Milano in coda per Giorgio Armani, tra lacrime e lanterne

Composta e rigorosa, come sarebbe piaciuto a lui, ma anche molto commossa, Milano oggi si è messa in coda davanti all'Armani/Teatro per l'addio all'uomo simbolo del made in Italy. Tantissimi i milanesi - oltre 6.000 a fine giornata - che hanno silenziosamente atteso di accedere alla camera ardente, così come i dipendenti, in una fila dedicata.
«Pensavamo che questo giorno non sarebbe mai arrivato» ha ammesso uno di loro, interpretando il sentire di tutti. Una sensazione che si è fatta palpabile entrando nel teatro, invaso da decine e decine di mazzi di fiori bianchi con cui i dipendenti, e non solo, hanno voluto salutare re Giorgio.
Nella sala che solitamente ospita le sfilate, un ritratto dello stilista accompagnato dalla frase-epitaffio: «Il segno che spero di lasciare è fatto di impegno, rispetto e attenzione per le persone e per la realtà. È da lì che tutto comincia». Per terra, centinaia di lanterne di carta illuminate dalla luce fioca delle candele, nell'aria l'inconfondibile profumo di incenso che caratterizza ogni spazio Armani, accompagnato dalle note di Ludovico Einaudi.
Semplice la bara, sormontata da un mazzo di rose bianche, affiancata da un picchetto d'onore dei carabinieri e dal gonfalone del Comune listato a lutto. Su un tavolino, una lastra d'alabastro con un crocifisso in bassorilievo. In sala, lo storico braccio destro di Armani Leo Dell'Orco e il nipote Andrea Camerana.
Tra i primi ad arrivare alla camera ardente, che sarà aperta anche domani dalle 9 alle 18, il sindaco di Milano Beppe Sala. «Milano è piena di Armani, sarà impossibile - ha detto - dimenticarlo. Ci lascia il suo credo assoluto nel lavoro come strumento di realizzazione personale e professionale».
«Dietro un'immagine a volte fredda - ha aggiunto - era un uomo con un grandissimo calore, aveva vissuto le sue difficoltà e per questo capiva quelle degli altri». Per lui, se la famiglia lo vorrà, il sindaco propone l'iscrizione al Famedio, lo spazio al cimitero monumentale dedicato ai milanesi illustri.
Oltre a Sala, sono passati a salutare 're Giorgio' i due ex sindaci di Milano Letizia Moratti e Gabriele Albertini, il prefetto Claudio Sgaraglia e gli assessori Tommaso Sacchi e Alessia Cappello. E poi il presidente attuale di Camera Moda Carlo Capasa e l'ex Mario Boselli, gli imprenditori Gildo Zegna e Matteo Marzotto, gli attori Beppe Fiorello e Alessandro Preziosi, la cantante Alexia, moglie di Andrea Camerana.
E ancora i registi Gabriele Salvatores e Giuseppe Tornatore, gli stilisti Donatella Versace, Ennio Capasa, Alessandro Enriquez, il presidente di Triennale Stefano Boeri, la conduttrice Jo Squillo in lacrime. Ognuno con un ricordo o un pensiero. «La sua forza era sapere sempre quello che voleva - ha spiegato la signora della moda Carla Sozzani -, non si è mai lasciato influenzare da nessuno».
«Armani è nell'anima di questa città, nello stile, nell'eleganza creativa e nell'etica del lavoro. L'ho incontrato più volte e sono stati sempre momenti molto importanti per me» ha aggiunto Boeri. Anche Giovanni Malagò, presidente di Fondazione Milano Cortina, ha avuto l'occasione di incontrarlo spesso: «lo sport era un mondo che adorava, e per questo noi gli siamo eternamente riconoscenti».
Gli è riconoscente anche Donatella Versace che, commossa, ha ricordato che fu lui il primo a chiamarla dopo la morte del fratello Gianni, e le stette vicino anche per il suo debutto da direttrice creativa. Altro che persona fredda: «ogni volta che ci vedevamo, ci abbracciavamo e il ricordo più bello che ho - ha rivelato Maria Grazia Cucinotta - è di quando ho fatto la prova dell'abito da sposa, ero da sola, c'erano lui e Roberta e il suo è stato un abbraccio importante in quel momento, perché ne avevo bisogno».
Perché Giorgio Armani non era solo un esempio di stile, ma «un modello di umanità in questi tempi esagerati, litigiosi e rancorosi», come lo ha definito il regista e amico Gabriele Salvatores, trovando le parole migliori per spiegare perché ci mancherà così tanto. Perché - ha detto bene il premio Oscar - Armani non era solo il re della moda, ma «un riferimento, una stella polare che non vedi ma c'è».