Il caso

Addio alle risottate a causa del cambiamento climatico?

La siccità che negli ultimi anni ha colpito la Pianura Padana rende sempre più difficile la produzione del cereale
© CdT / Gabriele Putzu
Red. Online
02.03.2024 14:00

Particolarmente in voga nel periodo di Carnevale, in Ticino (e in Lombardia) è un piatto che fa parte della tradizione: stiamo parlando del risotto. Classico è l’accostamento con la luganiga. Una gioia per il palato e una delizia a cui pochi sono disposti a rinunciare. E se vi dicessero che, in futuro, sarà sempre più difficile gustare questa prelibatezza? La colpa è del cambiamento climatico o, meglio, delle sue conseguenze.

Da qualche anno a questa parte, infatti, la Pianura Padana è confrontata con una situazione inusuale per la zona: la siccità. L’area è una grande pianura alluvionale sulla quale, in passato, sorgevano numerose paludi. L’acqua, insomma, è sempre stata un problema: solo che, se un tempo a causare grattacapi alla popolazione locale era il suo eccesso, oggi è la sua assenza.

Ora, nella coltivazione del riso la disponibilità d’acqua è fondamentale e la sua mancanza potrebbe costituire un contraccolpo non indifferente per l’Italia. Secondo l’Ente Nazionale Risi, infatti, il Paese è il maggior produttore di tale cereale in Europa con circa 227.300 ettari (dato del 2020), che rappresentano oltre il 50% dell’intera superficie risicola dell’UE. Se a ciò si aggiunge il fatto che la maggior parte delle risaie si trova proprio nella Pianura Padana, si capisce l’entità del problema.

I primi segnali di allarme si sono manifestati nel 2022 quando il Po fu colpito dalla peggiore siccità degli ultimi duecento anni. Quell’anno, sempre a detta dell'Ente Nazionale Risi, l'Italia perse 26.000 ettari di risaie e la produzione del cereale calò di oltre il 30%. Nel 2023 vennero poi persi altri 7.500 ettari di risaie.

Riguardo al problema della siccità, Marta Galvagno dell'Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente della Valled’Aosta spiega al Guardian che «quanto più alte saranno le temperature, tanto più frequenti e intensi saranno questi eventi estremi».

Per ovviare alle conseguenze della siccità, alcuni agricoltori della Pianura Padana hanno deciso di diversificare le colture iniziando a coltivare piantagioni che abbisognano una minore quantità d'acqua come, ad esempio, il mais. A fare le spese di tale cambio di rotta sono però alcune varietà particolarmente pregiate di riso, come il Carnaroli, che subiscono in maniera marcata gli effetti del cambiamento climatico. Per far capire l'entità del fenomeno, il Guardian riporta la storia di Luigi Ferraris, un agricoltore che, nel 2023, ha potuto commercializzare solo il 38% del Carnaroli raccolto. «A causa della siccità, i chicchi spesso si spezzano», spiega l'uomo. A fare eco a Ferraris è Giovanni Pochettino, un agricoltore della Riserva della Biosfera Collina Po che sta pensando di abbandonare la produzione di Carnaroli perché, a causa del clima avverso degli ultimi anni, i margini di guadagno sono diventati troppo bassi.

La situazione denunciata da Ferraris e Pochettino trova del resto conferma nelle parole del ricercatore all'Ente Nazionale Risi Filip Haxhari il quale spiega che, a causa della prolungata siccità del 2022, la produzione di Carnaroli è diminuita del 50%. Proprio per tale ragione, assieme alla sua squadra Haxhari sta lavorando per sviluppare nuove varietà di riso che richiedono meno acqua e sono più resistenti ai cambiamenti climatici.

Ad aggravare l'approvvigionamento idrico delle risaie della Pianura Padana, oltre al cambiamento climatico, ci sono poi problemi infrastrutturali. Secondo una ricerca dell'Istat, infatti, nel 2020 il 42% dell'acqua trasportata dagli acquedotti è andata persa. Ecco allora che per mitigare gli effetti della siccità sono indispensabili nuovi sistemi per immagazzinare l’acqua e misure per ottimizzare la rete di approvvigionamento esistente.

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