Il caso

Anche i (calciatori) ricchi piangono

La ribellione contro i mercanti del pallone: «È ora di unirsi e picchiare i pugni sul tavolo»
Nel 2021/22, nei 5 grandi campionati europei, gli infortuni sono aumentati del 20%. (KEYSTONE/Georgios Kefalas)
Marco Ortelli
29.10.2023 15:30

Calendari vieppiù sovraccarichi per l’introduzione di nuove competizioni e per l’ampliamento di quelle esistenti. Contro tutto ciò si sta levando un coro di voci di «attori» diversi.

I giocatori, come il capitano dell’Olanda van Dijk e il francese del Real Madrid Tchouaméni, che a mezzo stampa affermano: «Occorre picchiare i pugni sul tavolo e unirsi contro il sovraccarico che mette a dura prova l’organismo».

Gli allenatori Xavi (Barcellona), Klopp (Liverpool) e Guardiola (Manchester City) che con le tasche piene di soldi invitano i giocatori a «scioperare».

La Federazione internazionale dei calciatori professionisti FIFPro che nel suo rapporto annuale riporta: «Il 53% dei giocatori ha affermato di essersi ferito o di essersi sentito più suscettibile alle lesioni a causa dei vincoli del calendario».

Il broker assicurativo britannico Howden: «Nel 2021/22, nei 5 più grandi campionati europei i ferimenti sono aumentati del 20%». Ahia.

Per commentare il «coro» abbiamo contattato l’ex capitano della Nazionale e psicologo Lucio Bizzini e Marc Duvillard - già giocatore, allenatore, promotore del calcio in Africa e oggi coach developer in Romandia - che nel 1975 crearono la prima Federazione dei giocatori in Svizzera. Due esperti in materia di salvaguardia del benessere materiale e non solo dei calciatori.

«Non sono sorpreso che sia stato rilevato un aumento del 20% degli infortuni per affaticamento - commenta Lucio Bizzini -. Se oggi il livello del gioco è eccezionale, è necessario che vengano messe in risalto anche le zone d’ombra come quelle evidenziate dalle dichiarazioni dei giocatori». «È importante che Tchouaméni e van Dijk abbiano denunciato l’eccesso di partite - gli fa eco Marc Duvillard -, poi però domani vanno a giocare, non dicono basta, non gioco perché sono stanco e non ce la faccio più». E di rimbalzo, l’ex compagno di squadra di Duvillard allo Chênois (1972-1975) Bizzini: «E Guardiola ha un bel dire «scioperate», ma se un giocatore del Manchester City lo facesse davvero, nel City non giocherebbe più».

La questione è aperta, per Bizzini e Duvillard è più opportuno «rivendicare in modo più efficace. Le dichiarazioni individuali vanno bene, ma sarebbe meglio lasciare alle associazioni dei giocatori - sia nazionali come la Swiss association of football players, sia internazionali come la FIFPro - e degli allenatori il compito di «picchiare i pugni sul tavolo» esercitando una pressione anche a livello mediatico».

Per un «pugno» di dollari

Intanto le partite tenderanno ad aumentare. «Perché tutto questo?», chiede lo psicologo Bizzini. «Enfin è il re denaro che pone le condizioni e decide», risponde il coach developer Duvillard. L’equazione è nota. Le competizioni internazionali e nazionali generano soldi che vengono distribuiti alle federazioni e ai club che li impiegano anche per finanziare le rose delle squadre sempre più allargate, creando situazioni paradossali, come evidenzia l’ex capitano della Nazionale Bizzini: «Ci sono grandi squadre in Inghilterra che arrivano ad avere 30-35 giocatori di livello, non tanto per farli giocare tutti, ma per impedire che giochino altrove. Questa è un’altra ombra che le associazioni dovrebbero evidenziare». Giocatori che in altre squadre sarebbero titolari, ma che potrebbero magari mettere in discussione il primato dei club, tradotto: la qualifica a una coppa europea generatrice di molti milioni di franchi.

Certo, il mondo del calcio è cambiato, basta pensare alla Svizzera negli anni ’70. «A quel tempo i giocatori appartenevano ai club che decidevano quando e dove trasferire il proprio giocatore. C’era poco da dire sì o no», affermano i due creatori della prima Federazione dei giocatori in Svizzera. Un no ci fu, e fece scalpore, «quello di Gérard Perroud, che nel 1973 promosso una causa contro il Servette - vincendola – perché il club non aveva firmato la liberatoria al giocatore che voleva trasferirsi a Sion bloccandone la carriera». Poi è arrivata la sentenza Bosman del dicembre 1995 che ha reso i giocatori «liberi» di circolare. Per arrivare ai giorni nostri, inflazionati di partite che potrebbero portare non solo i corpi dei giocatori ma un po’ tutti a sbottare con un «j’en ai marre», osservano Lucio Bizzini e Marc Duvillard.

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