Stati Uniti

OpenAI contro New York Times, chi vincerà?

La start-up californiana e Microsoft sono state citate in giudizio dal quotidiano statunitense per l'uso di materiale protetto da copyright per l'addestramento di ChatGPT – La battaglia, secondo gli esperti, potrebbe ridefinire l'intero settore
© AP
Marcello Pelizzari
11.01.2024 15:00

Sarà battaglia. Da una parte OpenAI, dall'altra nientepopodimeno che il New York Times. La start-up di Sam Altman e Microsoft, la società madre, sono state citate in giudizio dal quotidiano. Il motivo? ChatGPT è stato allenato (anche) sfruttando gli articoli del Times. Il tutto, evidentemente, senza previa autorizzazione e senza un compenso in termini di denaro. La causa, questa causa, è il principale tentativo di responsabilizzare il settore sull'uso di contenuti protetti da copyright per l'addestramento dell'intelligenza artificiale. Tempo fa, per dire, si era scomodato perfino George R.R. Martin, lo scrittore del ciclo delle Cronache del ghiaccio e del fuoco, accusando i creatori di ChatGPT di aver utilizzato in modo improprio le sue opere.

Il tentativo principale, dicevamo, ma anche più concreto verrebbe da dire. Il New York Times, nello specifico, sostiene che OpenAI e Microsoft dovrebbero rispondere, citiamo, di «miliardi di dollari» a livello di danni. La richiesta contiene centinaia e centinaia di esempi: stralci di articoli che, pur generati dal chatbot, seguono parola per parola vecchi pezzi del Times. In un post su X, Gary Marcus, uno dei maggiori esperti di intelligenza artificiale, ha definito le prove «particolarmente schiaccianti». OpenAI, dal canto suo, ha risposto picche. Adducendo che gli esempi forniti dal quotidiano «non raccontano la storia completa». Lunedì, sul proprio blog, la start-up ha accusato a sua volta il Times di aver «manipolato intenzionalmente le richieste» per indurre ChatGPT a scrivere come i giornalisti del Times. 

D'accordo, ma come andrà a finire questa vicenda? Soprattutto, chi vincerà? Difficile a dirsi. Secondo gli esperti interrogati da Business Insider, tuttavia, se dovesse imporsi il quotidiano gli effetti, per l'intero settore dell'IA, sarebbero catastrofici. E questo perché tutti i principali modelli linguistici sono stati addestrati secondo il concetto del fair dealing o del fair use, che permetterebbe proprio l'apprendimento da materiale di terzi. Venisse a mancare questo passaggio, il colpo per OpenAI e gli altri attori sarebbe pesante. Anzi pesantissimo. Proprio perché il Times, in un certo senso, farebbe giurisprudenza. E spingerebbe altre aziende ad avanzare richieste simili. Il danno prodotto all'interno dell'intelligenza artificiale, stando agli analisti, sarebbe su scala industriale. 

OpenAI, di per sé, è consapevole di ciò che potrebbe succedere. E succederle. L'azienda, infatti, ha dichiarato che sarebbe impossibile costruire prodotti come ChatGPT senza utilizzare materiale protetto da copyright. Al di là delle prove presentate dal Times, definite schiaccianti, Altman confida di riuscire comunque a spuntarla. OpenAI, in passato, ha dimostrato di saper elaborare argomenti difensivi convincenti e dribblare casi simili. In una risposta all'azione legale del New York Times, l'azienda ha spiegato che le affermazioni del querelante hanno frainteso «la portata del diritto d'autore, non tenendo conto delle limitazioni e delle eccezioni (compreso il fair use) che lasciano spazio alle innovazioni come i modelli linguistici di grandi dimensioni ora all'avanguardia nell'intelligenza artificiale».

Non è detto, comunque, che la vicenda si trascinerà in tribunale. Molto dipenderà dalle tempistiche, considerando che lo stesso New York Times prima di questa brusca frenata stava negoziando con OpenAI per concedere i propri contenuti in licenza. Lo scorso anno, accordi simili erano stati firmati con OpenAI da Associated Press e Axel Springer. Le discussioni con il Times, secondo OpenAI, stavano procedendo in modo costruttivo. Per questo, anche per questo, la start-up californiana si è detta delusa e sorpresa di quanto successo. In realtà, secondo i bene informati le parti non avevano raggiunto l'agognato compromesso prima che emergesse la denuncia.

Alcuni analisti, al riguardo, ritengono che la complessità del caso presto o tardi spingerà il Times a patteggiare. Di più, la concessione dei propri contenuti alle aziende attive nell'intelligenza artificiale potrebbe rappresentare una vera e propria nuova frontiera, lato business, per le organizzazioni dei media. Non a caso, secondo Bloomberg, protagonisti dei media del calibro di CNN, Fox Corp e Time stanno tutte discutendo con OpenAI per concedere in licenza i propri contenuti. Della serie: i tempi dei giri di giostra in totale libertà, le free ride di cui parlava il New York Times, sono terminati; ma la start-up di Sam Altman e Microsoft potrebbero in ogni caso avere il coltello dalla parte del manico.