Le auto che hanno fatto la storia

Mini De Tomaso, un concentrato di grinta

Tanto dinamismo racchiuso in pochi metri: il modello nacque a metà degli anni Settanta ed ebbe successo sino al 1990
29.07.2022 09:00

L’Innocenti Mini De Tomaso è una delle meno note – ma non per questo non meritevole di attenzione – utilitarie “dopate° che hanno dato vita a una nicchia di mercato che funziona ancora adesso (come confermano modelli quali la Volkswagen Up! GTI) e caratterizzata da tanto dinamismo concentrato in pochi metri. Vero è che, a seconda dei punti di vista, le antesignane possono essere considerate le Fiat 500 e 600 elaborate da Abarth oppure dei modelli iconici come Autobianchi A112 Abarth, NSU Prinz TT o Mini Cooper, ma tra gli anni Settanta e Ottanta fu davvero un “fiorire” di questi modelli e tra i più celebri restano nell’immaginario collettivo modelli come Fiat Uno Turbo, Peugeot 205 GTI, Renault 5 GT Turbo, VW Polo G40 e molte altre ancora.

Dal canto suo, la Mini De Tomaso nacque a metà anni Settanta grazie alla lungimiranza di un ex pilota argentino “trapiantato” in Italia come industriale, Alejandro De Tomaso. Fu lui a dare vita a questo progetto acuto dopo aver acquisito nel ’76 il controllo dell’Innocenti di Lambrate, in provincia di Milano. L’Innocenti assemblava da tempo le Mini “originali” della British Leyland per il mercato italiano (e qualche esemplare pure per l’estero). De Tomaso pensò di cambiare l’involucro delle Mini britanniche con una carrozzeria più moderna e al passo con i tempi, mantenendo la base che arrivava dal Regno Unito.

Per creare il citato involucro fu chiamato un vero mito del design italiano come Nuccio Bertone, che affidò il compito a un’altra icona del settore: Marcello Gandini. Il risultato sarà fondamentale per la riuscita dell’iniziativa. Le forme squadrate delle nuove utilitarie milanesi (proposte come Mini 90 e 120 mosse da motori di circa 0,9 e 1,2 litri e, in versione De Tomaso, più grintosa) garantì loro un iniziale, eccellente successo commerciale, con la piccola sportiva che minaccia appunto il “regno” di A112 Abarth, Mini Cooper e di qualche altra citycar incattivita. Il suo propulsore da 77 CV le consente di raggiungere prestazioni decisamente elevate nel caso di un’utilitaria, visto che toccava i 160 km/h sfruttando a fondo il 4 cilindri di 1'275 cc mediante un cambio a 4 rapporti; Ben incollata a terra, questa citycar vantava una tenuta di strada notevole per la sua categoria, anche se non era forse l’ideale per chi era a corto d’esperienza nella guida sportiva.

L’accordo siglato da De Tomaso con la Daihatsu nei primi anni ’80 mandò in pensione le vetture con meccanica britannica. Per la rinnovata Mini italiana più sportiva arrivò un moderno 3 cilindri turbo giapponese da 72 CV, che unitamente al peso piuma (circa 780 kg) consentiva alla grintosa utilitaria di restare tra i punti di riferimento in quanto a scatto, agilità e dinamismo. Anche con i motori nipponici il look restò quasi immutato e accattivante, con la verniciatura bicolore con elementi neri a contrasto, i massicci fascioni paraurti in resina, i fari fendinebbia integrati nei paraurti a cui si aggiunge una presa d’aria sul cofano. Come nel caso della prima serie, anche in quella nuova rimasero i difettucci, come l’abitabilità ridotta, la rumorosità (attenuatasi grazie al turbo IHI e le sospensioni dure che limitavano il comfort. Va detto comunque che la Mini De Tomaso fu la prima utilitaria, nel 1979, ad adottare in opzione sulla versione Special l’orologio digitale e gli alzavetri elettrici, una novità mondiale nella sua classe.

Con i motori Daihatsu sovralimentati, la vettura prese il nome di Mini Turbo De Tomaso. Il motore è di soli 993 centimetri cubici ma eroga 72 CV grazie appunto al turbo IHI, piccolo ma molto energico e che spinge l’utilitaria a 165 km/h e le fa toccare i 100 orari in poco più di 10” – un risultato di tutto rispetto ancora oggi. Il propulsore giapponese era il più piccolo motore sovralimentato al mondo, un prodotto decisamente avanzato tecnicamente e migliorò anche il grado d’affidabilità della meccanica.

La storia di questa simpatica e vivace citycar finì con l’arrivo della Fiat a capo dell’Innocenti, nel 1990, poiché a Torino si decise subito di mettere fine alla produzione della Mini italiana più grintosa. La prima serie fu prodotta in circa 3'000 unità, mentre le unità mosse dai 3 cilindri Daihatsu furono poco meno del doppio.

Innocenti Mini De Tomaso Turbo (1985)

Cilindrata: 993 cc
Potenza e coppia: 72 CV e 95,2 Nm
Accelerazione: da 0 a 100 km/h in 10,8”
Velocità massima: 165 km/h
Consumo medio: 7,4 l/100 km 
Peso: 780 kg

Dati tecnici da: Quattroruote, Tutte le auto del mondo, Milano, 1985