Al passo con i tempi

Superare i propri limiti grazie alla tecnologia è una scelta quotidiana

Amata da alcuni, odiata da altri: l’innovazione non lascia indifferenti e stimola sempre più la riflessione da parte di formatori e utilizzatori.
Dante Balbo, utilizza gli strumenti informatici sia per lavoro che per hobby.
Martina Ravioli
07.03.2022 13:59

Se per qualcuno ogni progresso è una porta che si apre su di un mondo di scoperta e potenzialità, per qualcun altro si tratta dell’ennesima, difficile sfida da affrontare. Passato e futuro, potenzialità e limiti possono convivere, integrarsi e supportarsi a vicenda? Ne abbiamo parlato con diverse realtà attive sul territorio e non sono mancate le sorprese.

Vedere con le dita e non solo
Se il sistema di lettura e scrittura tattile Braille ha aiutato ciechi e ipovedenti ad interfacciarsi con la quotidianità per buona parte del XIX e XX secolo, oggi la tecnologia permette un livello superiore di autonomia. «Dei 230 utenti che seguiamo come servizio informatico solamente una decina utilizzano anche la riga Braille oltre alla normale tastiera del PC» spiega Claudio Brogli, responsabile Servizio informatica dell’Unitas - Associazione ciechi e ipovedenti della Svizzera italiana. Eh già, anche ciechi e ipovedenti usano normali strumenti informatici e non hanno bisogno necessariamente hardware appositi, poiché sono i software di lettura e sintesi vocale che permettono un uso in autonomia. «Con i nostri utenti insistiamo molto sull’importanza della scrittura a dieci dita. Una volta interiorizzata la corretta posizione delle mani e la disposizione dei tasti, il mouse diventa superfluo e la vista non più indispensabile» continua Brogli che aggiunge «se ci si pensa non è diverso dalla ‘scrittura alla cieca’ dei corsi di segretariato. Abbiamo molti utenti sopra i 60 anni d’età. L’età di per sé non è un limite, ma serve un minimo di predisposizione per la tecnologia e voglia di imparare. Se non vi è la volontà diventa difficile, ma una volta compreso come un semplice PC, una tastiera e uno scanner permettano di riconquistare l’indipendenza, ecco che tutto assume un valore inestimabile». C’è però ancora molto da fare per rendere i siti più accessibili e usabili poiché, spiega Brogli che è in Unitas dal 1996 e ha assistito a gran parte dell’evoluzione del Servizio informatica nato nel 1991, «per un cieco o un ipovedente che usa solo la tastiera, un programma di ingrandimento e la sintesi vocale, è indispensabile che il sito o l’app con cui si interfaccia siano gestibili in questo modo. La sintesi vocale, infatti, riproduce quello che c’è sullo schermo e il tabulatore permette di spostarsi tra le sezioni, ma se un sito non è ben progettato la navigazione diventa impossibile».

Dagli inizi ad oggi
I collaboratori di Unitas forniscono le postazioni informatiche, le istallano, insegnano ad usare i programmi, ma giornalmente è l’utilizzatore il principale protagonista. Lo sa bene Elio Medici, fondatore del Servizio Informatica: «Da sempre sono appassionato di tecnologia e nel 1989 ho iniziato a confrontarmi con altri colleghi, vedenti e non vedenti come me, per capire come poter integrare nel nostro quotidiano le tecnologie che stavano nascendo. Il Braille è utile, ma non è così semplice fare delle correzioni su di un testo e, soprattutto, è quasi impossibile impararlo in età avanzata. Così, comprese le potenzialità offerte dal PC - ad esempio poter stampare il medesimo testo che si vede a schermo sia tramite una normale stampante ad inchiostro che una Braille, senza doverlo riscrivere - mi sono adoperato con Unitas per gettare le basi del servizio e con gli anni ‘90 sono iniziate le lezioni di informatica. L’evoluzione della tecnologia ha fatto passi da gigante e se all’inizio l’interesse per questo mondo era circoscritto principalmente ai soci attivi professionalmente o animati da una grande curiosità personale, con il tempo - e l’introduzione di molteplici funzioni come i servizi di messaggistica, l’edicola elettronica per ascoltare i giornali, le App che riconoscono i colori e descrivono le immagini - ecco che anche soci d’età più avanzata hanno capito l’aiuto che la tecnologia può dare a noi ciechi e ipovedenti». La grande passione di Medici trapela dalle sue parole venate di ottimismo e speranza come quando ci spiega che nel giro di qualche anno anche l’autonomia negli spostamenti dovrebbe migliorare, grazie all’accresciuta accuratezza satellitare che permetterà di geolocalizzare la posizione con uno scarto di 1 metro. «La tecnologia ha molti aspetti positivi e si possono fare cose impensabili fino a qualche anno fa. Già solo con un semplice telefonino riusciamo ad avere una buona indipendenza e anche momenti di svago. C’è addirittura un’App che permette di fare le parole crociate!» sorride il nostro interlocutore che ritorna serio per lanciare un appello: «grazie all’informatica e ai nuovi mezzi, la vita dei ciechi si è semplificata, ma rimangono grossi ostacoli quando ci muoviamo. Se incrociate per strada una persona con il bastone bianco rendetevi visibili attraverso un suono così noi sappiamo che c’è qualcuno sul nostro cammino e non si creano situazioni di malinteso o di disagio». Anche Dante Balbo, socio Unitas attivo professionalmente, condivide l’entusiasmo per le potenzialità offerte dall’informatica: «uso questi strumenti poiché ne riconosco l’utilità. Non esagero quando dico che i PC hanno trasformato la vita dei ciechi. Le racconto un aneddoto: anni fa, ad un colloquio di lavoro, mi chiesero se ero bravo ad usare il PC. Io barai e dissi di sì, ma in realtà ero proprio alle prime armi. Una volta capita la versatilità di questo strumento, però, non mi sono più fermato e il database per gli incarti che mi sono creato in quel primo posto di lavoro lo uso, un po’ modificato, ancora oggi». Balbo non nasconde, però, le difficoltà che si possono incontrare nell’apprendimento: «Io con il PC faccio di tutto: ricerche in internet, posta elettronica, messaggi, salvo le tracce audio di filmati YouTube, eppure mi rendo conto che ci sarebbe molto di più. Ad esempio, credo di usare solo un 20% delle potenzialità offerte da JAWS, un software screen reader che ci permette, tramite un sintetizzatore vocale, di ascoltare quanto viene riprodotto testualmente sullo schermo». Accanto all’innovazione, Balbo continua ad usare strumenti tradizionali, come la riga Braille, poiché «fornisce una visione più precisa rispetto alla sintesi vocale. Ribadisco però che l’esperienza informatica ha offerto a ciechi e ipovedenti uno spazio di libertà che non ci saremmo mai aspettati. Sono passati poco più di 50 anni da quando i ciechi vivevano nascosti nelle case e oggi, invece, possiamo avere una vita soddisfacente da un punto di vista lavorativo e non solo. Io, ad esempio, adoro la letteratura e grazie agli audiolibri posso coltivare questa passione».

Letteratura, musica e vitalità
Gli audiolibri sono una risorsa preziosa per ciechi e ipovedenti come spiega Franca Taddei, responsabile della Biblioteca Braille e del libro parlato della Unitas: «Il lavoro dei nostri lettori volontari consiste nel registrare i libri richiesti dagli utenti. L’audiolibro viene poi convertito in un formato apposito per ciechi, chiamato daisy, e può essere richiesto su cd o su scheda SD. Il nostro catalogo è anche online e chi è in grado di utilizzare la tecnologia può facilmente scaricare i libri dal sito. In collaborazione con il servizio informatica abbiamo sviluppato un’App che permette agli utenti iscritti alla biblioteca, ad oggi circa 250 con un’età media superiore ai 75 anni, di scaricare i libri. Insomma, la tecnologia ha fatto passi da gigante e permette a ciechi e ipovedenti una grande autonomia. Il nostro servizio offre anche la lettura di riviste. Quando sono arrivata all’Unitas, una quindicina di anni fa, si registravano ancora su cassetta, oggi è tutto digitale. Le riviste vengono lette dai nostri volontari ad eccezione di un settimanale che realizziamo con la sintesi vocale e devo dire che, anche se non si tratta di una voce umana, è un servizio molto apprezzato. Quando si tratta di informazione, non è così importante che ci sia un’anima dietro chi legge, la sintesi se la cava benissimo. Ad oggi abbiamo circa 7.500 audiolibri in costante aumento». L’innovazione non spaventa, ma anzi affascina come traspare dalle parole di un istrionico utente Unitas a cui piace farsi chiamare con il nome d’arte di Emil Par. Si tratta di un vivace settantacinquenne innamorato della vita che affronta la doppia condizione di non vedente e non udente senza paura. «Senza gli apparecchi acustici non sento, ma grazie ad essi e allo streamer audio che porto al collo posso rispondere al telefono, dettare messaggi, ascoltare le mail. La tecnologia fa tanto, ma con piccoli accorgimenti potrebbe fare ancor di più. A volte non è facile trovare gli strumenti giusti. Io ho iniziato a prendere lezioni di arpa e accanto alle corde metto i gommini tattili così so dove si trova il DO e riesco ad orientarmi, ma per trovare un accordatore elettronico vocale sto facendo parecchia fatica» sospira l’arpista in erba. «Gli strumenti a disposizione sono tanti per le usuali esigenze della vita quotidiana» spiega Chantal Bravo, operatrice del servizio tiflologico, «quando interveniamo a domicilio, il nostro obiettivo primario è fare una valutazione funzionale della capacità visiva per capire quali strumenti adottare. Ci sono delle tecnologie apposite, finanziate dall’AI, e altre che, pur di uso comune, ben si adattano a persone cieche o ipovedenti. Ad esempio, gli smartphone con un buon contrasto sono ottimi strumenti. L’AI, in questo caso, non paga il dispositivo, ma finanzia la formazione che noi facciamo per permettere all’utente di avere un buon grado di autonomia». Quali sono le caratteristiche che devono avere i dispositivi? «Senza dubbio caratteri grandi, ben contrastati e leggibili per gli ipovedenti. Per i ciechi, invece, si è sviluppata tutta una gamma di prodotti ‘parlanti’, ad esempio la bilancia da cucina e gli orologi parlanti. Forse non si arriverà ad un’autonomia del 100%, ma sicuramente la strada intrapresa è quella giusta» conclude Bravo.

Imparare a stare al passo
Dalle «catene telefoniche» per garantire un contatto settimanale tra persone anziane all’uso di strumenti ben più complessi, le attività di Pro Senectute sono tante e variegate. Secondo lo studio «Digital Seniors», la quota di anziani digitalizzati è raddoppiata dal 2010: più di due terzi degli over 65 possiedono un tablet o uno smartphone e gli anziani offline, per la maggior parte persone ultraottantenni, sono in netta minoranza. «Gli anziani hanno desiderio di imparare e tramite tanti esempi pratici, calibrati sulla loro quotidianità riescono nell’intento. Ad esempio, per spiegare cos’è un account faccio riferimento al bancomat: la mail è la tessera e la password è il pin» spiega Davide Patriarca che, oltre ad essere docente di attività creative in una scuola professionale cantonale, collabora con Pro Senectute per insegnare informatica agli anziani e con Unitas per fare la formazione ad utenti ciechi e ipovedenti. «Abbiamo programmato, prima della pandemia, 14 corsi composti da 3 lezioni di 2 ore e mezza per un massimo di 8 partecipanti. Da parte degli anziani c’è un grande interesse per l’uso degli smartphone e delle App che permettono di comunicare. Per questo abbiamo creato 3 corsi dedicati ai telefonini che partono dalla base: come accendere il dispositivo, come funziona il touch screen. Abbiamo poi una serie di corsi incentrati su App e programmi gestibili sia da smartphone che tablet - ad esempio Facebook - e infine i corsi dedicati al PC. In Unitas, invece, mi dedico all’insegnamento a domicilio degli utenti rendendoli autonomi con l’uso della tastiera e i tasti di scelta rapida. L’obiettivo è permettere loro di svolgere da soli una serie di attività» racconta Patriarca che spiega la differenza tra le due attività: «Per gli utenti Unitas non si tratta di una scelta, ma di una necessità. L’AI sovvenziona la formazione fino a 35 ore nel caso di un cieco o ipovedente che deve imparare ad utilizzare il PC e lo scanner reader. Insegno anche ai bambini, a partire dalla IV elementare, poiché devono imparare a prendere appunti al PC con facilità in previsione delle scuole medie». Ma come viene percepita, in generale, la tecnologia? «Superato lo scoglio iniziale, fatto di ‘timore reverenziale’ da parte degli anziani verso strumenti nuovi, c’è grande entusiasmo. Il segreto è interfacciarsi con le persone riuscendo a comunicare secondo la loro logica. Di volta in volta, l’icona del wi-fi diventa una fetta di torta, un ventaglio o una serie di onde: l’importante è rendere concreto l’astratto. A volte gli anziani arrivano al corso sostenendo che il cellulare «l’è una baracca» e se ne vanno entusiasti avendo scoperto un nuovo mondo che permette loro di viaggiare con la mente. I «nuovi» anziani, che hanno tra i 65 e i 70 anni sono più avvezzi all’uso della tecnologia, ma faticano un po’ sulle ultime innovazioni, ad esempio il concetto di «cloud» poiché non è una cosa tangibile . In ogni caso, sia gli utenti Unitas che gli anziani di Pro Senectute tendono a vivere le sfide come un’opportunità e dimostrano una notevole elasticità e apertura mentale». Anche Laura Tarchini, responsabile Comunicazione e Marketing di Pro Senectute, sottolinea questo aspetto: «Durante la pandemia gli anziani hanno dovuto «rimboccarsi le maniche», poiché non potevano vedere i propri cari. È successo che chi possedeva un cellulare, che non aveva l’abitudine di utilizzare, si è dovuto adattare in poco tempo, scoprendone le opportunità. Il divario digitale tra le generazioni in questo particolare periodo si è ridotto».

Condividere la tradizione
I mezzi informatici e la rete non sono solo utili, e praticamente indispensabili, ma possono essere anche strumenti piacevoli per unire tradizione e innovazione e far conoscere al mondo il ricco bagaglio di sapere di chi ha qualche anno in più. È il caso di ricettedellepensionate.ch, un blog nato dalla ricca attività del Centro Diurno Ricreativo di Agno, che raccoglie decine di golose ricette custodite dalle abili mani delle signore di Agno e ora a disposizione di tutti. «L’idea originale era fare un piccolo libro con le ricette delle partecipanti al Centro Diurno, ma ben presto il progetto si è trasformato. Le nostre pensionate, una trentina di signore attorno agli 80 anni, hanno sempre seguito con interesse i corsi di digitalizzazione proposti e sono molto attive nell’uso di tablet e smartphone» ci racconta Lilly Negri, l’animatrice che segue il blog. «L’obiettivo è creare una circolarità tra le nostre iniziative. Invitando le signore a proporre e a fotografare le ricette, incentiviamo l’uso degli strumenti informatici e creiamo dimestichezza con le nuove tecnologie. Le cuoche ci mandano il materiale e noi lo carichiamo sul sito che ad oggi conta più di 5.500 utenti» prosegue entusiasta Negri che conclude: «la gran parte è ormai abituata a questo mondo, tanto da usare con facilità anche App come WhatsApp, regolare gli apparecchi acustici tramite iPhone e scambiarsi autonomamente foto e mail. Competenze che sono state fondamentali durante il confinamento, per mantenere i contatti e non perdere del tutto la dimensione sociale».