L'analisi

Il lato oscuro dell'intelligenza artificiale: le emissioni di CO2

Le sei Big Tech di riferimento, assieme, emettono più di un Paese come la Repubblica Ceca – E il trend è destinato a peggiorare proprio a causa delle risorse di cui necessita l'AI
Creato con Midjourney/OpenAI
Marcello Pelizzari
16.05.2024 14:30

C'è da preoccuparsi. E pure parecchio. Dal terzo Osservatorio ESG Big Tech di Karma Metrix, infatti, sono emersi importanti, se non importantissimi aumenti nelle emissioni di CO2 e nei consumi energetici delle grandi aziende tecnologiche statunitense. In particolare, quelle che stanno investendo pesantemente nell'intelligenza artificiale. Anche il fabbisogno idrico per i cosiddetti data center è aumentato: l'ultimo bilancio ESG di Google – dove ESG sta per Environmental, social, and governance, ovvero gli aspetti che un'azienda dovrebbe considerare nei propri investimenti responsabili – riporta un consumo di acqua sufficiente per soddisfare il fabbisogno annuale di 24 milioni di persone. 

Che le principali Big Tech inquinino, è vero, non è una novità. I dati, per contro, sono sempre più impattanti. Amazon, Apple, Facebook, Google, Microsoft e Ndivia, i nomi più grossi del settore, complessivamente emettono più CO2 della Repubblica Ceca: parliamo di 130,1 milioni di tonnellate. Non solo, consumano più energia di Paesi come il Belgio o il Cile (91 milioni di MWh). Della serie: gli sforzi compiuti da Amazon e dagli altri attori non sono stati, sin qui, sufficienti. Di più, il trend è destinato a peggiorare considerando la diffusione dell'intelligenza artificiale. I modelli generativi alla ChatGPT, per intenderci, necessitano di enormi quantità di energia per funzionare. Allargando il campo, se l'intero web fosse una nazione parleremmo del terzo Paese più energivoro e del quarto più inquinante.

La domanda, a questo punto, sorge spontanea: come fa il web a inquinare? Sia perché i siti vengono realizzati in maniera tutto fuorché efficiente sia perché la produzione di energia, quell'energia che sostiene il web, in molte parti del mondo è ancora legata ai combustibili fossili. Combustibili che, a loro volta, alimentano i server e le infrastrutture di rete, i sistemi di raffreddamento dei data center ma anche i dispositivi finali utilizzati dagli utenti. Come un semplice smartphone. La Svizzera, bontà sua, è ben messa: l'elettricità nel nostro Paese è prodotta principalmente dalle centrali idroelettriche (62%), seguite dalle centrali nucleari (29%) e dagli impianti termici convenzionali e rinnovabili (9%). Le cose cambiano, tuttavia, in Italia (con i combustibili fossili al 64%) o in India (77%).

E quanto emettono, allora, le Big Tech?

Karma Metrix, società che misura, compara e migliora l'impatto sull'ambiente dei siti web, ha analizzato gli ultimi bilanci di sostenibilità dei sei colossi citati. Lo ha fatto per capire il loro reale impatto sul pianeta. Dall'analisi appena presentata, come detto, è emerso che le Big Tech non hanno perso la loro (pessima) fama di aziende energivore. Al contrario, negli ultimi tre anni il loro consumo è cresciuto del 48%. A un ritmo, in sostanza, cinque volte superiore alla crescita media del consumo mondiale. Se Amazon, Apple, Facebook, Google, Microsoft e Ndivia, insieme, fossero una nazione occuperebbero il 37. posto nella speciale classifica dei consumi energetici. Fra il Bangladesh, la cui popolazione è di oltre 170 milioni di persone, e il Cile. In termini di emissioni di CO2, dicevamo, il dato aggregato si attesta a 130,1 milioni di tonnellate annue. Più delle emissioni annuali della Repubblica Ceca.

Il guaio, se vogliamo, è che l'intelligenza artificiale ha rappresentato un vero e proprio boost sul fronte energetico. Le aziende che, più delle altre, hanno aumentato la loro impronta carbonica e il loro inquinamento digitale, proprio così, sono quelle che stanno investendo maggiormente nell'AI. Microsoft, fra il 2020 e il 2022, ha emesso 16,7 milioni di tonnellate per un aumento, nel periodo considerato, del 41,8%. Peggio ha fatto Meta, con un incremento del 66,4% (8,5 milioni di tonnellate). Non finisce qui: Amazon ha prodotto oltre 71 milioni di tonnellate (+17,5%). Qualcosa, per fortuna, si sta muovendo anche nell'altro senso. Google fra il 2020 e il 2022 ha emesso di meno (10,1 milioni di tonnellate, -1,3%) e lo stesso si può dire di Apple (20,6 milioni di tonnellate, -8,8%).  

Un'altra domanda sorge spontanea: quanto ne sapevamo e ne sappiamo, di tutto questo? O meglio: chi bazzica internet e gli ambienti di intelligenza artificiale, quotidianamente, sa che sta contribuendo a queste emissioni? Snì. Anzi, no. Secondo un'analisi di Karma Metrix, il 60% della popolazione mondiale ignora il fatto che la semplice navigazione su Internet produca emissioni di CO2. Possibile? Evidentemente sì. 

Il problema dell'acqua

Il problema nel problema, detto delle emissioni, è il raffreddamento dei data center. E, quindi, l'acqua necessaria per mantenere questi ambienti alla giusta temperatura. La sola Google, per dire, nel 2022 ha consumato oltre 21 milioni di metri cubi d'acqua, il 63% in più rispetto al 2019. Una quantità, questa, che basterebbe a dissetare per un anno circa 24 milioni di persone.

Di qui gli sforzi, annunciati, per riabbracciare una certa virtuosità. Amazon, riferisce Karma Metrix, ha annunciato di voler generare più acqua di quella consumata. E di volerlo fare entro la fine del decennio. Meta, recuperando 2,3 miliardi di litri, punta a diventare water positive entro il 2030. Per water positive s'intende reintegrare più acqua di quella utilizzata dall'azienda. Microsoft, in questo senso, ha tracciato una via visto che ripristina oltre il doppio dell'acqua che consuma tramite progetti ad hoc o, ancora, fornendo acqua potabile a mezzo milione di persone.

D'accordo, ma i consumi energetici?

Le Big Tech, per contro, hanno promesso miglioramenti anche a livello di consumi. Amazon ha dichiarato che il 90% dell'energia adoperata proviene da fonti rinnovabili, con l'obiettivo di arrivare al 100% entro il 2025. Apple punta a ridurre le emissioni del 75% entro il 2030, l'anno in cui Google – secondo i piani annunciati – comincerà a utilizzare solo energia pulita. 

Le conclusioni dell'Osservatorio

L'Osservatorio ESG Big Tech di Karma Metrix, sviluppato in collaborazione con il Master in Comunicazione per le Relazioni Internazionali dell'Università IULM di Milano, è stato presentato ieri nel capoluogo lombardo. Ale Agostini, amministratore delegato di Karma Metrix, ha spiegato: «Il terzo Osservatorio ESG Big tech ha confermato che non ci sono pasti gratis: anche digitale e intelligenza artificiale impattano in modo crescente sul cambiamento climatico. È fondamentale diffondere la consapevolezza e intensificare gli sforzi di tutte le aziende per renderlo più sostenibile». Detto in altri termini, che sia un sito, un'app o un chatbot legato all'intelligenza artificiale, la sostanza non cambia: «Il digitale è sempre più energivoro e la parola d’ordine deve essere misurare e rendicontare la sostenibilità digitale» conclude Agostini. «Fino a quando non avremo solo fonti di energia pulite, l’unica strada è risparmiare e limitare le emissioni di CO2 derivanti dalle tecnologie digitali».