formula E (vedi paragrafo precedente), siamo di fronte ad una potenziale nuova era per l’automobilismo e il motociclismo sportivo in Svizzera. Certo, la modifica alla legge passata in Consiglio nazionale adesso dovrà essere trattata dagli Stati ma si aprono delle possibilità concrete, dopo più di 60 anni.