Il caso

Anche Google verso tagli al personale?

Non solo Twitter e Meta, anche Lyft, Stripe, Snap e ora Mountain View – La lettera del fondo TCI ad Alphabet in cui vengono chieste misure di risparmio, anche sui dipendenti
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Jenny Covelli
16.11.2022 19:45

La scure di Elon Musk su Twitter. Non si parla d'altro negli ultimi giorni: i tagli al personale del social network che ginguetta. Una situazione che per certi versi ha dell'assurdo come, per citare solo gli ultimi episodi, il «He's fired» in un tweet, oppure la mail con cui il patron di Tesla invita il personale a confermare cliccando su un link di accettare una «performance eccezionale», altrimenti riceverà tre mesi di liquidazione e sarà lasciato andare. Ma c'è un'altra azienda che solitamente viene utilizzata quale «esempio virtuoso» di una politica del personale corretta e «confortevole» che, però, questa volta è al centro di una notizia meno positiva: Google. «L'ad del fondo attivista londinese TCI Fund Management, Christopher Hohn, ha scritto ad Alphabet, la holding a cui fa capo Google, che "l'azienda ha troppi dipendenti e il costo per dipendente è troppo alto", e deve quindi ridurre drasticamente la forza lavoro». Così inizia un articolo pubblicato dal Guardian.

Il contenuto della lettera

TCI, che detiene azioni Alphabet per un valore totale di oltre sei miliardi di dollari, ha scritto al suo ad Sundar Pichai esortandolo a mettere in atto le misure di riduzione dei costi introdotte da altri grandi rivali in campo tecnologico, come Meta, Amazon e Microsoft. Citando proprio la missiva inviata a Meta a fine ottobre dall’ad di Altimeter Capital, Brad Gerstner, Christopher Hohn ha sottolineato che «l'eccesso di personale» nelle aziende tecnologiche è «un segreto mal custodito» nella Silicon Valley. Finora, però, Alphabet era riuscita a trattenere tutti i propri dipendenti, a differenza di quanto accaduto a Twitter e alla stessa Meta. «Le nostre conversazioni con ex dirigenti - si legge nella lettera - suggeriscono che l'azienda potrebbe essere gestita in modo più efficace con un numero significativamente inferiore di dipendenti». Sundar Pichai, CEO di Google e Alphabet, ha dichiarato a inizio settembre (parlando alla Code Conference di Los Angeles) di voler rendere l’azienda più efficiente del 20%. «Non potremmo essere più d'accordo». E ancora: «La base di costo di Alphabet è troppo alta e la direzione deve intraprendere un'azione aggressiva. L'azienda ha troppi dipendenti e il costo per dipendente è troppo alto».

«C'è chi guadagna troppo per quello che fa»

Hohn ha affermato che Alphabet, che impiegava quasi 187.000 dipendenti alla fine del terzo trimestre, ha raddoppiato il numero di stipendiati dal 2017, con un organico in crescita annuale del 20%. «Questo incremento è eccessivo, sia in relazione alla crescita storica dell'organico che a ciò che l'azienda richiede - ha quindi aggiunto Hohn -. Le nostre conversazioni con gli ex dirigenti di Alphabet suggeriscono che l'attività potrebbe essere gestita in modo più efficace con un numero significativamente inferiore di dipendenti». Le quattro pagine contengono anche un attacco alle retribuzioni: Alphabet offre ai dipendenti «alcuni dei salari più alti della Silicon Valley». Snocciolando anche le cifre: lo scorso anno il compenso medio per un dipendente di Alphabet era di 295.884 dollari secondo i documenti depositati presso la Securities and Exchange Commission (SEC). Il 67% in più rispetto alla rivale Microsoft e del 153% in più rispetto alle 20 maggiori società tecnologiche negli Stati Uniti, secondo l'analisi di S&P Global. «Non c'è alcuna giustificazione per questa enorme disparità». Gli scienziati informatici più talentuosi e brillanti impiegati da Alphabet «rappresentano solo una frazione della base di dipendenti». Lo stipendio destinato al personale non tecnico - vendita, marketing e amministrazione - dovrebbe essere «in linea con quello di altre società tecnologiche».

La richiesta di risparmio arriva in un momento in cui i tagli al personale si fanno sempre più frequenti nelle aziende della Silicon Valley, che sentono la pressione di un rallentamento dell'economia globale e delle entrate, come quelle della pubblicità. Una settimana fa l'azienda del fondatore Mark Zuckerberg ha annunciato il taglio di 11.000 posti di lavoro, circa il 13% della sua forza lavoro globale. Il gigante dei social media con sede a Menlo Park ha dichiarato che i licenziamenti fanno parte di un'ampia operazione di riduzione dei costi, che comprende il ridimensionamento del budget, la riduzione dei benefit e del patrimonio immobiliare. Zuckerberg ha dichiarato di avere assunto troppo personale, prevedendo una rapida crescita anche dopo la fine della pandemia, cosa che non si è verificata. Amazon, secondo indiscrezioni, licenzierà circa 10.000 persone. Per la società di Jeff Bezos si tratterebbe del più grande taglio di posti di lavoro della storia: significherebbe licenziare circa il 3% dei dipendenti e meno dell’1% della forza lavoro globale di oltre 1,5 milioni di lavoratori, composta principalmente da chi lavora a ore. Anche Lyft, Stripe, Snap e altre aziende tecnologiche hanno licenziato negli ultimi mesi. Insomma, pare che tempi duri siano purtroppo in arrivo anche in casa Google.