L'intervista

Da Yverdon a Dresda, un mattoncino dopo l'altro

La squadra ticinese degli Smilebots, patrocinata da ated-ICT Ticino, ha conquistato il secondo posto guadagnandosi l'accesso alla finale europea – Ne parliamo con Corrado Corsale
© ated-ICT Ticino
06.03.2023 21:30

Smilebots è una compagine ticinese con sede operativa a Massagno, sotto l'ala dell'associazione ated-ICT Ticino. La squadra, da anni, unisce il celebre gioco del Lego alla robotica, con robot sempre assemblati con i celebri mattoncini di plastica. Il gruppo è guidato da Corrado Corsale, mentor di Ated4kids, realtà ated-ICT Ticino rivolta ai più piccoli. Ne parliamo, un'altra volta, a distanza di un anno, perché gli Smilebots si sono appena aggiudicati il secondo posto al torneo regionale della First Lego League svoltosi a Yverdon-les-Bains. La prossima tappa sarà la competizione europea di Dresda in cui il supporto finanziario degli sponsor sarà fondamentale. Ne abbiamo parlato proprio con Corrado Corsale.

Come è nata l’iniziativa di Ated4Kids?
«L'iniziativa è nata nel 2018 grazie a me e Cristina Giotto. Nel 2018 ero già il coach degli Smilebots. Di concerto con Cristina, ho deciso di entrare con gli Smilebots in Ated4Kids per permettere alla squadra di fare un percorso di formazione e di crescita con altri ragazzi e per arrivare a una sorta di “vivaio di ragazzi” che potessero andare in prima squadra, appunto gli Smilebots. Infatti, con il passare del tempo, ho cercato di includere i ragazzi più appassionati alla competizione nella squadra principale».

Dato che ha parlato degli Smilebots, chi sono, da chi è composta la squadra?
«Smilebots è la squadra principale di Ated4Kids che partecipa alla competizione First Lego League. È una competizione internazionale che vede ogni anno coinvolte più di 40.000 squadre. Quest’anno abbiamo presentato tre squadre. Gli Smilebots, cinque ragazzi di età compresa tra i 13 e i 17 anni; una squadra di ragazzi più piccoli chiamata Smilebots Junior; una terza squadra di ragazzi ancora più piccoli, i Back to the Block».

C’è soddisfazione per aver raggiunto questo prestigioso obiettivo?
«Sì, c’è molta soddisfazione perché la gara è stata molto difficile. A questa finale svizzera partecipavano le 15 squadre che hanno ricevuto i miglior piazzamenti nei vari cantoni. Noi siamo arrivati al secondo posto. Ci è sfuggita la vittoria per una manciata di punti, perché nella prova finale qualcosa non è andato per il verso giusto. Sì, il primo posto ci è sfuggito per poco. Ad ogni modo, le prime quattro squadre guadagnano il diritto ad accedere alla finale europea di Dresda, quindi i ragazzi sono molto soddisfatti, ora, di avere questa possibilità. Fra l'altro, per alcuni di loro era la prima esperienza. Raggiungere un risultato così prestigioso, ovviamente, è una grande soddisfazione. Erano molto contenti, l'obiettivo era raggiungere i primi quattro posti della First Lego League e arrivare alla finale europea. Il rammarico, in fondo, era più mio: so che potevamo vincere. I ragazzi, invece, avevano il morale alto. Infatti, nel viaggio di ritorno hanno detto: “Ci rifaremo in Germania”, alla finale europea. Questa, poi, è una squadra che è già stata, nel 2020 e nel 2021, campione svizzera. Nel 2019, per contro, aveva raggiunto il terzo posto a livello nazionale mentre in due occasioni ha partecipato alla finale mondiale, nel 2019 e l’anno scorso, una volta a Detroit e l’altra a Houston. È una squadra che, quindi, è abituata ad avere dei successi e a competere a livello molto alto».

Si sono preparati tutte le domeniche mattina, a volte anche nel pomeriggio, sacrificando il loro tempo libero

Quali sono le caratteristiche che hanno permesso alla squadra di raggiungere questo importante traguardo?
«I ragazzi si sono dedicati molto a questa competizione. Si sono preparati tutte le domeniche mattina, a volte anche nel pomeriggio, sacrificando il loro tempo libero. Fa capire quanto volessero vincere e affermarsi in questa competizione. In generale, sono dei ragazzi che hanno molta curiosità e vogliono scoprire qualcosa di nuovo nell’ambito delle nuove tecnologie. Io che sono ingegnere, racconto e spiego diverse situazioni. Vedo che i ragazzi sono molto interessati a capire, cercano di approfondire questi temi per poterli fare loro e creare qualcosa da poter presentare ai giudici. Le due prove fondamentali di questa gara erano un progetto di ricerca da presentare e la prova di robotica vera e propria, in cui i ragazzi dovevano preparare un robot in grado di svolgere determinate mansioni».

Il prossimo step, dicevamo, sarà la competizione a livello europeo a Dresda…
«Al riguardo, dico che abbiamo bisogno di supporto da parte degli sponsor. E questo perché, ovviamente, i costi iniziano a diventare abbastanza elevati. Sia per il viaggio a Dresda, che si svolge su tre giornate, il 23, 24, 25 marzo, sia eventualmente per un viaggio negli Stati Uniti per una competizione mondiale. Siamo alla ricerca di sponsor, dunque, che possano aiutarci per finanziare gli spostamenti in trasferta e per offrirci gli strumenti necessari per poter primeggiare».

Oltre all’aiuto degli sponsor, è possibile finanziare il team in un altro modo?
«Ated offre un supporto per quanto è possibile, ma stiamo comunque cercando sponsor che ci possano supportare. Altrimenti, dovremo chiedere direttamente alle famiglie di pagare il viaggio per i ragazzi».

Quindi il supporto degli sponsor è fondamentale?
«Sì, anche perché oltre alla squadra degli Smilebots abbiamo altre due squadre, che si sono piazzate al terzo e al quinto posto alle finali ticinesi. È vero, non sono andate avanti nella competizione principale, la First Lego League, ma parteciperanno ad altri due tornei nel canton Giura tra due settimane. Anche loro sono alla ricerca di sponsor per poter partecipare più serenamente a queste gare».

Quali sono gli obiettivi che si raggiungono con queste competizioni?
«L’obiettivo è trasmettere ai ragazzi delle conoscenze di base e la mia strategia si basa sul confronto e sull’esempio, che per si tramutano in un arricchimento e in una crescita. Metto di fronte la squadra a un problema da risolvere. Ciò porta i ragazzi ad affrontare diverse sfide, con l’intento comune di raggiungere lo stesso obiettivo. In questo modo, possono trarre diversi esempi da applicare per diverse problematiche nella vita futura. Si tratta, in definitiva, di crescere nel problem-solving. È qualcosa di molto stimolante sia per loro che per me».