In Giappone è guerra ai floppy disk

Dei piccoli dischetti, a volte colorati, che si prestano come supporto di memoria digitale, particolarmente diffusi tra la fine degli anni '70 e gli anni '90. Stiamo parlando dei floppy disk, uno dei dispositivi di memorizzazione esterna più utilizzati, decine di anni fa, per registrare i dati. Uno strumento che alcuni non ricorderanno nemmeno più: alle nostre latitudini, infatti, è raro incappare ancora in questi dischetti. Discorso diverso per il Giappone, dove al contrario, sono ancora circa 1.900 le procedure governative che richiedono alle aziende di utilizzare questi dispositivi, oltre ai più consueti CD e mini-dischi. Un'abitudine che, però, potrebbe presto cambiare. Come si apprende da un articolo postato dalla BBC, il ministro degli affari digitali giapponese Taro Kono ha da poco «dichiarato guerra» ai floppy disk e ad altre tecnologie retrò utilizzate dai burocratici del Paese, promettendo di spostare le procedure amministrative online il prima possibile. Ecco cosa sta succedendo.
Un paradosso tecnologico
Fin dal principio, questa diatriba sembra assurda e paradossale. Il Giappone, protagonista della vicenda, è infatti uno dei Paesi più all'avanguardia per quanto riguarda la tecnologia. Basti pensare che nel 2021 si è posizionato al primo posto nella classifica dei 10 migliori Paesi per competenza tecnologica pubblicata sul rapporto annuale sui migliori Paesi, frutto della collaborazione tra U.S. News and World Report, BAV Group e Wharton Business College. Dopotutto, il Paese del Sol levante è famoso per i suoi elevati livelli di sostegno alla ricerca e allo sviluppo che, non a caso, gli hanno permesso di ottenere risultati notevoli nel settore tecnologico - in particolare per quanto concerne i display televisivi -, o nel campo dei videogiochi, per fare un altro esempio. Eppure, nonostante degli avanzamenti importanti, il Paese rimane ancorato ad alcune tecnologie obsolete. Ed ecco perché parliamo di floppy disk. Nato alla fine degli anni '60, il dispositivo di memorizzazione di dati, di forma quadrata e grande come il palmo di una mano, è ancora richiesto. Mentre molti altri Paesi non ne vedono uno da decenni.
La battaglia contro le «abitudini antiquate»
«Dove si comprano i floppy disk al giorno d'oggi?», è uno degli interrogativi sollevati dal ministro Taro Kono, nel corso di una conferenza stampa degli scorsi giorni in cui ha criticato l'utilizzo persistente di questa ed altre tecnologie obsolete nel Paese. Il floppy disk è infatti in buona compagnia. Taro Kono ha intenzione di boicottare anche il fax. «Sto cercando di eliminarlo, e ho intenzione di riuscirci», ha confessato. E non finisce qui. Nel mirino delle critiche ci è finito anche l'hanko, un timbro rosso intagliato, unico nel suo genere, necessario in Giappone per firmare documenti ufficiali come gli aggiustamenti fiscali di fine anno, le dichiarazioni dei redditi o le licenze di matrimonio. Nel 2020 e nel 2021, quando ricopriva il ruolo di ministro della Riforma amministrativa, Taro Kono aveva già cercato di limitarne l'utilizzo, ma senza grandi risultati. Infatti, non è la prima volta che il Giappone finisce sotto i riflettori per le sue «abitudini antiquate», totalmente in contrapposizione con le abilità tecnologiche e innovative di cui dispone. Secondo quanto riporta la BBC, questa arretratezza tecnologica va ricercata nella scarsa alfabetizzazione digitale e da una cultura burocratica con atteggiamenti conservatori. Non a caso, nel 2018 il ministro della sicurezza informatica del Paese aveva ammesso di non aver mai usato un computer in vita sua, delegando da sempre i compiti informatici al suo staff. Eppure, l'uso di tecnologie obsolete non riguarda solo il Giappone. Risale infatti solo al 2019 la decisione dell'aeronautica statunitense di sostituire i floppy disk utilizzati nella gestione dell'arsenale nucleare del Paese. Quasi un decennio dopo l'interruzione della produzione di questi dispositivi da parte di Sony.

Ostacoli di vario tipo
La scarsa alfabetizzazione digitale, tuttavia, non è però l'unica colpevole di questo «ritardo» tecnologico. Secondo una presentazione della task force digitale del governo, nel Paese sono presenti anche diversi ostacoli legali che rendono piuttosto complicato adottare tecnologie moderne - come per esempio quella del cloud storage - per un uso più ampio all'interno della burocrazia. Kono si è trovato di fronte alla resistenza dei funzionari che ritengono che i supporti fisici siano in grado di garantire un'autenticità che un'email non può offrire. Allo stesso modo, la battaglia per fermare la produzione di hanko del ministro del digitale ha fatto storcere il naso ad alcuni politici giapponesi, che lo hanno accusato di attaccare un simbolo del Giappone. Nonostante la difficoltà nel riuscire a imporre la sua idea, il ministro Kono ha confermato che le pratiche attualmente in vigore in merito ai floppy disk verranno presto riviste, con il pieno sostegno del primo ministro Fumio Kishida. Allo stesso modo, anche la task force del governo conferma di essere pronta a rivedere le disposizioni, e a trovare soluzioni per migliorare la situazione entro la fine dell'anno.
Differentemente dai cloud
Un floppy disk difficilmente si rompe o perde dati. Ma ha anche un'altra particolarità, ossia quella di essere un dispositivo fisico, contrariamente ai cloud su cui si è soliti memorizzare i dati. Una caratteristica che piace molto ai politici giapponesi - come abbiamo visto -, ma che può creare grossi problemi. È il caso di quanto accaduto lo scorso dicembre a Tokyo, quando il Dipartimento di polizia metropolitana ha perso due dischetti contenenti le informazioni personali di 38 persone che avevano fatto domanda per l'assegnazione di un alloggio pubblico nel quartiere di Meguro. I floppy disk smarriti contenevano informazioni richieste per verificare che i richiedenti - e potenziali nuovi inquilini - non appartenessero a gruppi di criminalità organizzata. La buona notizia, se così si può dire, è che la perdita dei dischetti, con ogni probabilità è stata accidentale: si ipotizza che qualche dipendente abbia buttato, senza volerlo, i floppy disk durante uno scambio tra la polizia e il distretto di Meguro. Un incidente, dunque, che fortunatamente non ha avuto risvolti negativi, ma che avrebbe potuto avere conseguenze differenti.
«Meglio tardi che mai»
Sebbene i conservatori e i burocratici possano aver preso non particolarmente bene la battaglia di Kono, i cittadini sembrano essere più a favore. Almeno, da quello che si legge sul profilo del ministro. Non senza una punta di ironia, i giapponesi sembrano aver accolto la proposta con entusiasmo. «È un'ottima mossa. Anche la sicurezza informatica dovrebbe essere presa in considerazione», scrive un'utente. Qualcun altro, invece, commenta: «Sembra che l'agenzia (del digitale, ndr) parta da molto più in basso del livello del mare. Meglio tardi che mai, però». E ancora: «Il problema che vedo, vivendo in Giappone, è che le procedure non vengono mai messe in discussione, ma solo il modo in cui vengono eseguite. Forse perché alcune di queste 1.900 procedure non dovrebbero esistere?». La risposta potrebbe non tardare ad arrivare.