Dal dito medio al vaffa, filosofia di una parola che tutto il mondo pronuncia
«A chi non è capitato, in uno scatto di nervosismo, di gridare un sonoro vaffanculo! a qualcuno?». Credo che nessuno possa dirsi innocente. Ma quanti di noi, prima di dare fiato alla propria collera, hanno riflettuto sul significato autentico di questo insulto, sulla sua genesi e sulla sua lunghissima storia?
I sociologi della comunicazione, alla pari dei benpensanti, lo classificano tra le «imprecazioni» o lo incasellano nello scaffale del turpiloquio. Ma il «fuck!», in tutte le sue declinazioni, è ormai stato sdoganato ovunque: nel cinema, nella musica popolare, nella politica, nella pubblicità. È linguaggio quotidiano. E lo è dappertutto perché, forse anche su questo non avete mai riflettuto abbastanza, «esiste una sorta di corrispettivo per ogni lingua.
Ci si manda a fanculo in tutto il mondo». E lo si fa da secoli. Anzi, da almeno un paio di millenni a questa parte.
Paolo Pedote, giornalista e scrittore milanese, ha pubblicato di recente con Mimesis Breve guida filosofica al vaffanculo! Swear words e gestacci osceni da Aristofane a Maurizio Cattelan. Pedote propone un viaggio attraverso film, poesie, immagini, sculture, canzoni. Una fenomenologia puntuale di un «prefabbricato linguistico» i cui dispositivi culturali molto raccontano dei nostri rapporti sociali, di genere e soprattutto di potere. Buon ascolto.