Lavoro

«Alla Alcar Ruote di Manno un'operazione di dumping salariale»

È l'accusa di UNIA, che già cinque anni fa si era opposto all'accordo siglato tra direzione, OCST e maestranze –Al centro c'è la regolazione del salario in funzione del tasso di cambio
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Jenny Covelli
17.05.2023 16:30

«ALCAR RUOTE SA informa che, a causa del perdurare della crisi del settore automobilistico e la conseguente perdita di fatturato, l’Azienda è costretta a ricostruire un quadro economico generale che consenta il mantenimento delle proprie attività produttive in Svizzera; pertanto, in data odierna ha aperto una procedura di consultazione con la propria Rappresentanza del personale nell’ambito di una pratica di licenziamento collettivo». È la comunicazione con cui la ditta con sede in via Violino 4 a Manno, attiva nella fabbricazione, il commercio e la progettazione di ruote per autoveicoli civili e industriali, ha annunciato questa mattina le sue intenzioni

Il Gruppo ALCAR è una multinazionale leader in Europa nel settore cerchi aftermarket. Gruppo che, solo una settimana fa (con effetto dal 21 aprile), ha completato l’acquisizione di Willy Erny AG, il suo importatore svizzero di lunga data. L’azienda Erny – facevano sapere appunto il 10 maggio – ora opera come Alcar Erny AG e commercializza tutti i principali gruppi di prodotto di Alcar: ruote in alluminio e acciaio, sistemi di monitoraggio della pressione dei pneumatici, prodotti per camion e veicoli commerciali, cura del veicolo, catene da neve e sedili Recaro, nonché altri accessori. Segno che le cose, in casa ALCAR, non vanno poi così male.

Ma andiamo con ordine. Perché l'azienda – a Manno dal 1995, ma se si pensa all'Ambrosetti Ruote si va indietro fino al 1920  – è finita del mirino dei sindacati esattamente cinque anni fa. E c'è un perché.

Il precedente

Era il 4 luglio 2018 quando UNIA denunciava: «La ruota dello sfruttamento gira a pieno regime». Il motivo è presto detto e riguarda le condizioni di impiego, ovvero salariali. ALCAR RUOTE SA è infatti una delle poche ditte che ha ancora un accordo di regolazione del salario in funzione del tasso di cambio. Tra il 2011 e il 2012, a seguito della prima grande crisi del cambio, l'azienda «impose ai propri dipendenti una serie di peggioramenti di natura contrattuale volti a recuperare le perdite economiche derivanti dal deprezzamento dell’euro», scriveva UNIA. L’accordo prevedeva a carico del personale il dimezzamento delle indennità per i turni (pari a una riduzione del salario mensile attorno ai 150 franchi), la rinuncia a due giorni festivi infrasettimanali pagati (pari a una riduzione del salario di circa lo 0,8%), la rinuncia a 30 minuti di pausa pagata (che corrisponde a una decurtazione salariale tra il 6 e il 6,5%) e l’introduzione di un modello di flessibilità che avrebbe dovuto permettere all’azienda di far fronte in maniera più agevole ai picchi di lavoro stagionali. Per ALCAR queste misure hanno corrisposto a un risparmio di centinaia di migliaia di franchi, il tutto per permettere – a loro dire – di affrontare una situazione economica particolarmente difficile. In cambio i lavoratori hanno avuto la garanzia del mantenimento dei posti di lavoro.

«In prossimità della scadenza della prima fase di quest’accordo, la BNS ha comunicato l’abolizione della soglia minima di cambio (fissata allora a 1.20 franchi). A fronte di questa nuova situazione, il direttore di Manno Walter Alpini ha presentato ai dipendenti ultimi ulteriori peggioramenti». Dopo mesi di trattative, i lavoratori hanno siglato un accordo valido fino a giugno 2018 che prevedeva l’introduzione di un modello di correzione verso il basso del salario in funzione dell’evoluzione del cambio. «Man mano che il tasso di cambio diminuiva, maggiore diventava la decurtazione del salario, fino a raggiungere un taglio pari al 10,50%», scriveva ancora il sindacato.

Nell'estate del 2018, UNIA è uscita dal tavolo delle trattative. È stato raggiunto un accordo tra direzione, sindacato OCST e maestranze che prevedeva il rinnovo dell'accordo siglato nel 2015. «All'epoca noi lo abbiamo sottoscritto in qualità di garanti», precisa l'OCST. «L'azienda si era infatti impegnata sia dal punto di vista del miglioramento delle infrastrutture, sia per quanto riguarda gli investimenti. E avevano assicurato che i contratti interinali sarebbero diventati fissi. Il personale, in forma segreta, ha votato l'accordo, seppur con un minimo scarto. Solo successivamente al voto dei dipendenti, l'OCST lo ha firmato». L'accordo, quinquennale, è in scadenza a fine giugno 2023.

Oggi

E qui arriviamo a oggi. Stando a UNIA, i vertici di ALCAR RUOTE SA hanno intenzione, anche quest'anno, di rinnovare lo stesso accordo. Ma i dipendenti si sarebbero opposti a quella che considerano una decurtazione del salario. La proprietà ha quindi convocato le parti sociali. E ha, appunto, aperto una procedura di consultazione con la propria Rappresentanza del personale nell’ambito di una pratica di licenziamento collettivo. Procedura prevista dal CCL che solitamente, spiega il sindacato, viene utilizzata nel caso di un calo della produzione (e quindi delle entrate), per far quadrare i conti. Ma non sarebbe questo il caso.

La ditta di Manno, è l'accusa odierna di UNIA, «sta facendo un'operazione di dumping salariale». Perché «annuncia il licenziamento di 97 persone – tra residenti in canton Ticino e frontalieri, oltre a una decina di interinali –, a meno che non ci saranno proposte alternative volte a contenere la massa salariale ai livelli attuali». Ma «una proposta equivalente è impossibile». Nelle intenzioni dei vertici ci sarebbe quindi la formalizzazione di (nuovi) contratti di lavoro (agli stessi dipendenti) con salari più bassi. «Far rientrare dalla finestra chi sbattono fuori dalla porta, proponendo 500 franchi in meno in busta paga». Un rischio «reale e concreto», precisa l'OCST, «che non si dovrebbe correre, perché il funzionamento di un'azienda passa anche dalla soddisfazione dei suoi dipendenti».

Da oggi parte la fase di consultazione classica. «L'accordo, in questi termini, non si può sottoscrivere poiché dannoso per il personale – continua l'OCST –. Siamo sicuri che con buona volontà e senso di responsabilità si possa mediare e mitigare gli effetti delle decisioni. Ci auguriamo che si possa ragionare, anziché stare sulle barricate». I due sindacati, come prevede il CCL dell'industria delle macchine, vogliono essere della partita.

La direzione di ALCAR RUOTE SA, da noi contattata, non ha voluto rilasciare dichiarazioni, rimandando al comunicato stampa di questa mattina.

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