Agitato, non mescolato e corretto

Qualche giorno prima dell’uscita nelle sale del nuovo James Bond, No Time to Die, hanno avuto molta eco le dichiarazioni del regista Cary Fukunaga, secondo il quale «sostanzialmente il personaggio dei primi film era uno stupratore». Una frase, rilasciata durante un’intervista all’Hollywood Reporter, diventata un caso. Il regista si riferisce in particolare ad alcune scene delle prime pellicole girate negli Anni ’60, nelle quali Bond insiste fino a forzare delle donne ad avere dei rapporti con lui. Comportamenti che un tempo venivano giustificati e ritenuti normali nell’approccio di un uomo dominante e sicuro di sé ma che, visti oggi, disturbano non poco. Da qualche anno, infatti, si è sentita la necessità di aggiornare in chiave moderna e attuale il personaggio di 007. Necessità sottolineata anche dai produttori storici della serie Michael G. Wilson e Barbara Broccoli. «Penso che la gente si stia avvicinando – un po’ scalciando e urlando – all’accettare che quella roba non sia più accettabile. Grazie al cielo. Bond è un personaggio che è stato scritto nel 1952 e il primo film è uscito nel 1962. Ha una lunga storia, e la storia del passato è molto diversa dal modo in cui lui viene ritratto ora» ha dichiarato Broccoli nell’intervista all’Hollywood Reporter. Anche Fukunaga – sulla stessa linea dei produttori – ragiona nell’intervista su come ci si possa muovere all’interno della continua evoluzione temporale cinematografica con un personaggio iconico come James Bond: «Non si può cambiare Bond da un giorno all’altro in una persona diversa, ma si può assolutamente cambiare il mondo che gli sta attorno e il modo in cui lui deve funzionare in quel mondo». La questione solleva dei temi d’interesse attuale, sui quali può essere utile fermarsi a riflettere. Per questo abbiamo domandato un parere a Gloria Dagnino, responsabile scientifica del Servizio Pari Opportunità e docente all’Istituto media e giornalismo dell’USI.
Rinnovare un’icona
Quando pensiamo al personaggio di James Bond, ci troviamo davanti a due grandi dati di fatto: la misura temporale e i tratti di un’icona. Questa è una saga decisamente longeva: 25 film che coprono quasi sei decenni di storia cinematografica, segnando inevitabilmente una distanza temporale. Ma è anche una saga iconica, dove il personaggio protagonista fa rivivere sempre, episodio dopo episodio, gli stessi stilemi. In effetti, la prima cosa che ci viene in mente quando sentiamo il nome di Bond, è proprio l’immagine di un uomo sicuro di sé, affascinate ed elegante in uno smoking impeccabile, mentre sorseggia il suo Vodka Martini «agitato, non mescolato». E c’è anche sicuramente il tratto del seduttore spregiudicato. Bond è sempre stato così, ed è così che il pubblico si aspetta di vederlo. In ogni caso, secondo Dagnino, la tendenza attuale è comunque quella di dare ai personaggi più profondità e sfaccettature che riflettano la natura umana. «I personaggi di oggi, gli eroi di oggi, sono profondamente diversi da quelli di 50 anni fa. Oggi siamo abituati, anche nei blockbuster, a dei personaggi più sfaccettati, più complessi». La figura di Bond, nei primi film, è la figura di un eroe invincibile ma anche abbastanza piatto, ci spiega Dagnino. Si comprende quindi perché ci sia la necessità di apportare qualche cambiamento anche a 007. «Lasciare un personaggio così macho ma anche così bidimensionale rischia di essere poco interessante per un pubblico contemporaneo», specifica Dagnino, «se si vuole che un franchise di così lunga data, come James Bond, continui a rimanere rilevante, bisogna che sia in grado di parlare al nuovo pubblico». In caso contrario, secondo la docente, si rischierebbe una grossa perdita di interesse, soprattutto da parte delle nuove generazioni. «L’alternativa sarebbe quella di interrompere a un certo punto la saga, relegando Bond a un personaggio chiuso nel passato. Evidentemente la MGM – la casa di produzione – ritiene che ci sia ancora un interesse e un potenziale economico per questa saga e quindi vuole portarla avanti. Solo che per farlo bisogna adattarla al presente, perché altrimenti rimarrebbe una sorta di feticcio». Per Dagnino il rinnovamento è stato segnato con l’avvento di Daniel Craig e in particolare dall’episodio di Skyfall, dove il regista Sam Mendes ha voluto esplicitamente dare una rappresentazione diversa del protagonista, cercando di conferirgli una maggiore profondità psicologica. E questo attraverso la narrazione di episodi del suo passato o della sua vita familiare, «l’intento era quello di renderlo meno eroe assoluto e più persona comune».


«Sostanzialmente uno stupratore»
Il nuovo regista è un uomo con una storia e un background molto particolari, che hanno subito colpito i produttori: «Ha certamente tutti i tratti che volevamo vedere in un regista» hanno dichiarato all’Hollywood Reporter. Fukunaga è il primo regista statunitense della saga di James Bond. Californiano, ma nato dall’intreccio di due culture: padre giapponese e madre svedese. Poliglotta (tra le lingue che conosce ci sono giapponese, spagnolo, francese e italiano), ha girato il mondo studiando sia in America che in Europa. Il regista spiega nell’intervista di aver goduto di «un’enorme libertà di reinterpretare il personaggio». Anche se il più grande ostacolo che ha incontrato è stato quello di portare il Bond seduttore nella realtà hollywoodiana post #MeToo. Il problema sta nel fatto che lo sviluppo di «No Time to Die» è cominciato nel 2016, prima che l’industria cinematografica subisse lo scossone degli scandali di Harvey Weinstein. Anche se l’ultimo film pone una maggiore enfasi su altre cose rispetto alle conquiste femminili, la storia di Bond, secondo quanto Fukunaga ha dichiarato, include comunque sempre un po’ di misoginia. O anche peggio. E qui si spiega il perché della sua frase, riferita a episodi avvenuti in Goldfinger (del 1964) e Thunderball (del 1965). «È in questi film dove, praticamente, il personaggio di Sean Connery stupra una donna?» chiede Fukunaga. «Lei dice “No, no, no”, e lui dice “Sì, sì, sì”. Oggi non funzionerebbe mai». Si tratta di alcune scene nelle quali Bond bacia con la forza un’infermiera, dopo che lei ha respinto le sue avances. Sempre nella stessa pellicola, il protagonista mette in scena un ricatto sessuale: fa capire alla donna che è disposto a tacere su alcune cose che potrebbero costarle il lavoro solo se lei accetta di concedersi: «Suppongo che il mio silenzio potrebbe avere un prezzo». Lei indietreggia e rifiuta, ma lui insiste togliendole i vestiti. Oppure quando spinge una protagonista femminile a concedersi a lui in un fienile. Dinamiche che oggi disturbano. Concorda anche Dagnino: «Quello a cui il regista fa riferimento sono alcune scene che, effettivamente, se analizzate e guardate con lo sguardo di oggi, sono scene di violenza. Se la stessa scena fosse girata oggi, sarebbe fatta certamente con un intento non positivo, non sarebbe mai una parte dell’eroismo del personaggio. I tempi sono cambiati».


Disclaimer e Cancel culture
Parlando di scene discutibili che troviamo in pellicole del passato, la soluzione che viene privilegiata al giorno d’oggi è quella del disclaimer prima dell’inizio del film. «Già ampiamente in uso» ci spiega Dagnino. «Diverse piattaforme come Disney+ o Netflix hanno già aggiunto questo tipo di disclaimer, in particolare nei casi di film d’animazione più vecchi, proprio per avvertire della presenza, ad esempio, di rappresentazioni stereotipate di alcune culture. Oppure dei descrittivi in apertura su contenuti violenti o abuso di droga. Sono cose che vengono segnalate». Una scelta migliore di quella della rimozione o della censura: «Personalmente sono a favore della pratica dell’annuncio piuttosto che della rimozione tout-court, perché l’eliminazione di un contenuto, di un film, sostanzialmente non ci aiuta a vedere o a capire. Non ci aiuta a imparare da quelli che noi oggi definiamo come errori, cose sbagliate. Allo stesso tempo è anche vero che se un gruppo o una comunità, si sentono particolarmente offesi da un determinato prodotto d’intrattenimento, è giusto venire incontro alle loro richieste». E, a proposito della cosiddetta Cancel culture, Dagnino ci spiega che spesso si tende ad avere su questo argomento una visione un po’ estremizzata, dovuta alle notizie che ci arrivano, quelle che fanno più clamore. Ci spiega: «Dal mio punto di vista non esiste la Cancel culture, perché di fatto viviamo nell’epoca digitale, dove gli spazi e le opportunità per produrre, distribuire e consumare informazione, intrattenimento e prodotti culturali sono pressoché infinite. Un contenuto non sparisce, non viene mai eliminato completamente. Quindi niente e nessuno viene davvero cancellato, semplicemente ci si interroga su quale sia il giusto rilievo da dare a un tipo di prodotto o a un tipo di voci».
Una donna 007 e i cambiamenti futuri
In occasione del lancio del nuovo film, e dell’addio di Craig, si è anche vociferato sulla possibilità di attribuire il ruolo della spia a una figura femminile. Anche questa notizia ha suscitato un certo clamore. Le persone si sono sentite forse un po’ spaesate immaginandosi James Bond donna? Dagnino ci risponde che questo è un discorso molto complesso, da inserire in quello delle strategie dei casting hollywoodiani. «Innanzitutto, se si arrivasse a questo cambiamento, non sarebbe ovviamente il personaggio di Bond a diventare una donna, sarebbe il personaggio di 007. E questa è già una bella differenza. Ci si riferisce al ruolo della spia e non alla persona di James Bond. In quest’ottica, il cambiamento di genere potrebbe anche starci, sarebbe un’altra incarnazione di un personaggio. Ma tutto questo, come detto, rientra nel più ampio discorso della maggiore inclusività di quelle che finora sono state le minoranze a Hollywood e nel cinema in generale».
Ci si potrebbe infine domandare se questo cambiamento che vediamo, sull’onda dei movimenti come il #MeToo o la cosiddetta Cancel culture, sia un reale cambiamento nella visione delle persone o se sia soltanto qualcosa dettato dal politicamente corretto per ripulirci le coscienze. Secondo Dagnino è in atto un vero cambiamento nel modo di pensare e di vedere il mondo e lo si deve soprattutto alle nuove generazioni. Per questo è molto importante curare i contenuti dell’intrattenimento: «Il cinema rispecchia la società e rispecchia come siamo ma, allo stesso tempo, contribuisce a portare avanti dei cambiamenti. Il cinema nutre l’immaginario collettivo. Per questo è importante che l’immaginario non si fermi su determinati modelli limitanti. Bisogna proporre una pluralità di rappresentazioni, senza escludere nulla, in modo che tutti, soprattutto i giovani, si sentano inclusi».