Alberto da Giussano conquista tutta la Penisola

«Dopo mesi di campagna elettorale, di comizi, manifestazioni, confronti, attacchi e polemiche, ora possiamo finalmente dire che la Lega non è più soltanto il primo partito al Nord, ma anche al Sud». Con queste parole – tra l’una di notte (a urne chiuse da due ore) e la prima mattinata di ieri – il leader leghista Matteo Salvini, ha ripetutamente sottolineato il marcato risultato emerso per il suo partito in queste elezioni Europee 2019 al cospetto della stampa internazionale. Un risultato che, ha ripetuto il ministro dell’Interno nella sua Milano, che «conforta» e «premia» un lungo lavoro; impegnativo ma concreto, «a beneficio di tutti i cittadini italiani». Le cifre – ora definitive – parlano chiaro. In Italia la Lega ha ottenuto il 34,33% dei voti, con una netta avanzata anche nel Sud. Secondo partito nazionale è il PD di Nicola Zingaretti, con una percentuale del 22,70%, mentre il Movimento 5 Stelle di Luigi Di Maio, si è fermato a quota 17,07%. Un risultato che gli analisti politici addebitano alle troppe indecisioni e contraddizioni del suo stesso leader (ora non più supportato dall’invasiva presenza di Beppe Grillo e di Davide Casaleggio). Forza Italia, con in campo l’ex premier di centrodestra Silvio Berlusconi, ha ottenuto l’8,79% dei consensi, mentre Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni ha raggiunto il 6,46% (la soglia di sbarramento in Italia è del 4%). «Non chiederò nemmeno mezza poltrona in più – ha subito messo in chiaro Salvini in conferenza stampa – ma un’accelerazione dell’azione di Governo sui dossier più urgenti. Tra questi cita la «flat tax» (il 18 maggio in piazza Duomo aveva detto di voler seguire il modello ungherese con un’imposizione del 15% per tutti come in Ungheria), il decreto sicurezza – a partire dalla lotta all’immigrazione clandestina – l’autonomia e la TAV. In ottica comunitaria, ha specificato il ministro dell’Interno, «il voto di oggi ci dice che cambieranno le regole d’Europa». Già l’Europa, al cui proposito il leader della Lega ha anche parlato di un «nuovo Rinascimento europeo». Forte – s’intende – della pesante vittoria elettorale ottenuta in Francia dalla leader del Rassemblement National Marine Le Pen, sua stretta alleata (che ha superato nelle preferenze il presidente Emmanuel Macron), del trionfo del Partito della Brexit di Nigel Farage, di quello del capo del Governo magiaro Viktor Orban, e di una serie di altri alleati antieuropeisti, in particolare appartenenti al gruppo dell’ENF, l’Europa delle nazioni e della libertà. Nella sede della Segreteria nazionale della Lega in via Carlo Bellerio (patriota nato a Milano nel 1800 e deceduto a Locarno nel 1886), i dati del voto hanno dunque risposto in pieno alle attese del movimento capitanato da Salvini, che fu fondato da Umberto Bossi, il quale acquistò la roccaforte situata nella zona Nord di Milano nell’ormai lontano 1993, in tempi in cui era la Padania l’obiettivo finale di tutte le battaglie del Carroccio. Il quadro storico, da allora, è mutato a 360 gradi. La Lega è ora un partito nazionale, di destra, contrario ai poteri forti e anti-UE. La secessione è morta e sepolta. Tant’è che Salvini, domenica, ha preso i l largo anche in regioni dove, da sempre, la sua Lega è stata inesistente o ridotta al lumicino nelle diverse consultazioni comunali, regionali e nazionali precedenti. Prima fra tutti la Sicilia, dove il leader della Lega, con i suoi complessivi 2,2 milioni di voti preferenziali ottenuti in queste elezioni europee, è stato il candidato più votato, sbancando anche luoghi simbolo del Paese da sempre ostili al movimento, come l’Emilia Romagna, dove i consensi si sono attestati attorno al 33%. La battaglia, ora, si gioca su due fronti, paralleli ma l’uno dipendente dall’altro: quello nazionale e quello europeo. Ieri Matteo Salvini ha annunciato di non voler «ricontrattare» i vincoli di bilancio con i partner europei, confermando così gli impegni del patto di Governo sottoscritto con i pentastellati nel marzo 2018. In ambito fiscale in particolare, la riduzione della tassazione, ha detto, è un imperativo: «Lavoro per una manovra che abbia uno shock fiscale positivo». In ambito europeo, mentre restano aperte le nomine di importanti poltrone – a partire da quella del presidente della Commissione (Jean Claude Juncker, come noto, ha lasciato) – saranno presto definiti i nuovi gruppi. Secondo Salvini l’obiettivo di un fronte sovranista allargato è stato raggiunto. «L’Europa – ha concluso – dovrà fare i conti con la Lega». Volere è potere, soprattutto con la croce in mano.