Barilla sposa la «cottura passiva» della pasta

Ebbene sì. La questione della «cottura passiva» della pasta, dopo avere invaso i social network (e anche alcune cucine, soprattutto quelle degli studenti universitari in coabitazione), è tornata. E, questa volta, ha uno sponsor d'eccellenza: Barilla. Che per gli italiani (e non solo) è sacra. Il grande produttore, uno dei più famosi marchi di pasta, ha abbracciato la cottura passiva. Con un’intensa campagna social, l’azienda alimentare di Parma incoraggia «a prendere parte a una rivoluzione ecologica e a compiere un piccolo gesto d’amore per il pianeta».
La cottura passiva
Si tratta di fare bollire la pasta per soli due minuti, per poi spegnere il fuoco e lasciare cuocere passivamente la pasta nell’acqua calda, coprendo la pentola con un coperchio , e infine scolare. La cottura passiva, in realtà, esiste da centinaia di anni. Una tecnica già suggerita dal premio Nobel per la Fisica Giorgio Parisi e da alcuni chef.
Il professore italiano di fama mondiale, un mese fa, ha deciso di dire la sua sul dibattito culinario che animava gli amanti della pasta. La ricetta del primo cotto a fuoco spento è comparsa sulla sua bacheca Facebook. «È la terza volta che provo e devo dire funziona!», recita il post dell’utente condiviso da Parisi. «Dopo aver portato l’acqua ad ebollizione buttate la pasta e aspettate 2 minuti… poi si può tranquillamente spegnere il gas, basta usare un coperchio e calcolare un minuto circa in più. Almeno 8 minuti di risparmio di gas». «Senza voler fare moltiplicazioni per famiglie italiane – aggiunge il professore – credo che sia una notizia da divulgare, dovremmo cambiare abitudini e non è detto che sia un male». Da qui la scelta di promuovere la cottura passiva. «Relata refero», (riferisco le cose riportate da altri) scrive ancora Parisi. Che poi aggiunge: «Penso che la cosa importante sia usare il coperchio sempre. Dopo che bolle se si lascia a fuoco bassissimo con il coperchio si consuma poco. Idem se si spegne del tutto».
Anche lo chef stellato
«Abbiamo a cuore il mondo in cui viviamo e ci impegniamo quotidianamente per ridurre il nostro impatto sul pianeta - scrive Barilla -. Lavoriamo costantemente per migliorare l'efficienza dei nostri processi produttivi, riducendo il nostro impatto in termini di emissioni di CO2 equivalenti e di consumo d'acqua». L'azienda alimentare di Parma ha reclutato anche lo chef due Stelle Michelin Davide Oldani, del Ristorante D’O (pure Stella Verde Michelin, per l’impegno nella cucina sostenibile). Che, sul profilo Instagram di Barilla, propone la sua ricetta: uno spaghetto alla milanese (con salsa allo zafferanno, cubetti di anguria e mandorle) cucinato con una cattura passiva.
Un piatto di pasta può non sembrare molto, «ma se consideriamo le 438 milioni di porzioni di pasta servite ogni giorno nel mondo (dati International Pasta Organisation Ipo), un piccolo cambiamento nel nostro modo di cucinarla può avere un notevole impatto ambientale a livello globale».
La stima
Uno studio scientifico promosso dai Pastai italiani di Unione Italiana Food e presentato in occasione della Giornata Mondiale dell’Ambiente (5 giugno) ha calcolato l’impatto ambientale della cottura della pasta e il risparmio – energetico, di emissioni di CO2 equivalente e di acqua – derivante da tre piccoli accorgimenti alla portata di tutti: coperchio sulla pentola quando si porta l'acqua ad ebollizione, giusta quantità di acqua e cottura passiva.
La ricerca ha calcolato l’energia necessaria per cuocere 200 grammi di pasta in modo convenzionale (a pentola scoperta e con la proporzione di 1 litro d’acqua ogni 100 grammi di pasta). Usare il coperchio durante la fase di ebollizione non solo consente di accelerare i tempi, ma permette di risparmiare fino al 6% di energia ed emissioni di CO2e (CO2 equivalente). Un altro 13% deriva dal cuocere la pasta con 700 ml di acqua invece del classico litro per 100 grammi. Con la cottura passiva il risparmio di energia e emissioni di CO2e arriva fino al 47%. «Abbiamo scelto di indagare scientificamente la cottura della pasta per trasferire consapevolezza sull’impatto economico e ambientale di gesti che compiamo quotidianamente. Uno sforzo minimo ci aiuterebbe a raggiungere un risultato importante e dall’Italia, depositaria della cultura della pasta al dente, può partire una vera e propria rivoluzione culturale».
Ma è davvero buona?
Barilla, conscia delle critiche già ampiamente espresse sui social sulla consistenza gommosa della pasta cotta passivamente, per la sua campagna ha assoldato anche Jacopo Malpeli. «Sentii parlare di cottura passiva - ricorda lo chef dell'Osteria del Viandante di Rubiera (Reggio Emilia) - per la prima volta nel 2004 in Alma dall'indimenticabile Gualtiero Marchesi. Il basso livello di stress a cui la pasta veniva sottoposta, rispetto alla cottura tradizionale, si tramutava in una minore dispersione di amido e glutine utilissimi per "risottare" la pasta. Un "dente" perfetto e di più facile controllo, e una pasta che mantiene maggiormente le sue proprietà nutritive».