K70, la prima rivoluzione firmata Volkswagen

La Volkswagen ID.3, che è arrivata sulle strade svizzere in queste settimane introducendo una nuova era, quella delle auto «nate» elettriche del colosso tedesco, segue esattamente di cinquant’anni il debutto di un’altra VW storica, la K70, che esordì segnando a sua volta un nuovo capitolo nella storia della marca.
Era infatti la prima Volkswagen di serie ad adottare un motore raffreddato a liquido, la trazione anteriore e un design spigoloso, agli antipodi rispetto agli altri modelli del marchio. Il modello compatto della categoria media (di allora) fu presentato insieme alla fabbrica che fu costruita appositamente per lui. La K70 aveva del resto un telaio all’avanguardia, associato a sospensioni a ruote indipendenti, mentre l’interasse allungato le offriva un interno estremamente spazioso e contribuiva a un’eccellente guidabilità.
Oltre al notevole comfort, uno dei suoi maggiori pregi era costituito dall’elevato standard di sicurezza attiva e passiva. Adottava infatti una struttura dell’abitacolo rinforzata, zone ad assorbimento d’energia anteriori e posteriori, un carburante collocato in un punto protetto e la predisposizione per le cinture di sicurezza per tutti gli occupanti previste di serie, il che era uno standard inedito nel 1970. I tre finestrini laterali contribuivano dal canto loro a rendere molto luminoso l’abitacolo, anche a tutto vantaggio della sicurezza.
Il look inconfondibile, con linee tese e nette, fu un altro motivo alla base del buon successo di questa vettura, ancora piacevole esteticamente tuttora; la K70, berlina tre volumi, venne disegnata da Claus Luthe, il cui talento avrebbe contribuito successivamente a realizzare altri due modelli VW di grande successo nei decenni successivi come la Polo e la Golf.
In realtà questa piacevole compatta nacque come NSU, azienda che avviò il progetto nel 1966, con l’obiettivo d’inserire la K70 tra l’ammiraglia con motore Wankel, Ro80, e le utilitarie della gamma Prinz. Tuttavia, il fallimento della Casa di Neckarsulm impedì la presentazione del nuovo modello al Salone dell’auto di Ginevra 1969, inizialmente previsto anche come familiare a tre porte (variante mai entrata in produzione).
Quando la VW acquisì ciò che restava dell’NSU la K70 (K stava per “Kolben”, pistone, e la cifra 70 era legata alla denominazione NSU) fu accantonata per evitare la concorrenza interna con le 411/412, auto che però non ottennero i risultati sperati. Si ripescò dunque la berlina quattro porte ideata dall’ormai assorbita e poi azzerata marca dalla storia pluridecennale. Il concetto piacque alla clientela degli anni ’70, che poteva contare su una meccanica meno entusiasmante del resto del veicolo. Il motore di 1’605 cc erogava sul modello standard 75 CV in virtù di un carburatore monocorpo e 90 CV sulla versione S grazie a un carburatore doppio corpo. Tuttavia, i consumi erano piuttosto alti rispetto alle prestazioni non esaltanti e per questo la Volkswagen creò nel 1973 la K70 LS con cilindrata di 1’807 cc, 100 CV e caratterizzata dal frontale con i doppi fari e altri aggiornamenti.
Ma proprio dal ’73 si stava delineando l’importanza di una figura cardine per il colosso di Wolfsburg come la Passat, era in arrivo la Golf e, nel contempo, il progetto iniziava ormai a mostrare il peso degli anni. Così, nel 1974, la K70 andò in pensione dopo appena quattro anni di commercializzazione e poco più di 211’000 unità prodotte.

La scheda della Volkswagen K70 S (1970)
Cilindrata: 1'605 cc
Potenza e coppia massima: 90 CV, 134 Nm
Accelerazione: n.d.
Velocità massima: 158 km/h
Peso a vuoto: 1'050 kg