Il caso

OpenAI lancerà il suo Store: come la prenderà Apple?

L'azienda di Sam Altman consentirà agli sviluppatori di creare versioni personalizzate di ChatGPT e di guadagnare soldi – Cupertino, al di là delle normative UE al riguardo, saprà accettare un concorrente all'interno del proprio ecosistema?
© Gabriele Putzu
Red. Online
06.01.2024 19:15

Dopo aver accumulato ritardi in serie, complice anche l'instabilità generata dal licenziamento e dal repentino ritorno in azienda dell'amministratore delegato Sam Altman, il GPT Store di OpenAI – dove programmatori e persone potranno condividere e monetizzare versioni personalizzate di ChatGPT – diventerà realtà la prossima settimana. Una mossa, questa, che negli Stati Uniti sta facendo discutere. Anche parecchio. E il motivo è presto detto: il lancio di uno Store dedicato, oltre a essere stato paragonato al lancio dell'App Store di Apple nell'oramai lontano 2008, metterà OpenAI direttamente in competizione con il colosso di Cupertino. A suo tempo, l'App Store di Apple permise a generazioni di sviluppatori di creare applicazioni all'interno dell'ecosistema Apple. Lo stesso, ora, intende fare OpenAI. Ma sarà davvero l'inizio di una rivoluzione? Sì, no, forse. Vediamo, nel dettaglio, che cosa sappiamo finora. 

Verso una democratizzazione dell'intelligenza artificiale?

Innanzitutto, perché mai dovrebbero nascere e spopolare versioni più piccole – ovvero con minori quantità di dati – rispetto a ChatGPT? La vera domanda, probabilmente, è un'altra: perché no? OpenAI, al riguardo, ha portato alcuni eventi. Un domani, sul suo Store potrebbero trovarsi App mutuate da ChatGPT ma con compiti molto più specifici: dall'assistente per i giochi da tavolo al coach di scrittura creativa. Semafor ha ipotizzato che, fronte giornalisti, potrebbero nascere strumenti di aiuto alle redazioni. 

Potremmo assistere, insomma, alla democratizzazione dell'intelligenza artificiale. Con buona pace delle tante società di consulenza, come riporta TechCrunch, nate in questi ultimi mesi per costruire dei chatbot personalizzati secondo i gusti dei propri clienti.

Ma chi ci guadagnerebbe? E in che modo?

OpenAI ha informato gli sviluppatori via email, questa settimana, dell'oramai imminente lancio del GPT Store. L'azienda, tuttavia, non ha rivelato granché: nessun dettaglio circa le modalità attraverso cui gli sviluppatori verranno retribuiti, ad esempio. A novembre, quando OpenAI ha presentato  ufficialmente il progetto, Sam Altman aveva dichiarato a The Verge di voler condividere i ricavi dell'azienda con gli sviluppatori piuttosto che prendersi direttamente una percentuale delle vendite. Un approccio, questo, più democratico (ancora) rispetto a Apple. 

Tutto molto bello, anche in ottica copyright: potenziali cause su questo fronte, legate ai dati utilizzati per addestrare le versioni personalizzate di ChatGPT, verranno gestite direttamente da OpenAI. Cause che, inevitabilmente, potrebbero essere conseguenti al successo di una determinata versione personalizzata. Lo stesso New York Times, per dire, si è mosso solo quando la creatura di Sam Altman ha guadagnato le luci della ribalta globale.

La posizione di Apple

Secondo quanto hanno rivelato i media americani, il GPT Store sarà accessibile sia sul web sia tramite l'App di ChatGPT. E qui, beh, casca l'asino, nella misura in cui Apple – è noto – non vede di buon occhio le App che, all'interno del suo ecosistema, ospitano dei propri Store. Una testardaggine, quella di Cupertino, scontratasi di recente con le normative dell'Unione Europea. Tant'è che il 2024, in questo senso, potrebbe essere l'anno della svolta, quantomeno in Europa, con l'autorizzazione di App Store alternativi a quello di Apple. 

Al di là di questo aspetto, Apple sta seguendo con apprensione le mosse di OpenAI. Il motivo? Rispetto a Google e Microsoft, Apple è rimasta indietro nello sviluppo dell'intelligenza artificiale. E la cosa, ha spiegato una fonte a Bloomberg, sta generando non poca ansia.