L'analisi

Anche il prezzo del petrolio nel vortice delle banche

La quotazione del barile di greggio Brent, quello trattato al mercato di Londra, è di poco superiore ai 72 dollari – Due settimane fa superava gli 86 dollari – L'elevata volatili
© REUTERS/Darrin Zammit Lupi
Gian Luigi Trucco
21.03.2023 06:00

Il prezzo del petrolio mostra una elevata volatilità, sull’onda degli umori del mercato legati alle crisi delle banche regionali americane ed alla fragilità del settore bancario in generale, ai piani di salvataggio, ai successivi ripensamenti su di una possibile estensione del contagio, anche alla luce della vicenda Credit Suisse, il tutto sullo sfondo dei timori di recessione e delle incertezze che avvolgono l’inflazione e i prossimi passi delle banche centrali.

La quotazione del Brent londinese è passata dagli 86,50 dollari al barile del 6 marzo ai 72,95 del 15 marzo, con una fiammata di ottimismo verso i 75,59 dollari dei giorni successivi, e ora si attesta intorno a 72,53 dollari, valore minimo degli ultimi 15 mesi.

Fermo restando che nelle fasi turbolente dei mercati si abbia uno spostamento dagli asset ritenuti più rischiosi verso i cosiddetti beni rifugio, nel caso del petrolio le correlazioni fra aspetti finanziari e fondamentali, legati a domanda e offerta, appaiono relativamente labili. I primi hanno avuto la netta prevalenza sui secondi, come del resto è stato rilevato dai vertici dell’OPEC+, per i quali il mercato va verso una rapida stabilizzazione.

La ripresa cinese fornisce supporto alla domanda e i prezzi bassi inducono gli Stati Uniti a ricostituire le riserve strategiche (SPR) utilizzate come «calmiere» nella fase di prezzi elevati e ora a livelli minimi.

I rappresentanti di Arabia Saudita e Russia si sono riuniti giovedì 16 marzo, confermando la decisione presa dall’OPEC+ lo scorso ottobre di tagliare l’estrazione di due milioni di barili al giorno fino alla fine del 2023. La prossima riunione di monitoraggio dell’organizzazione è prevista per il 3 aprile. 

Asimmetrie di mercato

Nel suo ultimo rapporto la stessa OPEC+ indica che la domanda di petrolio aumenterà nel corso del 2023 di 2,32 milioni di barili al giorno, grazie alle aperture post-COVID della Cina (+710 mila barili giornalieri rispetto ai precedenti 590 mila), alla ripresa globale di viaggi e trasporti. Tuttavia si nota come un fattore negativo sia rappresentato dagli alti tassi d’interesse, soprattutto per Europa e Stati Uniti.

Un supporto ulteriore alla domanda di greggio può venire da quanto indicato, in forma addirittura allarmistica, dal direttore esecutivo della IEA-International Energy Agency, Fatih Birol, secondo il quale il prossimo inverno potrebbe vedere un forte gap energetico, una drammatica penuria di GNL (Gas naturale liquido), a causa dei terminali insufficienti in Europa, della forte domanda cinese, del lento sfruttamento dei nuovi giacimenti e dell’abbandono del nucleare da parte di molti Paesi. Secondo la IEA la sola Asia userà, già nel 2025, oltre la metà dell’energia elettrica mondiale.

Lo scenario petrolifero è stato anche interessato dal discorso particolarmente duro, e chiaramente rivolto contro Washington, tenuto a Riyadh dal ministro dell’Energia saudita, principe Abdulaziz bin Salman: il regno saudita non venderà petrolio ad alcun Paese che imponga un tetto al prezzo, iniziativa che conduce all’instabilità del mercato. Ha ventilato anche la possibilità che l’Arabia Saudita riduca la propria produzione.

Il ministro ha stigmatizzato l’iniziativa legislativa americana NOPEC (No Oil Producing and Export Cartels), che esporrebbe anche l’OPEC+ al giudizio arbitrario della magistratura USA attraverso le leggi antitrust. Per Abdulaziz una tale iniziativa «minerebbe gli investimenti nelle capacità del settore e determinerebbe gravi cadute dell’offerta a fronte della domanda futura. L’impatto sarebbe avvertito a livello globale su produttori, consumatori e sull’intera industria petrolifera».

Ottimismo sulle prospettive del settore, al di là della situazione contingente, è stato espresso anche da Amin Nasser, CEO di Saudi Aramco, in occasione della conferenza stampa in cui il gigante petrolifero ha comunicato il miglior risultato di bilancio da quando la società è quotata (utile 2022 a 161,1 miliardi di dollari). La capacità residua è di 2 milioni di barili giornalieri, le vendite a Cina e India sono in crescita nonostante gli aumentati flussi dalla Russia, aggiungendo che anche il recente accordo con l’Iran avrà un effetto positivo per la sicurezza nel Golfo e quindi per il mercato dell’energia. Ha tuttavia lamentato come situazione finanziaria e pregiudizi ideologici frenino gli investimenti nel settore. 

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