Verdabbio val bene un’uscita in bici

In un mattino freddo di una tipica giornata novembrina che sembra aver anticipato le brume dell’inverno, mi ritrovo con la mia bici alla stazione di Lugano incantato nel vedere il cielo infuocato dietro il Monte Brè. All’alba le nuvole hanno incontrato magicamente i primi raggi del sole, facendo “arrossire” il cielo, e di riflesso anche tutto l’ambiente circostante. Dico “wow”, perché qui ci sta davvero e questo proprio mi accingo a caricare la bici sul treno. Oggi voglio andare in Mesolcina, per scoprire un villaggio di cui probabilmente in molti non avranno mai sentito parlare.
In effetti, chi conosce Verdabbio? Questo paese che si nasconde nelle pieghe di una Valle già di per sé discosta, non è evidente da trovare neppure su una cartina delle più ben fatte. Bisogna anzitutto mettere il dito sulla capitale, Bellinzona, e poi trascinarlo lentamente verso la Mesolcina, fino a Grono. Da lì, proprio all’uscita del paese, si vede una piccola stradina sulla sinistra: è la salitella di circa 3 km che porta a questo villaggetto e che oggi, appunto, ho intenzione di raggiungere.
Arrivato a Bellinzona lascio la stazione e mi dirigo verso Arbedo, per poi deviare a destra seguendo le indicazioni per Roveredo. La strada procede con leggeri saliscendi costeggiando il fiume Moesa che gorgoglia placido nel suo alveo, ormai prossimo al suo destino che è quello di fondersi con il grande fiume Ticino e insieme dirigersi verso il Verbano. Pochi chilometri, dunque, di riscaldamento lungo le strade cantonali ed eccomi già accanto all’imponente torre Fiorenzana di Grono che si trova proprio all’inizio della salita e la cui costruzione si è conservata in buono stato fino ai nostri giorni. La guardo per un attimo dal basso e ne resto affascinato per l’imponenza. Attacco la salita che mi appare subito abbastanza impegnativa, con pendenze costanti attorno al 10%. In un attimo si prende quota e i rumori della valle si attenuano per lasciare spazio a quelli della natura. Il profumo degli alberi è dolce e tutt’attorno risuonano i cinguettii degli uccelli. Qualche tornante ed ecco le prime case e i vigneti che annunciano l’arrivo a Verdabbio (604 m), il cui nucleo vecchio è raccolto attorno alla chiesa di San Pietro, menzionata la prima volta nel 1219. Vicino ad essa la piccola piazza e le stradine in acciottolato che si diramano nell’abitato con percorsi che odorano di mistero.
Una di queste mi porta a un simpatico Bed & Breakfast da cui, seduto sul tavolo di sasso all’esterno, osservo lo splendido panorama. Penso a come doveva essere questo luogo un tempo, come potevano vivere le persone in periodi in cui l’agricoltura e l’emigrazione erano le sole fonti di sostentamento. D’un tratto vengo sorpreso dal suono di campane che giunge dall’alto. Sono quelle di Santa Maria nella vicina Val Calanca che spuntano in cima al bosco: la loro eco si diffonde subito in tutta la valle e oltre le montagne che, come in una sfilata senza fine, digradano verso il piano con sfumature sempre meno intense.
Consigli tecnici
Si tratta di una salita facile che non richiede particolari accorgimenti o consigli, se non quello di affrontare la salita con l’atteggiamento del “viaggiatore” piuttosto che dell’”agonista”, per apprezzare il “qui e ora” e per immergersi nell’ambiente e gustare fino in fondo questa breve ma splendida ascesa.
Dati tecnici
Regione: Bellinzonese (e Moesano)
Partenza: Grono, 336 mslm
Arrivo: Verdabbio, 604 mslm
Dislivello: 268 m
Lunghezza: 2,78 km
Pendenza media: 9,6 %
Pendenza massima: 11,5%