«Zoccolette e boccalini non sono il vero artigianato ticinese»

«Il Ticino è, per tradizione, una terra di artigiani e artisti». A ribadirlo è Claudio Gianettoni, vicepresidente dell’associazione Aticrea, promotrice delle «Giornate dei mestieri d’arte in Ticino» che si terranno dal 5 al 7 aprile. «Come sostiene il sociologo americano Richard Sennett, l’artigiano è colui che sa creare un oggetto tramite il suo ingegno e le sue capacità manuali. Non si impegna per produrre il massimo possibile, ma per farlo nel modo giusto. È disposto ad apprendere dagli errori. Diffida infatti di un lavoro svolto nell’ottica di concluderlo con la perfezione, perché sa che gli è di sprone l’infinita possibilità del miglioramento». Quest’immagine romantica dell’uomo che fa tutto da sé – aggiunge il nostro interlocutore – si basa sul valore dell’oggetto fatto come si deve, sul rifiuto del consumismo e della produzione in serie».

Qual è la situazione dell’artigianato ticinese? «Il settore sta languendo perché è succube della sua stessa immagine», risponde l’esperto. «Quando parliamo delle attività artigianali “nostrane” pensiamo infatti alle zoccolette, al boccalino, al cesto in vimini e basta: un’immagine riduttiva. Mentre il Ticino, come diceva anche lo slogan di Ticino Turismo, è una terra d’artisti. È necessario recuperare quello spirito creativo nei settori artigianali altrimenti perderemo sempre più terreno». Già negli anni Cinquanta del Novecento Piero Bianconi – docente e scrittore locarnese – sosteneva che per salvare l’artigianato ticinese fosse necessario abbinare le competenze dell’artigiano con le conoscenze e l’estro dell’artista. «C’è un problema di comunicazione. Il mercato, coi nuovi media, è diventato mondiale ma l’artigiano rimane ancora dietro la vetrina ad aspettare il cliente».



«In questo senso – spiega Gianettoni – un buon modello è dato da “Doppia firma” della Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte: un progetto che unisce l’innovazione del design alla tradizione dei grandi maestri d’arte italiani. Questo concetto si sta facendo strada anche nella Svizzera interna e romanda. Ce ne accorgiamo entrando, ad esempio, nei negozi Schweizer Heimatwerk che troviamo a Zurigo, Lucerna e Ginevra. In questo senso il nostro cantone è in ritardo: l’artigianato è più che altro associato ai mestieri in via di sparizione, non tanto all’arte, all’innovazione e alle nuove tecnologie». Ma è questa la via, secondo l’esperto. «E alcuni professionisti se ne sono accorti».
Un altro grosso problema che tocca gli artigiani nostrani è quello della comunicazione. «Il mercato coi nuovi media è diventato mondiale», afferma Gianettoni. «Ma il professionista rimane ancora dietro la vetrina ad aspettare il cliente. Ma se non sa nemmeno che esiste perché dovrebbe cercarlo? Bisognerebbe unirsi, per questioni di utilità finanziaria, ed investire di più nelle attività di promozione».
Ma quali sono i settori artigianali ticinesi per antonomasia? «In primo luogo tutte le attività che ruotano attorno alla costruzione», osserva l’intervistato. «Come l’arte di preparare ed assemblare i blocchi di pietra nei muri a secco (di recente inseriti dall'UNESCO nel patrimonio immateriale dell'umanità). Pensiamo anche ai maestri comacini – costruttori, muratori, stuccatori ed artisti – raggruppati in una corporazione di imprese edili itineranti, attive fin dal VII-VIII secolo nella zona tra il Comasco, il Ticino e in generale la Lombardia. Che dire inoltre dell’emigrazione di professionisti locali legata al Barocco e al Roccocò? Nel 1700 nel solo Malcantone operavano ben cinque scuole d’arte (Breno, Aranno, Curio, Sessa e Bioggio), dove venivano formati i giovani che partivano per lavorare in tutto il mondo. È un passato dimenticato che dobbiamo recuperare».

Gli artigiani nostrani si preoccupavano pure di creare gli attrezzi da lavoro (aratri, cesti, ecc.), gli indumenti e le zoccolette (a Maroggia esisteva una fabbrica di zoccoli ma molto spesso i contadini preferivano farseli da loro). A Personico si produceva il vetro utilizzando i cristalli del luogo. Un settore particolarmente attivo in Ticino era quello della ceramica. «In passato esistevano fornaci attive ad Ascona, Sementina, Balerna e Riva San Vitale tanto per fare degli esempi». Fornaci dove si cuocevano, tra le altre cose, oggetti per la casa come i famosi boccalini, simbolo di spensieratezza e gioia di vivere. «Abbiamo demonizzato la particolare brocca come kitsch dimenticando che nell’antichità esisteva un oggetto dalla forma simile: la brocchetta triloba». Inoltre, aggiunge l’esperto, se mettessimo in vendita sul Web boccalino e tazzina tutti i ticinesi all’estero (e non solo) li comprerebbero. «Però l’unica produzione in serie rimasta sul territorio è a Ponte Capriasca. Gli oggetti che troviamo nei supermercati non sono prodotti in Ticino ed è un grande peccato».