L'anniversario

A undici anni dall'attentato, di nuovo a Marrakech per commemorare

Arnaldo Caccia, il papà di Cristina, è volato in Marocco dopo due anni di impossibilità, per ricordare in piazza Jamaa el Fna la sua Chichi, Corrado e André
Jenny Covelli
28.04.2022 14:06

Undici anni. 132 mesi. 4.018 giorni. Un tempo enorme, che eppure si annulla quando si parla di sofferenza. Era il 28 aprile del 2011 quando, nel Caffè Argana di piazza Jamaa el Fna, a Marrakech, una bomba mandò tutto all'aria. Letteralmente. Diciassette persone persero la vita, 25 rimasero ferite. Una tragedia enorme, che travolse anche il cuore del Ticino. In quel bar, undici anni fa, seduti a un tavolino, c'erano infatti anche quattro ragazzi ticinesi. Corrado «Mondo» Mondada, Cristina «Chichi» Caccia, Morena «Nena» Pedruzzi e André Da Silva Costa. Morena fu l’unica a sopravvivere, nonostante le ferite gravissime. È uno squarcio che ogni anno, in questa data, si riapre. E unisce la popolazione attorno a un unico pensiero.

Arnaldo Caccia è a Marrakech

Ogni anno, in quel luogo maledetto che ha messo per la prima volta anche il nostro cantone di fronte alla follia terrorista, si celebra una cerimonia commemorativa. Arnaldo Caccia, il papà di Chichi (deceduta il 6 maggio, otto giorni dopo l'attentato, presso l'ospedale di Zurigo), vi ha presenziato dal 2011 al 2019. Poi la pandemia lo ha costretto a casa, lontano da quel luogo che ha strappato la vita alla sua bambina, a soli 25 anni. Anche nel decimo anniversario, lo scorso anno. Ma oggi, cadute le restrizioni, ha potuto tornare in Marocco per ricordare.

Dopo due anni di stop, sul luogo dell'attentato

«Gli anniversari sono un po' come delle scadenze: arrivano, portano inerrogativi e stimolano a fare un bilancio». Lo ha scritto Morena nel suo libro, Risollevarsi. La mia vita dopo un attentato terroristico. Oggi alla stele commemorativa posata un anno dopo l’attentato insieme a un ulivo, simbolo di pace, Arnaldo c'è, in rappresentanza delle famiglie ticinesi, al fianco dei parenti delle altre vittime e delle autorità. Con lui una rappresentanza dell’Ambasciata Svizzera a Rabat con a capo Max Rosari, nuovo console onorario di Marrakech e del Consolato francese a Marrakech, il console Stéphane Baumgarth, una folta rappresentanza politica della città e un rappresentante del Re. Dopo alcuni discorsi, sono state ricordate a una a una tutte le 17 vittime dell'attentato e ai piedi della stele sono stati posti dei fiori. Finalmente, dopo due anni di pandemia, hanno potuto commemorare i propri cari insieme.

Il ricordo

Per non dimenticare. Perché la mente dei familiari, lo ammette candidamente Arnaldo Caccia, è sempre là. Come se non fosse passato neppure un giorno. E i tanti messaggi di solidarietà dei ticinesi sono una carezza apprezzata. «Noi correvamo intorno al mondo, sulle nuvole e nel vento ...» si leggeva lo scorso anno nel necrologio in memoria pubblicato dalle famiglie Caccia, Mondada e Da Silva Costa. Oggi, prendiamo in prestito le parole di Morena Pedruzzi: «Darei qualsiasi cosa per vederli ancora una volta, sentire la loro voce e ascoltare i loro pensieri. Ma li conoscevo così bene che a volte mi sembra di sapere esattamente cosa avrebbero detto o anche solo pensato. Le cicatrici sono sul corpo e sono nell'anima. Quelle che non vedi sono nell'anima, e sono più difficili da comprendere per gli altri. Il dolore spesso è invisibile. Nel dolore si è soli».