«Abbiamo perso il 30% dei volumi, ma in Ticino nessun licenziamento»

Da diverse settimane il piano di ristrutturazione di FFS Cargo sta sollevando aspre critiche in Ticino. Ne parliamo con il direttore dell’azienda.
La prevista ristrutturazione di FFS Cargo ha mobilitato in Ticino un ampio fronte di contrari composto da Consiglio di Stato, parlamentari, Comuni e sindacati. Non sarà così semplice far digerire una scelta che penalizza maggiormente proprio il nostro cantone. Che cosa risponde a chi vi chiede un passo indietro?
«Il Ticino svolge oggi un ruolo fondamentale per le FFS nel traffico viaggiatori, ma anche nel traffico merci, e continuerà a farlo in futuro. Le decisioni annunciate non danneggiano il Cantone; al contrario, garantiscono che anche in futuro ci sarà un traffico merci su rotaia. Attraverso l’asse nord-sud che attraversa il Ticino, le FFS collegano le aree economiche più importanti d’Europa nel trasporto transalpino e stanno ampliando questo servizio, semplicemente in modo più economico e quindi più attraente rispetto a oggi. Nel complesso, le FFS investono molto nel Canton Ticino e rimangono un importante datore di lavoro, ma alla luce del deficit di 1,3 miliardi di franchi nel traffico merci accumulati negli ultimi anni e di un deficit strutturale di 80 milioni di franchi all’anno, le FFS non possono permettersi ulteriori perdite. Se il trasporto merci su rotaia in Svizzera vuole sopravvivere e se vogliamo tenere sotto controllo la questione climatica, dobbiamo agire subito. Tutti devono fornire il proprio contributo. Oltre ai clienti e ai politici, anche le FFS devono dare il loro contributo, investendo in nuove locomotive e in nuovi carri merci, nell’automazione e in un nuovo modello di produzione per ridurre drasticamente i costi. Il traffico merci è un mercato liberalizzato e non un servizio pubblico, come ha confermato il Parlamento federale emendando la legge sul traffico merci nella primavera di quest’anno. Ciò significa che siamo autorizzati a gestire solo servizi di trasporto redditizi e che dobbiamo praticare prezzi che coprano i nostri costi. Questo è ciò che impone il governo federale, il nostro proprietario».
FFS Cargo ha annunciato di voler puntare sull’asse nord-sud. Però, al contempo, rinuncia a due terminal proprio in Ticino (Cadenazzo e Lugano). Parrebbe una scelta quasi paradossale. Come giustifica questa strategia?
«Attualmente il traffico combinato registra una perdita di 12 milioni di franchi con un fatturato di 18 milioni di franchi. Per stabilizzare finanziariamente il traffico combinato, ci concentriamo sull’asse nord-sud, molto richiesto, e raddoppiamo i servizi di trasporto tra Dietikon (ZH) e Stabio, con un prodotto più economico, su una rotta molto popolare. I trasporti non redditizi non saranno più gestiti dalle FFS, così come i terminal non redditizi, ma continueremo a farvi capo fintanto che c’è una domanda da parte dei clienti. Siamo in trattative con terzi per far continuare a gestire questi terminal, ad esempio per Cadenazzo, dove in futuro circoleranno più servizi postali di quelli attuali. Se la fase di test dello shuttle tra Stabio e Dietikon si rivelerà un successo, il servizio di traffico combinato sarà esteso a lungo termine in tutta la Svizzera, in conformità con il concetto a lungo termine di Suisse Cargo Logistics, a condizione che i Cantoni e la Confederazione siano in grado di fornire le infrastrutture terminalistiche necessarie. Attualmente stiamo dialogando con la Confederazione e i Cantoni. Le infrastrutture e le linee ferroviarie attuali non consentono un servizio commerciabile e competitivo con il trasporto su strada».
Perché affidarsi al terminal di Stabio, che appartiene a privati? Non teme che così facendo FFS Cargo diventi meno indipendente e più vulnerabile?
«Le FFS hanno sempre viaggiato in tutta la Svizzera verso terminal non di loro proprietà o gestiti da terzi. E continuano a farlo. Anche qualsiasi altra impresa di trasporto ferroviario può fare scalo in questi terminal. Le infrastrutture dei terminal in tutta la Svizzera sono cofinanziate dalla Confederazione e sono quindi accessibili a tutti senza discriminazioni».
Il Ticino perde quaranta impieghi, ma i sindacati temono che con il progetto G-enesis, che prevede il taglio di 400 posti di lavoro, il nostro territorio sarà nuovamente colpito dalla riforma. Potrebbe fare chiarezza sui tagli prospettati in Ticino sia sul corto che sul lungo periodo?
«Ci rammarichiamo di questa decisione, ma purtroppo è inevitabile se vogliamo che il traffico merci su rotaia abbia una solida base finanziaria e offra un servizio competitivo. Nessuno dei circa 40 collaboratori interessati in Ticino sarà licenziato e stiamo cercando soluzioni all’interno delle FFS per mantenere in azienda la manodopera specializzata. Per poter trasportare le merci in modo economico sia nel traffico a carro singolo che nel traffico combinato, stiamo anche riorganizzando radicalmente quest’ultimo. Il nostro obiettivo è gestire il maggior numero possibile di trasporti in una rete efficiente. Attualmente FFS Cargo Svizzera sta lavorando con i principali clienti per sviluppare un nuovo modello di produzione per il periodo fino alla fine del 2025. L’impatto del nuovo modello di produzione sulla forza lavoro in tutta la Svizzera non è ancora noto. Tuttavia, cercheremo soluzioni socialmente accettabili anche all’interno del CCL».
Secondo il vostro piano di ristrutturazione nessuno sarà licenziato in Ticino. Tuttavia, queste persone verosimilmente dovranno andare a lavorare oltralpe. Non era possibile trovare un’altra soluzione per mantenere i posti di lavoro in Ticino?
«Stiamo cercando, com’è da sempre uso presso le FFS, una buona soluzione all’interno del CCL con tutti i collaboratori interessati. Non vogliamo perdere i nostri dipendenti. Presso FFS Infrastruttura, a TILO e in tutta la Svizzera c’è bisogno di specialisti ben formati, come i macchinisti. Non obbligheremo nessuno a trasferirsi domani a Zurigo o a Basilea».
Più in generale, questa ristrutturazione rappresenta un primo passo verso lo smantellamento della politica di trasferimento delle merci dalla strada alla ferrovia?
«No, al contrario, il traffico merci su rotaia è oggi troppo costoso e quindi non redditizio. Dal 2017 gestiamo un servizio molto esteso a prezzi che non coprono i costi. Allo stesso tempo, negli ultimi anni abbiamo perso il 30% dei nostri volumi. Un’ampia gamma di servizi non porta a un aumento del traffico ferroviario; al contrario, abbiamo bisogno di un servizio ottimizzato sui costi per ridurre le perdite e di un prodotto ottimizzato sulla domanda che abbia successo sul mercato. In questo modo riusciremo a incrementare il passaggio dalla strada alla ferrovia. Rendendo redditizio il traffico merci, in futuro potremo trasportare più merci su rotaia nel rispetto del clima».