A 80 km/h sull’A2 contro gli ingorghi: la ricetta divide politica e associazioni

Promette di far discutere, soprattutto in Ticino, il progetto del Consiglio federale che mira a estendere a buona parte della rete autostradale il limite degli 80 km/h in caso di traffico inteso. La proposta, anticipata nelle scorse ore dal Blick, punta ad affrontare il problema del traffico, moderando la velocità degli utenti negli orari di punta. Secondo i dati dell’Ufficio federale di statistica, lo scorso anno gli automobilisti hanno trascorso oltre 55 mila ore in colonna, quasi il doppio rispetto al 2019. Un fenomeno che, secondo le stime di Berna, comporta costi economici pari a circa tre miliardi di franchi. Eppure, l’esito della votazione federale sull’ampliamento della rete autostradale, lo scorso anno, è stato chiaro: la maggioranza degli svizzeri ha respinto la proposta, con il 52,7% dei voti contrari. Scartata l’opzione dell’ampliamento, all’Ufficio federale delle strade non resta che intervenire sulla gestione del traffico, a partire dalla limitazione della velocità. La politica e le associazioni di categoria mantengono però un atteggiamento prudente.

«Un cerotto»
Il TCS, in particolare, ne riconosce l’utilità, pur evidenziandone i limiti: «L’USTRA – spiega il portavoce Laurent Pignot – sta cercando soluzioni a breve termine per gestire i picchi di traffico». Secondo Pignot, «è corretto affermare che con una velocità di 80 km/h si registrano meno code, ma si tratta di una soluzione temporanea, che non risolve il problema». Quindi, dice, sarà indispensabile passare da un ampliamento dell’infrastruttura stradale, e questo tenuto conto che il trasporto pubblico, da solo, non potrà assorbire il volume del traffico stradale: «La domanda di mobilità continuerà a crescere. Abbiamo bisogno di soluzioni a lungo termine».
«Una Svizzera da 10 milioni»
Netta, per contro, la posizione del consigliere nazionale dell’UDC Piero Marchesi, che boccia senza appello l’idea. «Sono contrario alla proposta di ridurre la velocità in autostrada per riuscire a gestire il traffico. Il problema, infatti, non si risolve rallentando il Paese, bensì potenziando le infrastrutture rimaste ferme da decenni». Secondo Marchesi, inoltre, gli ingorghi autostradali non sono altro che il risultato «di un’immigrazione fuori controllo»: «Chi rifiuta l’iniziativa “No alla Svizzera da 10 milioni’’ deve assumersi la responsabilità di conseguenze come strade e treni pieni, ospedali sovraffollati e penuria di alloggi». Per il consigliere nazionale, pertanto, l’unica via percorribile rimane quella di un potenziamento delle strade. «Servono più investimenti nelle infrastrutture da un lato, e limiti chiari all’immigrazione dall’altro. Solo così si evita il caos».
«Migliora il flusso»
Di segno opposto, ma altrettanto netta, la posizione del consigliere nazionale socialista e presidente dell’ATA Ticino Bruno Storni, che accoglie con favore la proposta dell’Esecutivo: «Migliora il flusso, limita gli incidenti e ottimizza la capacità delle autostrade, riducendo al contempo le colonne». Storni non risparmia però critiche alla gestione attuale della rete: «Le autostrade sono le infrastrutture più costose e, allo stesso tempo, le peggio gestite. Siamo rimasti all’età del cemento, quando ormai, grazie a sensori e sistemi informatici, si potrebbero gestire in modo molto più efficace e intelligente». Per quanto riguarda l’impatto sul Ticino, Storni ritiene utile poter intervenire in modo più flessibile sulla regolazione del traffico, non solo nelle aree più congestionate come il Mendrisiotto o il Luganese: «Poter regolare la velocità già più a nord può essere d’aiuto. Anche nel senso opposto, verso nord, adattare la velocità già ben prima della galleria del San Gottardo può contribuire a ridurre la lunghezza delle colonne al portale». Altrettanto chiara la posizione del socialista su un eventuale potenziamento delle infrastrutture stradali: «Adattare le infrastrutture all’evoluzione della domanda significa, di fatto, ampliarle. Ma questo finisce per generare nuovo traffico, riportandoci al punto di partenza». Secondo Storni, occorre piuttosto puntare sul trasporto pubblico. «In Ticino, dal 2021, l’offerta è notevolmente migliorata. Più persone sul treno significa meno traffico sulle strade».
«Una spinta a lasciare l’A2»
Critico sulle possibili conseguenze «anche di spinta a lasciare l’autostrada per usare le strade cantonali e comunali, intasando così pure quelle», è il presidente centrale dell’Automobile Club Svizzero (ACS) Simone Gianini. «Il fatto che la Confederazione stia pensando a questo tipo di soluzione addirittura per tutta la A2 su territorio ticinese, dimostra che le nostre autostrade, progettate e costruite nel secolo scorso, non sono più al passo con i tempi e vanno migliorate». «In questo senso, si attende a giorni la pubblicazione del rapporto del Poli di Zurigo commissionato dal consigliere federale Rösti che dovrebbe indicare la via per uno sviluppo integrato della mobilità in Svizzera». Per il consigliere nazionale del PLR «è infatti imprescindibile che, pur in un territorio limitato come il nostro, ci si possa ancora muovere liberamente, pure sulle autostrade». Secondo Gianini, anche se per certe situazioni una riduzione puntuale del limite di velocità può aiutare, «dare l’impressione di voler introdurre un limite generale e ricorrente di 80 km/h sulle nostre autostrade è sbagliato e controproducente: la soluzione non è quella di rallentare il traffico - magari anche dove non è necessario -, ma intervenire sui colli di bottiglia e l’informazione».
«Colli di bottiglia da allargare»
«Di fatto è una proposta che riconosce i limiti dello sviluppo infrastrutturale», premette dal canto suo il direttore del DT, Claudio Zali che aggiunge: «La strada non è riuscita a seguire l’evoluzione del traffico». Nel concreto, il consigliere di Stato auspica che la proposta venga introdotta con moderazione e solo laddove serve. Secondo Zali, la misura – per quanto effettivamente possa ridurre gli ingorghi – resta un cerotto pensato per un’arteria su cui non si dovrebbe circolare a 80 all’ora. Che fare dunque? Occorre potenziare il trasporto pubblico, oppure ampliare la rete stradale? «La mia linea non è cambiata», avverte Zali. «Ho sempre cercato di tutelare lo sviluppo di tutti i vettori, poiché nessuno di questi è in grado, da solo, di assorbire la domanda di mobilità». Detto altrimenti: «Ci sono colli di bottiglia sulla rete stradale ticinese che andrebbero allargati, in particolare nel tratto tra Lugano Nord, Mendrisio e Chiasso».

