«Bally: crescere senza compromessi per difendere il nostro patrimonio»

Nicolas Girotto a maggio è stato nominato CEO di Bally. Lo storico marchio svizzero delle calzature e degli accessori di lusso prosegue la strategia di espansione internazionale.
Bally da tempo è diventato un gruppo internazionale. Cosa è rimasto del marchio elvetico ?
«Innanzitutto, l’headquarter di Bally ha sede in Ticino, a Caslano: conta oltre 350 dipendenti (su 1.500 globali, ndr) ed è il principale stabilimento che produce ogni anno più di 200.000 paia di scarpe. Bally sostiene la comunità artistica del Canton Ticino attraverso la Fondazione Bally e il premio Bally Artist of the Year, fondato nel 2007. Inoltre la collaborazione con MASI e la sponsorizzazione del Fashion Innovation Award confermano l’impegno del brand a investire nel talento locale. Pur essendo oggi un brand internazionale, con quasi 170 anni di storia il marchio rende onore alla tradizione pionieristica svizzera e all’innovazione, aggiungendo sempre un proprio senso di modernità. Gli elementi culturali che rispettano le origini elvetiche del brand come l’architettura, l’arte e la natura sono rilevanti ancora oggi come codici e pilastri del suo lifestyle».
Come neo CEO, quali sono le sfide più importanti da affrontare nei prossimi due anni?
«Sicuramente continuare a tutelare il DNA del brand, senza compromessi sulla qualità e sulla conservazione del nostro patrimonio. A livello globale, mantenere una presenza coerente e rilevante attraverso lo sviluppo e il rafforzamento del canale retail con nuove aperture nelle principali piazze, seguendo la strategia già avviata con le aperture di China World a Pechino e Milano Montenapoleone. Infine, proseguire il nostro impegno a lungo termine per un approccio al lusso più sostenibile, come dimostra l’iniziativa Peak Outlook».
Quali sono i vettori di crescita?
«La Cina è il mercato che ad oggi sta guidando maggiormente la crescita del business del lusso e Bally è stato uno dei primi brand a entrare in questo mercato chiave negli anni ‘80, con una presenza oggi di oltre 50 negozi. Per questo puntiamo a consolidare la nostra presenza, a partire dall’apertura lo scorso aprile di un nuovo flagship store a China World Mall, a Pechino. Poi c’è il mondo digitale e online, cruciale per tutti i brand del lusso che vogliono rimanere competitivi sul mercato. Rafforzeremo il nostro approccio omni-channel, nonché la nostra presenza digitale con il lancio della nuova interfaccia del sito web il prossimo anno. Vogliamo anche sviluppare delle efficaci strategie locali, in modo da creare un dialogo diretto con i consumatori che richiedono sempre di più esperienze esclusive e prodotti dedicati».
A proposito dell’iniziativa Peak Outlook e dell’operazione Clean up Monte Everest qual è il messaggio che Bally vuole lanciare?
«Le montagne e lo stile di vita alpino svolgono un ruolo speciale nel patrimonio di Bally, essendo profondamente legati alle nostre origini e ai nostri codici. La scelta di un impegno a lungo termine per la protezione dei paesaggi montani di tutto il mondo, sempre più minacciati dal turismo all’aperto e spesso dimenticati dal grande pubblico, è da un lato una scelta che richiama le nostre radici - (lo sherpa Tenzing Norgay, indossando degli stivali Bally, fu il primo a raggiungere la vetta del monte Everest insieme a Sir Edmund Hillary, nel 1953, ndr) -, dall’altro vuole sottolineare la nostra consapevolezza della necessità di rendere il mondo del lusso sempre più concretamente sostenibile».
La sponsorizzazione del Fashion Innovation Award in Ticino in primavera è un modo per allargare le collaborazioni con giovani start up in questo ambito?
«Esatto, la sostenibilità non può rimanere un discorso teorico o legato a delle iniziative particolari, deve diventare parte del processo di produzione e di una conversazione più ampia che includa la messa in atto di pratiche commerciali sostenibili».
