Il caso

Perché l'antitrust vuole portare Microsoft in tribunale?

La Federal Trade Commission statunitense ritiene che la fusione con Activision Blizzard danneggi i consumatori: ma perché? E che cosa c'entra «Call of Duty»
© EPA/JUSTIN LANE
Marcello Pelizzari
09.12.2022 12:00

La domanda, soprattutto fra i meno esperti di videogame, sorge spontanea: perché? Già, perché l’antitrust statunitense vuole sfidare Microsoft? In ballo, va da sé, c’è la fusione fra il colosso tech e il leader del settore Activision Blizzard. Una fusione da 69 miliardi di dollari che l’amministrazione di Joe Biden non ha mai visto di buon occhio. Tant’è che, ora, intende contrastarla in modo quantomeno aggressivo.

La palla, leggiamo, è nelle mani della Federal Trade Commission, il cui compito principale – citiamo Wikipedia – è di promuovere la tutela dei consumatori e l’eliminazione e la prevenzione di pratiche commerciali anticoncorrenziali. L’agenzia governativa, nello specifico, ha accusato la fusione di danneggiare i consumatori. E perché? Citiamo, di nuovo: perché Microsoft potrebbe utilizzare alcuni fra i più popolari titoli di Activision, Call of Duty, World of Warcraft e Candy Crush, per soffocare i rivali e attirare schiere di nuovi giocatori. Microsoft, secondo la FTC, avrebbe «sia i mezzi che le motivazioni per danneggiare la concorrenza», sul fronte dei prezzi come della qualità e delle esperienze di gioco in mercati «a forte crescita e dinamici».

Big Tech nel mirino

Il caso, di suo, è spinoso. Anzi, spinosissimo. Tutti, mentre scriviamo queste righe, sono alla finestra. L’industria del gaming, Wall Street, ma anche i regolatori europei che, a loro volta, stanno esaminando l’acquisizione da parte di Microsoft e le potenziali ripercussioni sul mercato. Lina Khan, presidente della FTC, ha spiegato che portare in tribunale Microsoft è una sorta di test. Dal quale capire se e quanto è possibile limitare e circoscrivere il potere e l’influenza di Big Tech. Un test che, se funzionasse, verrebbe poi esteso ad altre iniziative antitrust nei confronti di Amazon, Apple, Alphabet e Meta. A tutti gli altri, insomma.

Non a caso, in queste ore è cominciato un processo, sempre negli Stati Uniti, contro Meta. L’obiettivo? Far saltare l’acquisizione di Within, una società di realtà virtuale, che Mark Zuckerberg vorrebbe far sua nell’ottica di spingere ancora di più verso il metaverso (scusateci per il gioco di parole).

Il ruolo di «Call of Duty»

Il disturbo della FTC, fronte Microsoft, non è certo stato accolto con un sorriso. Fra console Xbox e servizi in streaming, il gigante tech guadagna – secondo le stime – 16 miliardi di dollari. Activision, di suo, porterebbe in dote 370 milioni di utenti mensili. Brad Smith, il direttore generale di Microsoft, ha respinto al mittente le accuse. Affermando che la sua azienda è «impegnata dal primo giorno ad affrontare le preoccupazioni sulla concorrenza». Smith, fra le altre cose, confida di arrivare a un’intesa con le autorità. Non solo, ha «piena fiducia nelle ragioni» dell’azienda e «nell’opportunità di presentare il nostro caso alla magistratura».

Il timore della concorrenza, riagganciandoci ai titoli di Activision, è che un domani Microsoft potrebbe decidere di proporre Call of Duty (qui la recensione dell'ultimo capitolo) in esclusiva su Xbox. Uno scenario attualmente lontano, dato che proprio Smith ha proposto di lasciare il gioco anche agli altri – PlayStation in testa – per almeno dieci anni. Un modo più o meno elegante per mantenere attiva una fonte di ricavi e per permettere ai rivali di riorganizzarsi.

Super app che?

La fusione, annunciata a gennaio, rappresenterebbe l’unione più grande nel settore della tecnologia di consumo dai tempi di AOL-Time Warner. Un matrimonio, quello nato male e finito pure peggio. L’accusa di monopolio, sollevata ora dalla Federal Trade Commission, non è nuova per Microsoft. Negli anni Novanta, infatti, tanto il governo statunitense quanto la FTC portarono l’azienda in tribunale per ripetute violazioni delle norme sulla concorrenza a livello di personal computer e sistemi operativi. Come finì? Le parti raggiunsero un accordo, dopo sentenze contrastanti, nel 2002.

Sullo sfondo, ad ogni modo, il regolatore americano teme altre, possibili «derive» (chiamiamole così). E cioè, che Microsoft – come affermano alcune indiscrezioni – andasse in all-in sulla cosiddetta super app. Un’idea che pure Elon Musk, via Twitter, sta coltivando. Un’app capace di racchiudere tutto, dalla A di acquisti alla V di videogiochi, passando per messaggi e tanto altro. E ancora: per questo motivo, Microsoft potrebbe tornare a produrre smartphone. Con tutte le conseguenze del caso per la concorrenza, di nuovo.

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