Siamo consapevoli di ciò che mangiamo?

Non è certo una sconosciuta nel campo della nutrizione olistica e naturale, anzi: nota per il suo approccio dolce e positivo, Chiara Jasson è spesso ospite in televisione, radio e sui social media dove con semplicità ed entusiasmo ama divulgare questo tipo di dieta, che una dieta non è. Tuttalpiù è uno stile di vita che ci porta indietro ai tempi dei nostri antenati i quali, forse senza saperlo, ci vedevano ben più lungo di noi.
Alimentazione naturale, dunque? Iniziamo col dire che si tratta del consumo di alimenti naturali e perlopiù nostrani, con una forte componente intuitiva e rispettosa dell’unicità di ognuno di noi. Il solo conteggio di calorie, grammi e macronutrienti è acqua passata e ha lasciato il posto all’ascolto del proprio corpo. L’obiettivo è quello di ritrovare un equilibrio e limitare all’osso il consumo di cibi prodotti industrialmente, privilegiando ciò che la natura ci offre. In questo modo si può trovare un personale regime alimentare sostenibile negli anni, evitando le diete drastiche che una volta terminate rischiano di fare più male che bene.
Come è vista, in Svizzera, la nutrizione olistica?
«Come molte terapie complementari, anche l’alimentazione naturale non vuole prevaricare sugli aspetti scientifici, ma ci offre una soluzione supplementare da portare avanti in parallelo alla medicina tradizionale integrando quel pezzettino in più che forse tende a mancare nell’approccio più classico. Con la nutrizione olistica si crea una soluzione individuale che non risulta né arida né tecnica. Inoltre, quando si provano i benefici del mangiare bene e sano, ci si sente anche molto meglio e diventa proprio uno stile di vita sostenibile. Ma è un lavoro che si fa giorno dopo giorno, non esiste la bacchetta magica».
Come hai scoperto questo approccio alla nutrizione?
«15 anni fa, durante il mio dottorato di ricerca, mi sono avvicinata a questo metodo più dolce. Avevo provato su me stessa diverse diete, poi ho capito che questi pasticci dell’ultimo minuto erano poco funzionali. Ho deciso di far pace con il mio corpo decidendo di mangiare bene per prendermi cura di me stessa, senza focalizzarmi sulla restrizione calorica. Ho iniziato a studiare frequentando vari corsi, anche al Politecnico di Zurigo, e ogni anno cerco di aggiornarmi».


Il cibo è la nostra più grande medicina: sì, no, forse?
«La statistica dice che le malattie croniche non trasmissibili sono responsabili per il 71% delle morti ogni anno, e sono correlate a 4 fattori di rischio: fumo, inattività fisica, consumo di alcolici e diete malsane. Diabete, cardiopatie e diversi tipi di tumori sono indubbiamente collegati con quello che mangiamo. Purtroppo, quando le patologie si cronicizzano diventa difficile curarle solo attraverso il cibo, però con il cibo si può fare davvero tanta prevenzione. Il momento del pasto deve essere un piacere ma anche un’opportunità per farci del bene».
Come si può iniziare a mangiare meglio?
«Mangiar sano può essere visto come una scala: perfezionismo massimo a 10, anarchia totale a 0. Si tratta di fare piccoli passi avanti, e se investiamo un po’ di tempo nella preparazione anticipata dei pasti (soprattutto di alcune pietanze come verdure e cereali integrali) possiamo creare dei piatti equilibrati con infinite combinazioni. Un equilibrio fatto di verdure al 50%, 25% di carboidrati (preferibilmente integrali e in chicco) ed un 25% di proteina vegetale o animale. Il perfezionismo eccessivo, soprattutto all’inizio, può essere pericoloso: meglio iniziare con piccoli cambiamenti che diventino sostenibili».

C’è consapevolezza di ciò che mangiamo?
«Le abitudini stanno cambiando e c’è più attenzione, ma purtroppo per molte persone la nutrizione è ancora qualcosa di sconosciuto dunque bisogna lavorare sulla diffusione del messaggio. Devo dire che i social media stanno aiutando molto a far capire che una dieta sana non è affatto triste, blanda e scondita, anzi».
Come è cambiata l’idea di «alimentazione corretta» da cinquant’anni a questa parte?
«Negli anni ’70-’90 si è dato tanto la caccia ai grassi, che venivano demonizzati e si spingeva piuttosto a mangiare carboidrati, così il consumo di prodotti industriali raffinati con tanto zucchero è aumentato e questo ha portato ad un incremento di patologie croniche tra cui diabete e obesità. Un vero flop per la salute pubblica. La ricerca però è andata avanti, e la piramide alimentare è stata rivista: i grassi buoni (come l’avocado, l’olio extra vergine, la frutta secca oleosa, l’olio di cocco) sono tornati alla ribalta, ed ora abbiamo un consumo di grassi superiore rispetto ad 1-2 decenni fa. Siamo più attenti alla zucchero perché sappiamo che ha effetto sul microbiota intestinale ed ha impatto sull’Alzheimer, sulla demenza senile e sul colesterolo».
Dunque i grassi facevano paura, ora invece sono delle rockstar...
«Esatto, si è capito che sono importantissimi per tutti i processi metabolici, per sintetizzare ormoni e contribuiscono a dare una maggiore sazietà nel pasto. Si chiamano infatti acidi grassi essenziali ed è utile fare una distinzione tra i buoni ed i cattivi».

E le proteine: non staremo esagerando con tutti i nuovi cibi proteici che l’industria ci propone?
«Infatti spesso si esagera, ma è un’ossessione della nostra società attuale. Sono un macronutriente fondamentale, però anche qui l’apporto va calibrato in modo corretto. Il fabbisogno medio è 0.8 grammi per chilo di peso corporeo, gli sportivi che si allenano tanto arrivano a 1.8. Per intenderci, una donna di 60 kg può avere un fabbisogno di 50 grammi di proteine al giorno, con uno yogurt greco si arriva già 20, due uova 15, dunque non è difficile raggiungere il fabbisogno proteico. Anche per i vegani, organizzandosi bene, è possibile arrivarci».
Prodotti animali come carne, pesce o latticini sono sempre più sotto ai riflettori...
«Tema controverso, tante opinioni contrastanti. Io penso che alcuni prodotti animali sia importante ridurli all’osso, perché ci sono dei dati chiari che dimostrano la correlazione tra il consumo di alcuni tipo di insaccati e carni rosse con certi tipi di tumore. Ha dunque senso limitarli, ma se mi invitano ad una grigliata e ogni tanto mangio un bratwurst non è assolutamente grave. E attenzione soprattutto alla qualità: non compriamo carne di animali cresciuti in allevamenti intensivi, anche per questioni etiche e di impatto ambientale. Privilegiamo piuttosto della carne proveniente da una vacca allevata al pascolo in montagna, con un tasso di acidi grassi omega 3 molto superiore rispetto ad un animale foraggiato con mangimi che contengono più omega 6 (tipo mais, soia, girasole e farine industriali) che risultano più infiammatori per il nostro corpo».


Quali sono le accortezze che dovremmo mettere in pratica quando scegliamo gli alimenti da acquistare?
«Puntiamo su prodotti stagionali, locali e con meno ingredienti possibili (evitiamo di comprar cose già pronte o che contengano più di 5 ingredienti ). Impariamo a leggere le etichette e fare attenzione agli zuccheri nascosti anche nei prodotti meno sospetti, tipo le salse. Acquistiamo ingredienti al loro stato naturale ed impariamo a cucinare, preparando varianti più sane».
Come è cambiata la tua vita da quando ti alimenti in maniera naturale?
«Ho riscontrato tantissimi benefici in termini di energia, la pelle e i capelli sono più belli, dormo meglio e recupero più facilmente dopo lo sport. Ma il cambiamento più importante è stato a livello emotivo: sono uscita da un modo di mangiare che era esclusivamente cerebrale, improntato sulle calorie, molto rigido e controllato. Fare pace col cibo mi ha permesso di recuperare un sacco di spazio mentale e di libertà. Non sono estremista, mi piace molto mangiare, ed apprezzo il buon vino. E non sempre riesco a nutrirmi in modo perfetto, ma ho capito che anche le imperfezioni ci restituiscono un grado di libertà importante. 80% mangiare bene, 20% sgarro: è una regola che funziona».
