«All’inizio ero scettica poi mi sono ricreduta»

Quando sono arrivate le Barbie ne ero una fiera avversaria. Poi, però, nel tempo ho avuto modo di ricredermi». Francesca Rigotti, apprezzata filosofa e saggista nonché docente della Facoltà di scienza della comunicazione all’USI, analizza il 60. compleanno dalla bambola Barbie anche con una punta di nostalgia visto che l’evoluzione del giocattolo è andata di pari-passo con vari periodi della sua vita, da giovane donna, poi mamma e in seguito nonna.
Come mai quell’avversione iniziale?
«Probabilmente perché era il periodo in cui avevo smesso di giocare con le bambole, e quindi ho iniziato a guardare a quel giocattolo con una punta di invidia e di risentimento per non aver potuto partecipare a quel mondo. Tanto da considerarla unicamente come un mero prodotto del consumismo americano».
Poi cosa è accaduto?
«Da mamma ho iniziato a vedere la Barbie in modo un po’ diverso. A partire dal messaggio che la Mattel ha voluto lanciare attraverso il giocattolo: basta con la bambina-mamma che gioca con la bambola-figlio. Ora facciamo la bambina “futura donna” che gioca con quello che sarà nel prossimo futuro o con quello che è già la sorella maggiore. Quindi non più un destino di mamma con il bambolotto come quello che avevo subito io (che giocavo disperatamente con le bambole di cui ero madre) bensì una bambola proiettata nel futuro del destino personale della bambina. Una formula che ha stravolto il mondo del giocattolo e l’ha portato in una condizione in qualche modo emancipata perché mentre il bambolotto tradizionale ti lega al destino di mamma, la Barbie ti porta nel mondo dei mestieri, delle professioni. Un po’ come accadeva con i giocattoli per i maschietti, che offrivano loro molti modelli con i quali identificarsi, dagli omini della Playmobil ai soldatini. L’unica cosa che mi ha sempre lasciata perplessa è stato il fisico particolare delle Barbie, con gambe e braccia esageratamente lunghe».



Non crede che sia stato un tentativo di imporre un modello particolare di donna?
«Sicuramente. Poi però sono nate le Barbie politicamente corrette, scure di pelle e con i capelli ricci. Quel modello iniziale – ispirato alle bionde slanciate e nordiche molto ammirate negli anni Sessanta – si è insomma diluito. Inoltre quando la bambola si è progressivamente evoluta, ha lanciato un chiaro messaggio emancipatorio alle future donne, soprattutto quando è stata messa a confronto con mestieri (il chirurgo ne è un esempio) che sono maschili per antonomasia. Poi sono arrivate le Barbie curvy, che riflettevano il mutato fisico delle ragazze. Dunque la Barbie da un lato ha spinto le bambine a proiettarsi nel futuro, ma contemporaneamente non ha mai perso di vista il presente».
Lei vede nel giocattolo della Barbie più elementi positivi che negativi. Ciononostante moltissime donne continuano a rimanere fiere avversarie del giocattolo...
«Probabilmente perché hanno visto ciò che ho visto io all’inizio, ovvero l’immagine della donna-bambola. Quindi l’oggetto delle brame maschili. Io però vi ho visto nel corso degli anni un progetto educativo: l’ho messa in mano a mia figlia e ho visto che anche i suoi fratelli minori, in sua assenza, si tuffavano nell’angolino delle Barbie per giocare. Non c’è stato un tabù da parte mia, bensì una riconciliazione dopo che negli anni mi era sembrata come un mostro di oppressione della donna mentre invece, soprattutto negli anni Sessanta era una cosa rivoluzionaria. Che lanciava messaggi profondi».
A sessant’anni dalla creazione della Barbie e in piena epoca dei giochi tecnologici ha ancora senso giocare con una simile bambola?
«Credo di sì. Ritengo che toccare oggetti e materiali diversi (oggetti, terra, acqua) sia molto meglio per un bambino che limitarsi agli schermi dei computer, dei videogiochi, per quanto riguarda l’ educazione dei sensi come anche dell’intelligenza. La bambola stessa con le sue fattezze, il fatto di doverla vestire e svestire, offre un percorso di apprendimento per un bambino piccolo. Ma anche per come si gioca con le Barbie: ogni bambina porta infatti le sue, le prende in mano e svolge dei giochi di ruolo. Invece di dire “io ero la principessa e tu eri...” come si faceva una volta, oggi questo gioco di ruolo viene svolto dalla Barbie. E questi giochi sono enormemente educativi, stimolanti, arricchenti».