L’iniziativa

«Al nostro mercatino non si compra il “lavoretto” bensì un prodotto di qualità»

Con il direttore della Fondazione OTAF di Sorengo Roberto Roncoroni siamo andati alla scoperta di un evento che ormai è diventato una tradizione e abbiamo approfondito la questione della disabilità
© CdT / Chiara Zocchetti
Mattia Darni
30.11.2023 21:45

È ormai una tradizione: stiamo parlando del mercatino di Natale organizzato nella sua sede di Sorengo dalla Fondazione OTAF. Andata in scena stasera, anche quest’anno l’iniziativa ha raccolto il favore della popolazione, che ha risposto presente aggirandosi tra le bancarelle in cerca di regali.

«Il mercatino intende favorire l’incontro con la popolazione e la conoscenza reciproca», esordisce il direttore dell’OTAF Roberto Roncoroni. «Vogliamo che la Fondazione sia uno spazio aperto che incoraggia il confronto e lo scambio tra la gente promuovendo così l’inclusione dei nostri utenti nella società civile. La nostra sede deve cioè inserirsi armoniosamente nel tessuto urbano e fuggire da qualsiasi forma di ghettizzazione: non deve cioè essere autoreferenziale. Inclusione non significa infatti solo portare le persone con disabilità fuori dalla nostra struttura, ma vuole anche dire incentivare e invogliare la società civile a incontrare i nostri utenti all’interno di essa».

A favorire uno spirito conviviale e lo scambio tra i frequentatori del mercatino anche una proposta gastronomica pensata per soddisfare tutti i gusti e l’animazione musicale dei Corni dal Generus. Il riscontro è positivo. «Negli anni il mercatino è cresciuto ed è riuscito a farsi apprezzare e conoscere da un numero sempre maggiore di persone», racconta il nostro interlocutore. «A frequentare la nostra iniziativa non sono unicamente amici e familiari degli utenti OTAF, ma una fetta importante della popolazione dei comuni vicini e non solo la quale viene a farci visita con piacere. A testimoniare il successo della nostra iniziativa ci sono poi gli espositori stessi che ogni anno ci tengono a tornare a Sorengo».

Incentivare l’autonomia delle persone con disabilità

A proporre le proprie creazioni c’erano venticinque espositori. Tra di essi anche i laboratori dell’OTAF che offrono un lavoro protetto a centocinquanta persone con disabilità.

«Abbiamo diversi laboratori: di falegnameria, di ceramica, un laboratorio gastronomico e un altro d’informatica», illustra Roncoroni. «Ognuna di queste unità funziona come una piccola azienda: l’attività si finanzia con la vendita dei prodotti realizzati che devono coprire i costi di produzione e i salari degli impiegati».

Proprio per la natura imprenditoriale/commerciale di queste realtà, il prodotto finito va al di là del semplice «lavoretto». «Ciò che realizzano i nostri utenti sono dei prodotti di qualità», sottolinea il nostro interlocutore. «Abbiamo infatti superato quell’approccio, molto in voga in passato, in base al quale si realizzavano oggetti di poco conto puntando tutto sullo spirito caritatevole degli acquirenti».

All’interno dei laboratori operano persone con disabilità alle quali è stato sottoposto un contratto di lavoro. Per questa ragione devono sottostare a degli orari ben definiti che sono tenute a rispettare rigorosamente. «L’obiettivo finale è sviluppare ulteriormente l’indipendenza dei nostri utenti, che già godono di un buon grado di autonomia, favorendone così l’inclusione». Per alcuni di loro, infatti, la meta finale è il mondo del lavoro, o almeno un contatto con esso. «Dove riusciamo favoriamo l’inserimento degli utenti dei laboratori nel mondo del lavoro anche se, chiaramente, non è sempre facile. La scorsa estate, per esempio, due utenti hanno gestito il piccolo museo in vetta al San Salvatore e l’esperienza si è dimostrata positiva tanto che ci è stato chiesto di replicare l’iniziativa anche quest’anno».

Quella dei mercatini di Natale non è comunque la sola iniziativa organizzata dall’OTAF nell’arco dell’anno per favorire l’inclusione, la conoscenza e l’apertura verso la società civile. «In primavera proponiamo la festa di San Giuseppe, durante l’estate organizziamo le serate di cinema e in settembre una giornata di porte aperte», illustra il nostro interlocutore.

Abbattere le barriere psicologiche

Tali iniziative sono importanti per evitare che la realtà dell’OTAF si chiuda su sé stessa. «Queste proposte sono fondamentali per favorire l’inclusione», sottolinea Roncoroni. «Esse permettono alla gente di abbattere quella barriera psicologica che può dissuadere dall’entrare nel nostro quartiere. Solo superando tali confini si può conoscere la nostra realtà e si possono costruire delle relazioni durature. Il primo passo sul sentiero dell’inclusione è infatti la conoscenza reciproca, il confronto».

Quello che porta all’inclusione è un percorso lungo e a volte tortuoso: la società odierna a che punto si trova? «Negli anni la sensibilità verso le persone con disabilità è accresciuta; ora è fondamentale non abbassare la guardia», precisa il nostro interlocutore. Per avere un rapporto di uguaglianza è comunque necessario che le persone con disabilità vengano trattate proprio come tutte le altre e non «con le pinze»: solo così si riesce a non farle sentire diverse. «Forse il problema è che oggi prima dell’individuo si tende ancora a vedere la disabilità: questo sicuramente è un aspetto su cui si può ancora lavorare e il miglior modo di farlo è conoscersi. Sono comunque fiducioso che in futuro le cose miglioreranno».

Detto degli aspetti positivi, non si possono tuttavia trascurare quelli negativi se si vuole giungere ad un futuro in cui l’inclusione delle persone con disabilità sia assoluta. «Dal punto di vista delle barriere architettoniche c’è ancora del lavoro da fare: e penso a gradini, marciapiedi e accesso agli edifici pubblici», conclude il direttore della Fondazione OTAF di Sorengo Roberto Roncoroni.