L’abito fa il monaco? In un certo senso, sì

Quando si incontra qualcuno, la prima impressione è fondamentale. Nonostante si dica che «l’abito non fa il monaco», il look è un vero e proprio biglietto da visita: chiunque, spesso inconsapevolmente, basa la conoscenza di un nuovo interlocutore su elementi che – ancora prima del modo di parlare o del linguaggio non verbale – dipendono dall’aspetto, e in particolare dal modo in cui è vestito.
Dato che – citando Oscar Wilde – «Non c’è una seconda occasione per fare una buona prima impressione», è molto importante ricordarsi che un abbigliamento curato non è solo questione di moda: gli indumenti influenzano la percezione che gli altri hanno di noi e le informazioni che ne ricavano vengono raccolte ed elaborate nel tempo di un decimo di secondo (quello, cioè, di un battito di ciglia).
La prima impressione non è mai oggettiva – perché sempre condizionata da schemi mentali, ricordi, aspettative, esperienze – ma può essere controllata in alcuni suoi fattori. Le scienze indagano da tempo questa modalità di socializzazione umana, e sono molti i professionisti (manager, professori, responsabili delle risorse umane) che hanno imparato a osservare alcuni dettagli con occhio clinico – considerando il linguaggio del corpo, dal sorriso alla stretta di mano – finendo per focalizzarsi poi sul look dell’interlocutore.
Meglio quindi evitare di dare un’impressione sbagliata e fare irrimediabili errori di stile. L’abbigliamento deve essere consono alle situazioni, non per forza «alla moda» ma valorizzante. L’obiettivo è presentare al mondo il meglio di sé: è preferibile avere uno stile personale basato sui propri colori e fisicità che indossare capi e accessori firmati; per quanto ostentare questi ultimi potrebbe far apparire come una persona di status elevato, è più facile ottenrere l’effetto contrario. Il vero segreto è indossare abiti che ci facciano sentire a proprio agio.
A ciò si lega un altro aspetto da considerare, e cioè che il vestiario racconta indirettamente le proprie abitudini. Ecco perché molte fashion stylist amano il motto «Dress like you’re going somewhere better later» (ovvero, vestiti come se dopo dovessi andare in un posto migliore): se si desidera fare colpo su un determinato target di persone, gli abiti sono un mezzo importante e non devono far trasparire troppo ciò che si farà durante la giornata.
Ma c’è di più: così come il modo di vestire di una persona influenza inevitabilmente la percezione degli altri, allo stesso modo ciò che si indossa definisce il proprio stato d’animo. L’abbigliamento può così diventare uno strumento per sentirsi più sicuri e determinati, e, un po’ come il costume di scena per un attore, aiuta a calarsi nella parte. Uno dei più immediati sistemi per sentirsi meglio «dentro», è quindi quello di avere un bel look «fuori»: per una rapida iniezione di autostima possono bastare una camicia inamidata, un bel nodo alla cravatta e una giacca ben tagliata.
Spesso si tende a fare l’esatto contrario: se si è tristi si usano vestiti e colori che non donano particolarmente, se ci si sente felici si sceglie un outfit che esalti i propri punti di forza. Se però ci si fa caso, vestirsi con cura è un modo per sentirsi bene senza nemmeno accorgersene. Ecco perché si dice che per innalzare l’autostima e credere di più in sé stessi, basta indossare scarpe con il tacco e rossetto rosso: se ci si sente attraenti, si sta meglio e si è più disinvolti con gli altri. E ciò può influenzare in positivo qualsiasi performance.