Lutto

Addio a Gianfranco Cotti, «arguzia e capacità di convincere»

Luigi Pedrazzini, già consigliere di Stato e presidente del PPD, ricorda l’avvocato ed ex consigliere nazionale popolare democratico che si è spento a Locarno all’età di 90 anni
© Ti-Press/Carlo Reguzzi
Red. Ticino&Svizzera
02.04.2020 06:00

Luigi Pedrazzini, già consigliere di Stato e presidente del PPD, ricorda l’avvocato ed ex consigliere nazionale popolare democratico che si è spento a Locarno all’età di 90 anni.

Gianfranco Cotti è stato protagonista importante della vita politica e economica Svizzera dagli anni settanta del secolo scorso fino ai primi anni del secolo in corso. Iniziamo dall’impegno politico che lo ha visto muovere i primi passi nella sua città di Locarno. Personalmente ricordo gli anni del suo impegno nel Municipio cittadino (era allora sindaco Carlo Speziali), particolarmente attento alle esigenze dello sviluppo economico. Pur essendo rappresentante di una forza minoritaria nelle dinamiche cittadine, il PPD, Gianfranco Cotti era un punto di riferimento importante per tutti, una personalità autorevole, molto dinamica e molto presente nella vita sociale e economica della città. Nel 1979, senza passare come avevano fatto altri esponenti politici, dall’impegno in Gran Consiglio, Gianfranco Cotti venne eletto nel Consiglio nazionale. A Berna ebbe modo di far valere al meglio le sue grandi potenzialità: intelligenza vivace, rapidità nel comprendere le situazioni, capacità di convincere in suoi interlocutori. Penso che quest’ultima qualità fosse da una parte originata dalla sua professione (Gianfranco è stato titolare di un importante studio legale sulle rive del Verbano), dall’altra dalla sua innata simpatia. Sapeva sempre mettere i suoi interlocutori a proprio agio e ciò facilitava la possibilità di cercare assieme a lui soluzioni di compromesso fra posizioni inizialmente divergenti.

Grazie alle potenzialità citate, e anche alla conoscenza che aveva dei dossier, Gianfranco Cotti fu parlamentare molto ascoltato, sia nell’ambito del gruppo democratico cristiano, sia, più in generale, nelle cerchie dell’economia che a Berna hanno sempre avuto un peso importante.

Giovava alla sua attività sul piano federale il fatto che Gianfranco Cotti, pur venendo da una regione periferica, avesse un atteggiamento molto aperto al mondo, una visione, se si può dire, cosmopolita (forse maturata negli anni d’intenso lavoro internazionale in seno al Rotary Club).

In quel periodo d’impegno bernese era molto attento nel curare le relazioni personali, ospitando a casa sua a Locarno Monti esponenti principali della vita politica e economia nazionale (uno dei quali era in quegli anni il cugino di primo grado Flavio Cotti, presidente emerito della Confederazione, dapprima capo del Dipartimento degli interni e poi ministro degli Esteri).

Come scritto all’inizio, Gianfranco Cotti fu anche importante protagonista della vita economica. Titolare, come detto, di uno studio legale in piazza Grande, Gianfranco Cotti fu molto attivo nella promozione di iniziative commerciali e immobiliari e si interessò intensamente dello sviluppo della piazza bancaria e finanziaria. Membro influente di gremi regionali e nazionali in seno alla Banca Popolare, assunse la presidenza del Consiglio di Amministrazione di quella che era allora una delle quattro principali banche svizzere ed ebbe un ruolo di primissimo piano nelle trattative che portarono alla fusione fra la Banca Popolare stessa e Crédit Suisse, ruolo non evidente per un ticinese!

Concludo questo ricordo tentando un profilo degli aspetti che resteranno maggiormente nel ricordo di tutti coloro che hanno conosciuto Gianfranco Cotti. Già ho detto della sua pronta, vivace intelligenza e della sua cortesia naturale. Ho avuto con lui anche qualche problema, ma ho sempre avuto l’impressione che nei rapporti personali non gli interessassero i rancori, il passato bensì il futuro. Da vero sportivo (militò nelle file del Locarno) sapeva vincere e sapeva perdere, ma soprattutto guardava alla prossima partita. Aveva infine una qualità che oggi non sembra più essere merce comune: l’arguzia, che presuppone cultura, senso dell’umorismo e conoscenza del mondo. Non ricordo di avere avuto con lui discussioni, scambi d’opinione banali.