Intesa

Berna nella tela dell’UE

Oggi nella Città federale è prevista una siglatura formale degli accordi negoziati: le relazioni sono sempre più strette – L’eurodeputato Andreas Schwab: «Vedo il rischio che il progetto sia interpretato come portatore di burocrazia e poca crescita»
© KEYSTONE/Peter Schneider
Gabriele Rosana
21.05.2025 06:00

Il ciclone Donald Trump, con la sua offensiva commerciale a suon di dazi, ha travolto le pedine dell’Unione europea sullo scacchiere globale. A Bruxelles, per tutta risposta, si sono affrettati a rimetterle in piedi, alla ricerca di nuovi partner con cui fare affari nell’era del protezionismo americano. E ciò mentre negoziano la tregua con Washington e preparano un piano B fatto di contromisure tariffarie. È il doppio binario seguito dalla Commissione, il «governo» Ue che ha la regia dei dossier commerciali, e che porta direttamente nella vicina Svizzera.

Aprire nuovi mercati

«Vogliamo aprire nuovi mercati per le nostre imprese e rafforzare la posizione dell’UE negli scambi globali», ha sintetizzato il commissario europeo al Commercio Maroš Šefčovič al termine di un dibattito ministeriale sulla strategia di diversificazione, una settimana fa. «Ci concentreremo come un raggio laser sull’83% del commercio globale che si svolge al di fuori degli Stati Uniti. Enormi opportunità» arrivano dalle intese concluse con «Mercosur (il blocco sudamericano che mette insieme Argentina, Brasile, Uruguay e Paraguay, ndr), Messico e Svizzera», e da quelli al centro dei colloqui con «India, Thailandia, Malesia, Indonesia e molti altri», aveva annunciato a inizio aprile la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen. Insomma, vista da Bruxelles la Svizzera si è ritrovata ben presto protagonista della tela globale UE, complice il ritrovato slancio con la conclusione, il 20 dicembre scorso, dei negoziati su un ampio pacchetto di accordi.

Stabilizzazione e sviluppo

Quattro anni dopo lo stallo che fece seguito al brusco stop all’accordo quadro istituzionale, stavolta non si prevede un’intesa onnicomprensiva, ma un ventaglio di testi distinti: dai cosiddetti accordi di stabilizzazione, ovvero degli aggiornamenti di quelli già vigenti in materia di mercato unico (dal trasporto aereo e terrestre alla valutazione di conformità dei prodotti) ad altri definiti «di sviluppo» (energia elettrica, sanità e sicurezza alimentare). Un’importante novità, ad esempio, riguarda le regole sugli aiuti di Stato per trasporti ed energia: saranno soggetti alle stesse verifiche di compatibilità che oggi Bruxelles svolge sulle sovvenzioni pubbliche concesse alle proprie aziende da uno dei 27 Paesi dell’Unione.

Passo avanti

«Spero che questo sia l’inizio di un movimento, da parte del governo svizzero, per convincere i propri cittadini che questi accordi sono nel loro interesse», dice al Corriere del Ticino Andreas Schwab (CDU), eurodeputato tedesco e veterano dell’Eurocamera, dove presiede la delegazione parlamentare per i rapporti con la Svizzera e la Norvegia. «Vedo il rischio che il progetto europeo sia interpretato male, come portatore di burocrazia e poca crescita. Ma bisogna ricordare che la Svizzera si trova circondata da un’UE che ha a cuore stabilità, pace e crescita economica: il che dovrebbe incoraggiare la volontà di fare un passo avanti verso una cooperazione più intensa».

Principale partner

L’Unione è il principale partner della Svizzera in termini di scambi, mentre la Confederazione è il quarto per l’UE: accanto alla creazione di condizioni di parità di accesso ai rispettivi mercati, però, i dettagli del ravvicinamento, spiegano a Bruxelles, portano al di là del perimetro classico dei trattati commerciali perseguiti in parallelo con altri Paesi del mondo. Si va, infatti, dalla libera circolazione delle persone (riconosciuta a certe condizioni e con una serie di cautele attuabili dalla Confederazione) alle implicazioni sul piano della governance istituzionale (ciascun accordo rifletterà l’evoluzione della legislazione UE nel settore interessato e ne garantirà un aggiornamento dinamico).

«Storia di successo»

Infine, c’è la partecipazione della Svizzera ad alcuni programmi del bilancio comune UE, per cui oggi è in calendario la parafatura (vedi box). Tra gli accordi raggiunti, in particolare, rientra il maxi-fondo UE per la ricerca e l’innovazione Horizon Europe, e lo schema di scambi studenteschi e universitari Erasmus+. L’associazione arriva quando il ciclo pluriennale del bilancio UE è agli sgoccioli (il capolinea è nel 2027), ma proprio ieri, von der Leyen ha garantito che nel successivo settennio Horizon Europe continuerà a esistere come programma dedicato, poiché è una «storia di successo che ha finanziato 33 Premi Nobel in 40 anni».

Corsa al riarmo

Oltre al pacchetto in discussione, c’è poi un ulteriore ambito in cui la cooperazione tra Bruxelles e Berna ha rapidamente assunto nuovi contorni. La cornice è la corsa al riarmo lanciata dall’Unione anche stavolta in risposta a una mossa statunitense, cioè l’annunciato disimpegno americano dalla sicurezza del continente. A marzo, la Commissione UEha messo in campo un primo piano di prestiti da 150 miliardi di euro (l’acronimo è «SAFE») per l’acquisto congiunto di equipaggiamenti di difesa, dalle munizioni ai droni fino ai sistemi antimissile. Lo schema finanziario, su cui i governi UE hanno appena raggiunto un’intesa di massima, prevede una clausola di «Buy European», cioè una preferenza per le componenti prodotte dall’industria bellica di uno dei 27 Paesi dell’Ue, dell’Ucraina oppure degli Stati extra-Ue dello Spazio economico europeo: devono rappresentare almeno il 65% della commessa. A differenza della Norvegia, la Confederazione (membro dell’AELS ma non del SEE), non entra quindi automaticamente e dalla porta principale nel piano con cui Bruxelles vuole definire l’ossatura della difesa comune UE, ma le sue aziende - al pari di quelle del Regno Unito - potranno offrire il restante 35%. Il dialogo aperto ha anche risvolti pratici immediati: riuniti nel Consiglio Affari esteri, ieri i governi UE hanno dato luce verde perché la Svizzera partecipi a un secondo progetto di cooperazione strutturata permanente in materia di sicurezza (PESCO). Dopo quella sulla mobilità militare, adesso è la volta di un’iniziativa sulla cibersicurezza.