A dieci anni dall'omicidio di Damiano Tamagni

"Non abbassiamo la guardia, la violenza non è sconfitta" è l'appello del padre del giovane ucciso a Locarno - Nella notte il decimo anniversario del tragico avvenimento
Barbara Gianetti Lorenzetti
Barbara Gianetti Lorenzetti
01.02.2018 06:00

LOCARNO - Raramente, nella storia cantonale, un episodio di violenza ha avuto un effetto così dirompente come l'omicidio Tamagni. Ancora oggi, a dieci anni di distanza, basta pronunciare queste due parole perché la maggior parte dei ticinesi sappia di cosa si sta parlando. L'uccisione del 22.enne di Gordola Damiano Tamagni – nella notte fra il primo e il 2 febbraio 2008, durante i festeggiamenti per il Carnevale di Locarno – è stata una sorta di spartiacque. Un dramma che, nell'immediato, ha suscitato dolore, rabbia e costernazione: reazioni condensatesi in impressionanti manifestazioni pubbliche del sentire comune. Col passare del tempo, poi, l'onda lunga della vicenda ha portato ad un'analisi approfondita delle nuove dinamiche in atto, soprattutto nel mondo giovanile, e ad una campagna di sensibilizzazione – che prosegue, peraltro, ancora oggi – sulle tematiche della violenza, del disagio e della devianza. Non solo. La portata del fatto, ma – soprattutto – quella dei suoi effetti ha anche influito sulla percezione delle vicende simili che lo hanno seguito nel tempo e sul «metro di misura» dell'opinione pubblica. Parrebbe quasi un paradosso, ma l'impressione è quella che, da allora, l'asticella cui si associa il grado di gravità di un reato si sia alzata, rendendo più concreto il rischio di banalizzare. Di questo, e di altro, abbiamo parlato, in occasione del decennale, con Maurizio Tamagni, padre di Damiano, con un rappresentante degli inquirenti e con chi si occupa della sicurezza dei carnevali. Ognuno, a suo modo, particolarmente toccato dal dramma di via Borghese.

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